INVIDIA . Lector In Invidia
Di genere si muore
In 20 Luglio 2017 da Attilia Patri DPTredici e quattordici luglio.
Bari, Caserta, Montepulciano, Cagliari, Roma.
Donata, Maria, A.B., Manuela, Mirella.
Due giorni, meno di quarantott’ore, scandiscono il tempo della mattanza. Una mattanza anche se, una di loro, fortunatamente è sopravvissuta all’aggressione. Cinque donne. Cinque donne che non si conoscevano tra loro. Cinque donne con storie personali diverse ma accomunate, nel destino finale, da un denominatore comune: l’uomo sbagliato.
Cinque donne che allungano la lista dei femminicidi perpetrati dall’inizio dell’anno ad oggi. Cinque donne che fanno casistica. Cinque donne che ingrossano gli elenchi degli annali per morte violenta con soggetto il marito, il compagno, l’ex. Cinque donne come tante altre: come le 116 dell’anno scorso, le 128 del 2015, le 152 del 2014, le 199 del 2000, l’anno record. Secondo l’Eures (l’Istituto di ricerche economiche e sociali che, da anni, dedica al fenomeno un Osservatorio), tra il 2000 e il 2016 le donne vittime di omicidio in Italia sono state oltre 2800, un numero tale da far connotare la strage “come un fenomeno di carattere sociale”.
Donne vittime, donne andate giù come birilli su basi fragili, donne diverse ma identiche in qualcosa, in quel qualcosa che gli assassini e, troppo spesso anche loro, ostinavano a chiamare amore.
Cinque donne a testimoniare che la violenza di genere attraversa tutte le fasce sociali, non si fa riguardo dell’età, non bada alla nazionalità, tanto meno al credo religioso e porta, come scudo a difesa, un movente pseudo passionale o un litigio scatenante quell’impulsività fatta di minacce e rabbia esplosiva non più controllabile. Cinque donne di fronte a un uomo che reagisce infierendo a lungo sul loro corpo per un no detto o perché hanno deciso di interrompere la relazione senza lasciare alcuna speranza di ripensamento, oppure perché sono ancora lì ma sono diventate un fardello ingombrante in un ménage che non soddisfa più e, da tempo, si è già orientati verso un altrove più intrigante, più giovane, più solleticante, più comunque.
Cinque donne tra chi ha denunciato, invano, maltrattamenti e avvisaglie e chi non ha sporto alcuna denuncia per mille motivi, non ultimi la paura e la mancanza di mezzi economici propri e di indipendenza pratica e, ancora, donne che non avrebbero neanche lontanamente immaginato una fine simile perché non sempre un omicidio è preceduto da aggressioni e la coppia è quella che i vicini descrivono come normale e affiatata ai giornalisti e, nella peggiore delle ipotesi, a “Pomeriggio 5”.
Cinque donne che hanno fatto parte di quell’universo femminile sempre più precario e traballante in tutti i settori che lo compongono, al punto da poter far nostre le parole di Gabriella Guarnieri Moscatelli presidente dell’associazione Telefono Rosa: “Stiamo perdendo punti nel lavoro, nei diritti, in temi come quello dell’aborto e nella violenza. I femminicidi sono sempre tanti. Stiamo tornando lentamente indietro”.
Tornare indietro, oltre ad essere una battaglia persa, è sconsolante, avvilente, fa paura. Indietro quanto? A quale passato remoto, o trapassato, di passività, silenzio, obbedienza, programmazione al matrimonio finché morte non separi? A quale buio di epoca bisogna fare riferimento per non entrare in conflitto di interessi in una relazione di coppia?
Un esempio perfetto di come le donne siano state programmate ed educate in passato, programmate a negare completamente se stesse per compiacere i loro mariti – mariti perché conviventi era già una parola troppo grossa e un comportamento troppo sopra le righe e di additamento in saecula saeculorum – schiere di Gertrude manzoniane istruite a diventare Signore del focolare domestico seguendo, però, certi patti e regole, lo troviamo in un brano tratto da un testo di Economia Domestica in adozione nelle scuole superiori americane negli anni ‘50 e riportato nel libro Il potere delle donne di Louise L. Hay.
Otto comandamenti sine qua non, otto punti chiave che definivano la donna perfetta, quella che di certo non se le andava a cercare:
1. Prepara la cena: pianifica in anticipo, anche la sera prima, la preparazione di un delizioso pasto, affinché sia pronto in perfetto orario. È un modo per fargli sapere che hai pensato a lui e che ti preoccupi delle sue necessità. La maggior parte degli uomini torna a casa affamata e un buon pasto fa parte del caldo benvenuto di cui hanno bisogno.
2. Preparati: prima del suo arrivo riposati per quindici minuti, così sarai fresca e rilassata. Ritocca il trucco, metti un nastro tra i capelli e cerca di avere un aspetto fresco. Ha passato tutta la giornata con gente dall’aria logorata dal lavoro. Sii allegra e un pochino più interessante. La sua giornata noiosa potrebbe aver bisogno di essere risollevata.
3. Fai ordine: prima che tuo marito arrivi fai un giro di ricognizione nelle stanze principali della casa raccogliendo libri di scuola, giocattoli, giornali, ecc. Poi passa lo straccio della polvere sulle superfici. Tuo marito avrà l’impressione di essere giunto in un paradiso di serenità e ordine e anche lui ti risolleverà il morale!
4. Prepara i bambini: prenditi qualche minuto per lavare le mani e i visi dei tuoi figli (se sono piccoli), pettinali e, se necessario, cambiali. Sono dei piccoli tesori e a lui piacerà vederli recitare questa parte.
5. Elimina i rumori sgradevoli: quando arriva elimina i rumori della lavastoviglie, dell’asciugatrice, della lavatrice o dell’aspirapolvere. Sprona i tuoi figli a fare silenzio. Dimostra di essere felice di vederlo. Accoglilo con un caldo sorriso e sii lieta di incontrarlo.
6. Cosa non fare: non accoglierlo con un resoconto dei problemi e delle lamentele. Non lamentarti se è in ritardo per la cena. Pensa che questa è ben poca cosa rispetto a tutto quello che potrebbe aver dovuto affrontare nel corso della giornata. Mettilo a suo agio. Fallo accomodare su una poltrona oppure suggeriscigli di stendersi un po’ in camera. Tieni in serbo per lui una bevanda calda o fredda. Sistemagli il cuscino e offriti di togliergli le scarpe. Parla con voce bassa, dolce, suadente e piacevole. Lascia che si rilassi e si distenda.
7. Ascoltalo: hai decine di cose da dire, ma il momento per farlo non è senz’altro quando rientra a casa.
8. Fa’ che sia la sua serata: non lamentarti mai se non ti porta fuori a cena o se non ti offre altri piacevoli svaghi. Invece, cerca di comprendere il suo mondo fatto di continue tensioni e pressioni, e il suo bisogno di distendersi e rilassarsi.
È evidente che non può più essere così, che le aspirazioni di tutte, da anni, sono ben diverse e lontane anni luce da quella mortificazione del sé, e che, piuttosto, diventiamo, in senso figurato, l’eroina biblica Giuditta che decapita Oloferne, dove Oloferne sta per l’uomo comune che non è stato svezzato nel modo più idoneo e coerente al tempo in cui si muove, che non è stato allevato in prospettiva del rispetto della donna, sia essa generica conoscenza o compagna di vita.
Nel tempo in cui ci muoviamo tutti, la cronaca ci indica che ogni giorno può essere quello buono per riaccendere il dibattito sull’emergenza dei femminicidi ma, secondo una nota di ActionAid “per combattere la violenza sulle donne non bastano le campagne di sensibilizzazione; servono risposte adeguate a chi denuncia la violenza e opportunità concrete di riscatto”; non basta ricordarsene l’8 marzo o il 25 novembre quando si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne.
Stiamo aspettando tutte. Tutte nessuna esclusa perché la banalità del male, il malessere delle frustrazioni è ben annidato e nascosto nella quotidianità delle piccole cose e, spesso, è un affare di famiglia, quella famiglia, spesso perbene, quella che non ti aspetteresti mai.
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