
ACCIDIA . Monológos
Un vita non basta
In 20 Febbraio 2023 da Fabio MuzzioL’Italia ha visto propri film candidati all’Oscar® per ventinove volte ottenendo la statuetta in 14 casi. Il primo a vincere è stato Sciuscià di Vittorio de Sica nel 1947 e l’ultimo, per ora, La grande bellezza di Paolo Sorrentino nel 2014. I registi più premiati sono stati Federico Fellini e Vittorio de Sica ma sul palco sono saliti Elio Petri, Giuseppe Tornatore, Roberto Benigni e Gabriele Salvatores. Inutile dire tutti con capolavori che hanno segnato la storia del cinema e sempre accompagnati da colonne sonore indimenticabili e, per Mediterraneo, composta da Giancarlo Bigazzi e Marco Falagiani.
Nel 1991 Gabriele Salvatores dirige buona parte della sua Compagnia del teatro Elfo e la porta nell’isola di Castelrosso (in greco Kastellorizo) per girare, come già scritto e ampiamente intuito, Mediterraneo, una storia in realtà ambientata nell’isola greca di Syrna.
L’anno dopo l’Academy gli consegna la statuetta come “Miglior film straniero”.
Credo che sia arcinota la vicenda dei militari italiani che approdano nel luogo nel giugno 1941 finendo, dopo l’iniziale isolamento e sospetto reciproco, con il familiarizzare con gli abitanti locali “Una faccia, una razza” come dirà il Pope, arrivando così a crearsi una vita tra affetti, nostalgie e incontri.
La pellicola è contraddistinta da uno spirito pacifista e che ci riporta le speranze di un gruppo di uomini di diverse estrazioni sociali accumunati dall’essere stati dimenticati da una guerra tutt’altro che trionfale per il notro Paese.
Il messaggio della sceneggiatura di Enzo Monteleone evidenzia l’insofferenza, i dubbi sul senso della guerra, il senso della vita, il luogo di riflessione che può portare una vita tranquilla e sostanzialmente di vacanza rispetto ad altri luoghi in quel momento più pericolosi, fino alla finale disillusione di non essere riusciti a cambiare il proprio Paese (il contenuto più politico e generazionale del regista).
Ho scelto un monologo, uno dei due del Sergente Nicola Lo Russo, un Diego Abatantuono che, abbandonati gli anni da “terrunciello”, ha potuto evidenziare un grande spessore recitativo (cosa che mi sento di estendere per questo film a tutti gli altri protagonisti).
Avrei potuto aggiungere altri particolari, che fin dalle prime recensioni hanno messo in luce altre tematiche portate all’interno del racconto ma vi lascio al monologo, che si conclude con “il fumo” che il turco Nonzo ha lasciato al gruppo di italiani un po’ troppo bonaccioni e ingenui dopo avergli sottratto quel poco che avevano.
Il Sergente Lo Russo è il classico sergente burbero, tutto di un pezzo, poco colto, che però alla fine si dimostra tollerante, buono e con l’animo di uomo che si pone tante domande e si rende conto quanto la vita sia breve e meriti di essere vissuta con ciò che ci piacerebbe e non con quello che ci impongono gli altri soprattutto con una guerra.
Un messaggio di pace in un mondo caratterizzato da un conflitto globale, conflitti che, comunque, non ci hanno mai abbandonato fossero più lontani o molto vicini a noi.
Una vita è troppo poco
Una vita sola non mi basta
Se li conti bene non sono nemmeno tanti giorni
C’ho troppe cose da fare… troppe ideeSai che ogni volta che vedo un tramonto mi girano i coglioni? Perché penso che è passato un altro giorno.
Dopo mi comuovo… perché penso che son solo… un puntino nell’universo
i tramonti mi piacerebbe vederli con mia madre e una donna che amo, magari…Poi, invece, le notti, piacerebbe passarle da solo… da solo magari con una troia, che è meglio che da solo
Ce l’hai ancora di quella roba che ha lasciato il turco?
Nonzo si chiamava…
Grazie
Se le cose andassero sempre così, che ti portano via le armi e ti lasciano questa roba qua: si vivrebbe meglio, no?
(ADV)
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