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INVIDIA . Lector In Invidia

Divieto di Non Assembramento: Led Zeppelin al Velodromo Vigorelli

In 7 Maggio 2020 da Attilia Patri DP

Allora, siete pronti? Ormai dovreste sapere che quando su Seven c’è il titolo Divieto i disobbedienti hanno già lo zaino pronto, l’abbigliamento consono, le scarpe comode. Anzi no! Mettete gli anfibi anti pestoni perché ci sarà da correre un po’ ammassati e portate con voi anche una mascherina. No! Non la solita! Qui ci vuole quella antigas.

Nella Fase Due andremo anche, a dispetto di tutto, fuori regione, a meno che non siate lombardi e allora…  Andiamo a Milano. Tanto lo sappiamo tutti che ‘Milan l’è on gran Milan’, alla maniera del paroliere Alfredo Bracchi, e una scusa valida, da autocertificazione, per andarci la si trova sempre.

Non è ancora la Milano da bere ma la Milano del 1971 quando si comincia già a intravedere, accennata, la strategia della tensione, quella che porterà al decennio definito di piombo. Per la cronaca i conflitti tra i giovani dei vari movimenti e le forze dell’ordine sono pane quotidiano, si respira aria di stacco generazionale difficilmente colmabile al momento e le conseguenti difficoltà di comunicare non solo dei genitori nei confronti dei figli ma anche della Polizia nei confronti dei giovani, guardati sempre con un certo sospetto. Giovani con tutti quei capelli e quel vestire, giovani così diversi da riconoscerli facilmente e da definirli quasi un problema per partito preso, anche se in molti hanno adottato solo una moda, per arrivare fino alle frange estreme e inquiete, quelle che utilizzano i concerti rock per affermare ribellione e identità.

Musicalmente parlando, per Milano e per il resto del Paese, è ancora l’anno del Cantagiro di Ezio Radaelli, un festival estivo itinerante che dal 1962, prendendo come spunto il Giro d’Italia, percorreva in automobile, come una carovana, le strade della penisola sostando in città prestabilite per le esibizioni dal vivo. Un Cantagiro che da manifestazione musicale estiva più seguita d’Italia, con il mutamento di alcune dinamiche sociali e culturali – compresa un’economia che dopo il periodo del boom lasciava il passo a ben più che percettibili rallentamenti, l’eco influenzante dei Beatles con le loro esibizioni a Roma e Milano nel ‘65, la risonanza mondiale del festival di Woodstock nel ‘69 – era in drastico declino.

È la Milano di quando per far fronte ai nuovi gusti musicali di una certa parte di  pubblico, ma anche per rientrare nei costi della tournée, si vuole sperimentare l’idea di inserire nella scaletta dei cantanti del Cantagiro alcuni tra i più importanti nomi del panorama musicale internazionale come Aretha Franklin, Donovan, Moustaki, Leo Ferrè, Charles Aznavour ed infine, per la data del 5 luglio, i Led Zeppelin al Velodromo Vigorelli di Milano.

Led Zeppelin! Proprio quei Led Zeppelin, il gruppo più popolare a livello mondiale, ancor più famoso dei Beatles, sulla cresta dell’onda dopo tre album dal successo indiscutibile e appena prima di quello che sarebbe stato il capolavoro assoluto, Led Zeppelin IV, uno dei capisaldi dell’intera discografia rock e che la rivista Rolling Stone colloca al sessantanovesimo posto nella lista dei cinquecento migliori album di tutti i tempi. Prezzo del biglietto 1500 lire, il costo all’epoca di un LP. Costo di un vinile che sembra sciogliersi, ricomponendosi in un concerto dal vivo. Quasi un miracolo.

Va da sé che, con un’idea organizzativa di quello stampo, al Velodromo si presentasse un pubblico quanto mai disassortito tra estimatori della canzone popolare italiana, una realtà per famiglie, e quelli del rock inglese, una realtà per solo giovani per i quali la musica cominciava a mescolarsi con la politica, le formazioni, le correnti filosofiche più disparate, tra ingenuità ed esagerazioni.

L’aria che tira in quel tardo pomeriggio si coglie a colpo d’occhio all’interno del Velodromo e si concentra sulla gradinata dietro al palco strapiena di agenti delle Forze dell’Ordine in tenuta antisommossa. Si parla di duemila uomini fra Polizia e Carabinieri fra dentro e fuori il Vigorelli. Sono lì per quei giovani in eskimo, jeans, t-shirt hippy e capelli lunghi.

L’idea maldestra e un po’ dilettantesca di inserire nello stesso evento generi così differenti si rivela ben presto infelice: in platea non c’è nessuno disposto ad accettare la varietà di musiche proposte dal cartellone della serata che prevede, prima della band inglese, l’esibizione di una quindicina di artisti nazional popolari.

La maggior parte del pubblico, si stima tra le dodici e le quindicimila presenze, in realtà è accorsa lì solo per i Led Zeppelin e dimostra da subito un forte disappunto e una intollerabile insofferenza, con fischi e slogan sarcastici verso gli altri cantanti che man mano escono sul palco per la loro esibizione.

In quel contesto, gli unici veramente apprezzati sono solo i New Trolls che proprio in quell’anno hanno prodotto l’album Concerto grosso per i New Trolls, caratterizzato da quelle sonorità tipiche del mondo del rock. Per tutti i rimanenti le soddisfazioni sono assenti o risicate all’osso. Per alcuni verrà decretata la fine del loro tempo.

In scaletta, tra gli altri, i Pooh ancora abbarbicati alla Piccola Katy, un’esordiente Mia Martini che racconta del suo padre-padrone, l’autore Mauro Lusini con la sua canzone sul Vietnam e quel ragazzo che amava Beatles e Rolling Stones portata al successo da Morandi che, in questa occasione, presenta Al bar si muore e affronta la platea con l’infelice idea di rivolgersi al pubblico, forse per ingraziarselo, con Buonasera Compagni. Al pubblico non interessa il PCI e il Comunismo. Il pubblico è lì per ascoltare esclusivamente musica alternativa, quella che non può essere di Morandi visto piuttosto come il simbolo di quella musica da tv, preconfezionata all’uso e troppo, troppo conservatrice. Quel genere di musica che il rock vuole cancellare. Sono subito fischi, lancio di zolle di terra e di tutto quel che capita. Ciò nonostante Morandi, pur devastato nell’animo, finisce imperterrito, da gran signore, il suo brano, poi poggia il microfono a terra e sparisce dietro le quinte siglando così quel suo ritiro decennale dalle scene, se non per qualche breve e sporadica apparizione in tv.

Da lì in poi, visto il nervosismo diffuso, molti artisti si rifiuteranno di salire sul palco sfoltendo in modo consistente e drastico la scaletta. Ci vogliono provare, nonostante tutto, i Vianella, Wilma Goich ed Edoardo Vianello, quello immortalato con la pinna, il fucile e gli occhiali, ma il loro annuncio è accolto da ululati sempre più forti e insistenti al punto che la coppia fa due passi avanti sul palco immediatamente seguiti da due passi indietro sparendo dalla vista in un batter d’occhio.

Il Cantagiro finisce qui, circa due ore prima del previsto solo su cartellone, con il pubblico che invocava i Led Zeppelin. E Led Zeppelin è!

Alle 22:40 gli acclamati inglesi salgono sul palco del Velodromo Vigorelli accompagnandosi con la prorompente scarica di Immigrant Song e altrettanta scarica di adrenalina tra gli astanti con urla, applausi, mani alzate, il segno a V, tra estasi e rapimento nel vortice dei diffusori. Il Vigorelli trasuda tutto il boato di quel  pubblico per il quale l’interminabile e snervante  attesa è finalmente finita.  Boato che il quotidiano ‘Il Giorno’, la mattina dopo, racconterà come di un urlo selvaggio.

Per i presenti l’impatto dal vivo – con potentissimi impianti e un volume inimmaginabile, mai sentito prima, corposo come un muro, il fragore di decine di tuoni che sembrano scaturire dalla batteria di John Bonham, la voce di Robert Plant con quel timbro estremo, inedito per l’epoca, ondeggiante tra sfumature delicate e impressionante aggressività, potente al punto da risuonare anche senza microfono, i riff da chitarra di Jimmy Page, i giri di basso di John Paul Jones – è qualcosa da delirio devastante. Per dare una definizione della sensazione che provano gli spettatori si potrebbe dire, senza alcuna esagerazione, che i Led Zeppelin sono ‘suono che si fa immagine’.

Alle 22:40 però, nello stesso momento, fuori dal Vigorelli, ci sono ancora una miriade di spettatori in attesa di entrare all’ora fatidica X prefissata, e un’altra in fila alle casse. Alle prime note anticipate, e dunque inaspettate, di Black Dog migliaia di appassionati sono di fatto ancora fuori dalla struttura. È subito caos tra chi corre verso le porte del Velodromo e le Forze dell’Ordine che reagiscono lanciando lacrimogeni e caricando la massa. La situazione è nel momento stesso in cui si verifica totalmente già sfuggita di mano.

Dentro al Velodromo, intanto, dopo una  versione ridotta di Dazed and Confused, gli spari dei fumogeni fanno da sottofondo a Since l’ve Been Loving You mentre Il vento sfavorevole spinge il gas dentro il  Vigorelli dove pubblico e musicisti cominciano presto a sentirne gli effetti al punto che Plant, in lacrime, è costretto a fermarsi mentre la gente cerca di ripararsi come può scappando dai palchi e riversandosi nel prato, spingendo le file degli spettatori sempre più avanti, verso il palco. Lo stesso Plant nel tentativo di placare quell’onda umana nel prato cerca di prendere la situazione con ironia gridando dal microfono di soffiare tutti insieme per allontanare quella nebbia insopportabile.

Sembra che la situazione si   contenga e il concerto riprende ma è solo la percezione di un attimo.

Led Zeppelin - Whole Lotta Love (Official Music Video)

Fuori, nel frattempo, è ormai guerriglia aperta con cariche frontali che, lasciando scoperti i fianchi, permette a una piccola marea di gente di approfittare del varco e di correre verso l’interno. I militari sorpresi si girano e lanciano un primo lacrimogeno sbagliando tuttavia l’alzo e facendolo cadere dentro, fra la gente in platea, scatenando così il panico. È un fuggi fuggi questa volta verso gli spalti, lontani dal gas. I Led Zeppelin si interrompono di nuovo, tra onde di gente in movimento, per poi tentare di riprendere e cercare di calmare gli animi con Whole Lotta Love ma la situazione, ormai fuori controllo, diviene insostenibile al punto che Peter Grant, manager del gruppo, da lo stop e il concerto viene interrotto dopo venti minuti dal suo inizio tra aria irrespirabile e folla impazzita, furibonda, che comincia a lanciare oggetti e bottiglie contro il palco e gli strumenti. Alle Forze dell’Ordine dietro il palco viene ordinato di indossare i caschi e di uscire velocemente ma qualcuno dei militari presenti si attarda a sparare un paio di lacrimogeni contro il pubblico e altri candelotti vengono sparati in aria a mitraglia.

Ormai il gas è dappertutto mentre le vie di fuga in sicurezza sono quanto mai scarse.

I disordini proseguiranno fuori ben oltre la mezzanotte provocando molti feriti e solo fortunatamente nessun morto. Il giorno dopo si leggerà di tutto ma soprattutto si capirà lo scampato pericolo di chi è riuscito ad andarsene in tempo.

Led Zeppelin. Prima e ultima volta su un palco italiano. Mai più in Italia, diranno a caldo. Per risentire suonare dai protagonisti quel repertorio ci vorranno oltre vent’anni. Si dovrà aspettare il tour di Page e Plant, insieme, con la tappa al Forum di Assago il 19 novembre del 1998.

La sera del 5 luglio 1971 ha condizionato per un tempo immemorabile, in Italia, la possibilità di eventi di portata internazionale mentre il calare brusco del sipario su quel concerto ha consegnato agli annali della Storia della Musica gli atti di una serata infernale, configurabile come la battaglia del Vigorelli, un incubo, una notte maledetta, indegna per ogni appassionato di musica. La sera del 5 luglio 1971 la band, anziché protagonista, fu spettatrice di una guerriglia urbana, fu testimone di un disastro italiano.

Visto? A volte, secondo le circostanze, restare a casa conviene.


(ADV)

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Tags: Aretha Franklin, Cantagiro, Charles Aznavour, Dazed and Confused, Donovan, Ezio Radaelli, Immigrant Song, Jimmy Page, John Bonham, John Paul Jones, Led Zeppelin, Led Zeppelin IV, Leo Ferrè, Milano, Moustaki, New Trolls, Robert Plant, Velodrono Vigorelli, Vigorelli di Milano, Whole Lotta Love

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