ACCIDIA . GenerazioniSerie
Maid. Non solo donna, ma umanità
In 27 Dicembre 2021 da Debora BorgognoniDonne. Madri. Eroine. Lavoratrici sottopagate. Compagne maltrattate.
Le voci delle donne si sentono nella folla: hanno tonalità più alte, direbbero i cantanti; sono sgraziate, direbbero i maschilisti. In questa dicotomia, nel bel mezzo, sta il mondo femminile, in un continuo strattonamento tra l’essere dea e l’essere fantasma.
Per l’americana Alex è essere fantasma. Per la madre Alex è essere dea. Per la donna Alex è un po’ l’una un po’ l’altra cosa.
Maid è una miniserie tv tratta dal libro best-seller di Stephanie Land, Maid: Hard Work, Low Pay, and a Mother’s Will to Survive. Distribuita da Netflix dal primo ottobre 2021, creata da Molly Smith Metzle, prodotta da Warner Bros, John Wells e Lucky Chap, la serie tv ha superato persino La regina degli scacchi per gli eccezionali ascolti.
La partecipazione di Andie MacDowell e di Margaret Qualley come madre hippy affetta da bipolarismo e figlia che scappa da una forma di violenza verbale di Sean, il compagno nonché padre della piccola Maddy, dimostra lo straordinario talento di chi è madre e figlia anche nella realtà.
Tre donne di tre generazioni combattono per un mondo migliore da consegnare alla donna successiva. Si potrebbe riassumere così, il plot – tutto sommato semplice – della serie tv. Eppure, eluderemmo una parte fondamentale del senso che viene trasmesso, perché il vero valore aggiunto dell’opera non è il femminismo, non sono la ricerca della felicità o la lotta per il giusto. In dieci episodi da cinquanta minuti, ci accorgiamo apparire fili quasi impercettibili che legano veri esseri umani, vere persone, una reale e palpabile umanità. Ci siamo dimenticati cosa significa umanesimo, inteso come esaltazione del valore e della dignità dell’uomo – ci viene da pensare man mano -, e ce ne ricordiamo con Alex (Margaret Qualley). È lei, che senza troppo parlare, senza nemmeno troppo scrivere, con sguardi persi o vivissimi, ci racconta che esiste.
Esiste in una spasmodica, tragica, ossessiva ricerca di essere considerata un essere umano vero. Non una proprietà dell’uomo con cui vive, o del padre, o dell’amico gentile che la ospita, o delle clienti cui pulisce case lussuose. O di una società che la reputa inutile perché nullatenente, o mitomane perché senza segni visibili di violenza. Esiste come donna, con una storia, con ricordi, emozioni, intransigenze, cultura, talenti, passione, disperazione.
Quindi, cari Seveners, non mi dedicherò al senso di essere madre, di desiderare un mondo migliore, meno egoista, meno violento per la propria figlia, e di cercare in ogni modo di raggiungere l’obiettivo. Perché quello l’ha fatto anche Paula (Andie MacDowell), pur non riuscendo mai a raggiungere la luce interiore che tanto sentiva di possedere. Ciò che vuole Alex, il gradino in più che compie alla fine della sua salita, riguarda se stessa, e dall’alto della collina in cui è installata una enorme M, pare dire a tutte noi che ogni lettera può avere il significato che vogliamo dare a essa.
Stiamo progettando una rivista letteraria per aiutare le nuove voci a emergere. Abbiamo sempre la stessa vision: diffondere cultura e talento.
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