INVIDIA . Lector In Invidia
Sbulloniamoci
In 22 Giugno 2017 da Attilia Patri DPPochi giorni fa, il 18 giugno, dopo un iter lunghissimo e non esente da polemiche, è entrato ufficialmente in vigore il disegno di legge sulla prevenzione e il contrasto del cyberbullismo. Pochi giorni fa, di domenica, quando è più facile essere distratti e non far caso ai tg e ai giornali, si è raggiunto, finalmente, un obiettivo importante per la tutela di quei minori che spesso si ritrovano incastrati, loro malgrado, in un fenomeno complesso e pericoloso dove a primeggiare sono le cyber prepotenze. Pochi giorni fa, la Legge 71/2017, approvata il 19 maggio u.s. con 423 voti favorevoli e una sola astensione, è entrata in gioco lanciando, con i suoi punti principali, un segnale forte di alleanze tra enti e istituzioni nella lotta contro quella forma di bullismo, figlia dei tempi, che avviene nel mondo parallelo e virtuale utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla Rete.
Tema caldo, attuale, in espansione quello della cyber vessazione rappresentando il 34% dei casi di bullismo inteso nella sua totalità; il 34% che non lascia ematomi o ferite cicatriziali a vista ma ugualmente scava nel profondo di chi ne è o ne è stato vittima e si sviluppa nel terreno fertile dei Social tradizionali, dei siti di domande-risposte, dei forum online e favorito spesso dall’anonimato del bullo, dall’assenza di fattori come spazio e tempo e da adulti che il più delle volte non si rendono conto di quanto succede ai figli, per lo più adolescenti, che si stanno facendo spazio nel mondo ma sempre un po’ in bilico tra il sentirsi “popolari” o “sfigati”.
Tema misurabile con i numeri a volte noiosi ma necessari per la reale percezione di un fenomeno perché, di fatto, esiste, salta all’occhio e viene portato all’attenzione di tutti, solo ciò che è realmente quantificabile e crea percentuale: la legge dei grandi numeri è la mano che muove la culla e smuove l’inerzia.
Brevissimamente, e riducendo all’osso, secondo il Rapporto dell’Istat (2014, il più recente) più del 50% degli 11-17enni è rimasta vittima di episodi offensivi e/o violenti da parte di altri ragazzi/e nei dodici mesi precedenti. Di questi il 19,8% è stato bersaglio assiduo più volte al mese, mentre il 9,1% ha subito atti di prepotenza ripetuti con cadenza settimanale; le ragazze sono più soggette dei maschi a vessazioni: oltre il 55% contro il 49,9% e il Nord registra un numero maggiore di vittime: più del 57%. Non va meglio con i dati forniti dalla Polizia Postale di Firenze che, nel 2016, ha indicato in 235 i casi di cyberbullismo su minore in seguito a denuncia, mentre sono 350 i casi di Frosinone nello stesso periodo di riferimento. Se estrapoliamo queste rilevazioni a tutte le Regioni italiane il numero diventa davvero importante soprattutto se si considera che ciò che si misura è solo la punta dell’iceberg emergente, l’iceberg-denuncia, alla quale andrebbero aggiunte le situazioni analoghe che rimangono intrappolate nel sommerso della non-denuncia. Dall’indagine del Progetto Daphane promosso dall’Unione Europea emerge un dato sulla differenza di genere che indica nelle ragazze non solo il bersaglio privilegiato come vittime ma anche un ruolo di tutto rispetto nei panni di aguzzine e un ulteriore dato, spunto di riflessione, rivela che il 56% dei genitori non sono preoccupati del fatto che i loro figli possano essere oggetto di bullismo elettronico, minimizzando il problema, tanto che il 19% ritiene tali episodi rari e, quindi, irrilevanti. Chiaramente la mancanza di percezione della gravità del
fenomeno porta ad un’assenza di supervisione e monitoraggio etichettando il tutto come fasi di crescita piuttosto banali.
In realtà, più che un momento di confronto tra coetanei e di passaggio quasi obbligato come se fosse acne, il cyberbullismo è un gioco perverso implementato su più livelli – dai messaggi online violenti e volgari, alle molestie e denigrazione, dalla cyber persecuzione alla diffusione via Internet di dati personali e sensibili fino alle minacce di morte – dove, a volte, è difficile distinguere tra carnefice e vittima, oppressore e oppresso. Il carnefice spesso è stato a sua volta vittima di altri, oppure è vittima in un’altra area della vita; spesso non sa spiegare il suo comportamento, la sua prepotenza tanto per, l’antipatia o la gelosia o l’invidia verso il bersaglio preso di mira e che, spesso, personifica quelle caratteristiche di fragilità e debolezza che il bullo non vuole riconoscersi ma trova, anzi, stimolanti e con un grado di liceità tale da cercare di umiliare, rendere inferiore, deumanizzare il soggetto prescelto, colpevolizzandolo quasi meritasse quel genere di trattamento.
Il bullo telematico spesso agisce facendosi scudo di una certa garanzia di anonimato – anonimato illusorio perché ogni comunicazione elettronica lascia pur sempre delle tracce – e dell’assenza di limiti temporali e spaziali che gli consentono una libertà di azione persecutoria ininterrotta nell’arco della giornata. Di fatto agisce come e quando vuole purché abbia una connessione Web attiva e funzionante; connessione che crea un effetto di “disinibizione da schermo” che facilita l’espletarsi di comportamenti che non verrebbero messi in atto così facilmente se si fosse realmente di fronte all’altra persona. Lo schermo autorizza un effetto di disimpegno morale grazie anche alla possibilità di crearsi un falso profilo che regala un indebolimento delle remore etiche e che annulla anche la capacità di immaginare le conseguenze dell’atto perseguito con superficialità.
La vittima designata, d’altra parte, si colpevolizza anche da sola come se qualche propria caratteristica potesse davvero giustificare la sopraffazione in atto e, spesso, esita mostrando molta resistenza nel confidarsi con qualcuno un po’ perché si vergogna, un po’ perché teme di peggiorare la situazione, un po’ per timore di deludere i genitori e finisce per portarsi dentro pesi emotivi enormi. Per il vessato, inoltre, è difficile risalire da solo al proprio molestatore e, mentre questo si avvale dell’anonimato, cose spiacevoli sul conto della vittima possono essere inoltrate a un ampio numero di persone. Basta un niente per essere ritenuto e scelto come bersaglio privilegiato. Basta essere ritenuti diversi per aspetto estetico, timidezza, orientamento sessuale o religioso o politico, abbigliamento non convenzionale e altro ancora. A volte basta solo un pretesto. Di fronte a tanta stigmatizzazione, nel perseguitato, progressivamente, viene erosa qualsiasi volontà di aggregazione con risultante isolamento sociale che determina l’insorgere di danni psicologici importanti evolventi in forme più o meno accentuate di depressione, volontà di autolesionismo con ideazioni e intenzioni suicide.
La Legge 71/2017 appena varata per arginare il problema, piuttosto che puntare su misure repressive e sanzionatorie offre strategie di prevenzione e tutela, di educazione e recupero, di sensibilizzazione e responsabilizzazione chiamando in prima linea gli enti educativi più importanti con, al centro, la scuola. Tra i provvedimenti introdotti grande importanza è la possibilità, per il minore vittima, di fare le segnalazioni in modo autonomo senza l’intervento dei genitori e di poter chiedere la rimozione di contenuti, il blocco dei profili social e di qualsiasi dato personale. Il gestore della piattaforma ha a disposizione 24 ore per prendere in carico la segnalazione e altre 24 per rimuovere i contenuti. Se queste tempistiche vengono superate sarà possibile rivolgersi al Garante della Privacy che dovrà intervenire entro le successive 48 ore. La legge prevede che verrà istituito, presso la Presidenza del Consiglio, un tavolo tecnico con la responsabilità di redigere un piano di azione integrato dei vari interventi e realizzare una banca dati per il monitoraggio del fenomeno. In un’ottica rieducativa e riparativa è stata inserita la “procedura di ammonimento” mediante la quale il Questore può convocare il cyberbullo minore accompagnato dai genitori con l’intento di renderlo consapevole delle sue azioni aggressive e della gravità di certi episodi. Per quanto riguarda la scuola ogni istituto dovrà definire progetti di educazione alla legalità e all’uso consapevole della Rete con un ruolo attivo degli studenti e il coinvolgimento delle famiglie. Tra gli insegnanti verrà reclutato colui o colei che avrà funzioni di referente per le iniziative contro il cyberbullismo e potrà servirsi dell’appoggio e della collaborazione costante della Polizia Postale.
La Legge 71/2017 non farà gridare al miracolo, non rappresenterà la soluzione definitiva al problema, ci saranno aspetti da migliorare ma, quanto meno, è un punto di partenza, una conferma che il problema esiste e che si cerca di arginarlo mettendo in atto azioni e in campo figure che possono essere d’aiuto e di conforto a chi nel problema ci è precipitato e vi rimane invischiato e avviluppato come un baco in un bozzolo.
La Legge, pronta per essere utilizzata al meglio, è stata dedicata a Carolina Picchio e a tutte le altre vittime di cyberbullismo.
5 gennaio 2013 – “Le parole fanno più male delle botte” – Carolina Picchio, 14 anni, suicida, vittima di cyberbullismo.
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