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La metafora del gatto
In 22 Marzo 2018 da Mary EmpatikaL’Uomo contemporaneo vede lo scorrere del tempo come un vincolo, un limite perché inevitabilmente utilizza il concetto di età. Il limite infatti, non sta nel tempo che è fonte di libertà di azione ma nell’età stessa. L’antropologo francese Marc Augé nel saggio Il tempo senza età sostiene che l’uomo dovrebbe imparare a guardare lo scorrere del tempo con più elasticità come se fosse senza età. Questa inedita visione ci fa guardare la nostra esistenza come se in noi esseri umani ci fossero diversi tempi, in ogni istante, e che questi siano fonte di possibilità, non di restrizioni e limiti. Oltre a essere vivamente affascinata dalla tematica sulla concezione di tempo che il saggio di Augé affronta, sono letteralmente rimasta ammaliata dalla metafora con la quale presenta la vecchiaia, la metafora del gatto. Augé esorta la gente moderna ad approcciarsi alla vecchiaia con lo stesso atteggiamento col quale il gatto affronta la sua esistenza e le sfide quotidiane. Il gatto non conosce la concezione del tempo che passa perché è troppo occupato a vivere il momento che gli viene concesso. Il gatto accetta la propria esistenza così com’è.
Come ci fa osservare l’antropologo francese, il gatto se oggi non riesce più a saltare sulla credenza come faceva ieri, sa accontentarsi del cantuccio vicino alla stufa di cui disporre nel momento che sta vivendo. Noi umani, invece, ci lasciamo condizionare e affliggere dalla concezione di vecchiaia, dal tempo che non possiamo più afferrare perché scorre senza sosta anche quando siamo giovani. Ci guardiamo allo specchio angosciati nello scorgere i primi segnali di cedimento, le prime rughe. L’età che avanza è fonte di ansia, preoccupazione, ossessione. Ci dimentichiamo di vivere pienamente le fasi della vita, le facciamo scorrere senza catturarle, senza goderne l’essenza.
La vecchiaia è un concetto sociale; è il luogo di incontro tra noi stessi e gli altri. Lo ritroviamo in ogni cultura ma cambia in base alla società di riferimento. In alcune società è sopraelevata come in quella in cui visse Cicerone in cui vecchio era sinonimo di saggio. Gli anziani erano fonte di insegnamenti preziosi per i giovani e degni di rispetto e stima. Se consideriamo, invece, la società dell’immagine di oggi, il vecchio è visto come un essere inutile, dipendente, bisognoso di costanti cure e dedizione.
C’è inoltre una discordanza tra la vecchiaia del corpo e la vecchiaia dello spirito. Non tutti invecchiano allo stesso modo e nello stesso periodo. Conosco trentenni ingabbiati nel proprio spazio individuale, così noiosi ed egocentrici che sembrano rami secchi in autunno. Al contrario, ho conosciuto persone anziane che sprizzano energia da tutti i pori nonostante i loro acciacchi. La compagnia di questi ultimi risulta spesso più piacevole e fonte di spunti creativi perché a quell’età c’è gente che ha ancora voglia di mettersi in gioco, esplorare e sperimentare.
È impossibile attribuire un’età allo spirito, al pensiero, all’anima. Il corpo può pure invecchiare, ammalarsi, la pelle non essere più tonica come a vent’anni ma… l’anima può mantenersi lucente, viva, eterea. Tutto dipende da noi, da come scegliamo di vivere e impiegare il nostro tempo. Come il gatto, io inviterei molti giovani a mettersi in gioco e godere del momento vissuto. Ogni incontro, esperienza, occasione è un dono prezioso che la vita ci concede senza pretendere nulla in cambio. È un’occasione in più per crescere, migliorare, evolversi… per uscire dal proprio spazio individuale, per accogliere l’Altro pienamente, in maniera disinteressata. Siamo noi che contribuiamo con le nostre scelte e azioni allo scorrere del tempo… viverlo piuttosto che progettarlo con vari se e ma potrebbe rivelarsi più soddisfacente!
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