INVIDIA . Lector In Invidia
L’andarsela a cercare è come una pianta: dà sempre dei frutti
In 22 Settembre 2016 da Attilia Patri DPUn giretto nell’Italia delle notizie e dei rumor e subito saltano agli occhi situazioni che, insieme a stupore e perplessità, portano uno strascico di contraddizioni e mancanze che impongono qualche riflessione.
La prima riflessione parte da un vizio, perché si deve partire dai vizi per comprendere al meglio le virtù, anche se di virtù nel mio andar per news non ne ho trovate molte, forse perché ombreggiate e soffocate dalle altre. E forse non le ho neanche cercate perché sulla virtù c’è poco da riflettere: è già positiva di suo, per costituzione.
Il primo vizio che mi viene in mente, forse perché mi appartiene, è quello del fumo. Che il fumo facesse male lo sapevamo tutti, e da sempre, ma che addirittura il danno si manifestasse con una raffica di botte e cazzotti alla cieca, forse, non ce l’aspettavamo nessuno. O, almeno, nessuno che si possa definire persona con un minimo di senso civico, rispettosa delle norme vigenti e che applichi con naturalezza l’arte del buon senso. E, invece, a quanto pare, se una persona del genere che definiamo “normale” fa notare, ad uno che all’apparenza crede un suo simile, magari solo un po’ distratto, visto che sta fumando in un vagone della metro dove non si può (e questo lo sa anche l’ultimo maleducato o ineducato che sia), il divieto, la risposta che certo non ti aspetti è quella violenza inaudita, fuori misura, per certi aspetti gratuita rispetto alla lecità della domanda. Una risposta che manda dritto di filato al pronto soccorso e, magari più in là, all’aiuto di uno psicologo che ti consenta di capire e superare il fatto che, naturalmente, tutto questo è successo perché te la sei “andata a cercare”. Brutto e triste a dirsi ma, a volte, il passare indenni attraverso le situazioni sembra concretizzarsi nell’immagine delle tre scimmiette del “io non vedo, non sento, non parlo”.
Probabilmente “a cercarsela” è andata anche quella moglie che, volendo divorziare da un matrimonio non più rispondente a sentimenti e aspettative, si è scontrata con la violenza di chi, dicendo di amarla e non volendo, di conseguenza, perderla ne ha fermato l’allontanamento a colpi di bastone. Bastonate. La morte lenta come lenta dovrebbe essere la ricerca del piacere per assaporare meglio il tutto: tappa a tappa, bastonata su bastonata. E, anche qui, ad agire è l’uomo che pensavamo “normale”, anzi di più perché laureato, benestante, agiato da sempre, di buona famiglia, padre modello, socialmente integrato, di successo visto che andava in tv e teneva conferenze per un’associazione che tutela le donne vittime di violenza; in una parola sola: un insospettabile. Insomma, visto dal di fuori, uno che ogni “cuore di mamma” che si rispetti identifica come un “buon partito” per la propria figlia. Alla faccia delle apparenze e dell’ambiente colto e raffinato come protezione dalle barbarie; alla faccia al punto che, se la stessa cosa dovesse capitare in un ambiente con pochezza di substrato culturale ed economico verrebbe da dire, in proporzione, “c’era da aspettarselo” e, magari, cerchiamo una pezza giustificativa nell’ambiente ostile a sentimenti e raziocinio. Un po’ come sembra accadere per la ragazzina minorenne violentata per anni dal branco e nessuno è intervenuto anche se in tanti sapevano: non i genitori, non tutti gli altri; per paura del “capetto” di zona tutti zitti. Se si lascia passare questo genere di comportamento per istinto di protezione per se stessi e non si interviene con la denuncia allora vuol dire che anche Darwin e Lamarck si sono arresi, perché la vera Evoluzione non c’è stata e siamo ancora, di fondo, l’uomo di neandertaliana memoria.
In modo diverso, ma la sostanza non cambia, se l’è “andata a cercare” Tiziana, non tanto per quel video (che sarebbe anche stato solo affare suo) ma per essersi fidata delle persone sbagliate, di presunti amici che, con indifferenza e sberleffo, si sono improvvisati mostruosi giostrai di meccanismi inarrestabili di stupidità perversa dove il culmine di violenza verbale e di cattiveria si posa sul nodo di un foulard. Questa brutta storia, se vogliamo definirla così, non ha, purtroppo, insegnato nulla se, qualche giorno dopo, un gruppo di ragazzine filma con il cellulare le sequenze della violenza sessuale subita da un’amica nel bagno di una discoteca e il video viene fatto circolare immediatamente tra gli amici. Nessuna che pensi, in quel momento, che il telefono possa servire anche per telefonare, per chiamare magari i Carabinieri, o che si possano allontanare per cercare aiuto, anche solo di un buttafuori. Questo disinteresse al danno dell’atto, questa superficialità, questo distacco e freddezza emotiva, questo circuito mentale che fa tilt, a ben vedere, è la parte più sconvolgente e squallida di tutta la vicenda e lì, forse, dovrebbero concentrarsi gli interrogativi degli adulti che hanno accompagnato il percorso di crescita di queste piccole donne (lo so che dovrei dire “stronze”). Spiace ammetterlo ma qui il fallimento è un po’ di tutti.
E che dire di Morandi? Quel gran bravo eterno ragazzo che da giovane diceva alla sua ragazza “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” per poterla vedere almeno per cinque minuti e adesso, da adulto, accompagna personalmente la moglie a comprare ‘sto benedetto latte e, già che ci sono, fanno anche il resto della spesa. E lo dice anche! Anzi lo pubblica su FB come per far presente che anche lui, nonostante tutto, come altri comuni mortali, svolge le normali incombenze che una vita familiare normale comportano. Insomma lui sarà anche Morandi Gianni ma resta umile e fa quello che fanno tutti, e se non tutti, tantissimi, a giudicare da quanta gente c’è nei centri commerciali in quel giorno preciso, il giorno del “dì di festa” per eccellenza, la domenica. Di domenica. E giù con la gogna, che il Giudizio Universale al confronto impallidisce dal momento che sembra un temporale estivo, perché la domenica è sacra e gli operatori a vario titolo impiegati nei supermercati hanno il sacro e santissimo diritto di rimanere a casa. Se è solo per quello magari anche i ristoratori, i proprietari di bar, cinema, teatri, farmacie di turno, gli operatori nel comparto ospedaliero e nei trasporti pubblici, le forze dell’ordine tutte e chissà quanti altri, di domenica, starebbero meglio a casa. Che scoperta! Morandi con quella foto sul web è proprio “andato a cercarsela” la rogna perché non c’è nulla di più rognoso di chi critica negli altri i propri comportamenti e indica nell’apertura h24 dei negozi all’estero la vera evoluzione dell’economia legata al commercio e dei servizi al cittadino; negozi aperti a mezzanotte, alle due, alle tre di notte sono la soluzione pret a porter di tutte le crisi per tutti, ma non per Morandi, per carità! (Ma cosa vi avrà mai fatto tanto di male per suscitare un così feroce accanimento? Boh!).
Anche la Buona Scuola un po’ se la è “andata a cercare” quando ha rifiutato l’iscrizione di un ragazzino delle scuole medie perché l’istituto è piccolo e l’inserimento di un portatore di handicap avrebbe richiesto la divisione della classe e, inevitabilmente, costi aggiuntivi che, nello specifico, non si potevano sostenere. Il rifiuto del preside è il rifiuto del buon senso: se non ci sono le condizioni adeguate inutile procedere con l’iscrizione “via sentimento” se poi, al primo intoppo, al primo inconveniente scattano visite ispettive, accertamenti, richiami, sospensioni, tonnellate di carte bollate. Certo non se la è “andata a cercare” il ragazzino quella sua diversa abilità e neanche quella sua residenza in zone dove le scuole sono piccole e grosse alternative di scelta non ci sono. Tra le mani legate del preside e la giusta esigenza dello studente l’ago della bilancia doveva muoverlo il Provveditore che, conoscendo il suo comprensorio, poteva prevedere per tempo soluzioni adatte mediante l’escogitazione di piani B, C… N e senza arrivare a inizio scuola inoltrato con i soliti sacchi di ricorsi, carte bollate, trafile burocratiche e parcelle agli avvocati. Per questo e per tanti altri piccoli accadimenti di inizio anno scolastico, la Buona Scuola, al solito, si fa notare più per i ritardi nel mettere a posto situazioni da sempre inaccettabili che per riforme veramente sensate. E se è vero che bisogna guardare la Luna e non il dito che la indica è anche vero che, nel “sistema scuola” (la Luna) forse soffermarsi sul dito che indica lacune, quelle di tutti i giorni a partire dalla carta igienica nei bagni degli studenti, si può e si deve perché, prima delle riforme epocali spesso sbandierate (ma rimaniamo sempre in attesa), forse è necessario fare un po’ di ordine dal basso.
Si faranno ricordare anche le trentanove medaglie vinte dagli atleti alle Paralimpiadi di Rio. Atleti bravissimi che, prima della medaglia sportiva, hanno indossato con fierezza (ma anche con più di qualche perplessità, demoralizzazione, incertezza che la determinazione cercava di lenire) quella della dignità e della volontà nonostante tutto. Anche loro certo le loro menomazioni non se le sono “andate a cercare” ma sono capitate e, prima di essere campioni, sono stati cittadini comuni come tutti con in più la difficoltà di rapportarsi con un arredo urbano che è perlopiù ostile a chi ha qualche impedimento di natura fisica. Ragazzi/e che hanno tenuto alto il Paese nel resto del Mondo e che hanno ricevuto il giusto tributo dalle Istituzioni. Le stesse Istituzioni che poi si dimenticano, o fanno finta, che prima di essere atleti sono persone che non evocano pietismo ma chiedono solo le giuste attenzioni nelle scelte urbanistiche al fine di poter esercitare la propria sacrosanta necessità di autonomia. Sono ragazzi che dividono la loro medaglia con tutti gli altri portatori di disabilità che i salti mortali e gli slalom, anche solo per attraversare una strada, li fanno tutti i giorni. Le Istituzioni lo sanno di queste fatiche ma fanno finta di niente, almeno fino alle prossime Campagne elettorali, intese come terre fertili di promesse.
Le cose non vanno tanto meglio in ambito internazionale. Prendiamo l’America per praticità e perché è il Paese delle opportunità, delle possibilità, dei sogni realizzabili già dai tempi delle valigie di cartone; il Paese dove qualunque cosa accada ha il sapore del kolossal e dove, quando arrivi a New York, basta capire il significato di Avenues e di Streets con la loro regolare disposizione e con i numeri alla mano puoi andare ovunque, senza quasi aver bisogno di guardare la piantina. L’idea di possibilità di farcela la trovi già lì, in quel dedalo di strade dove muoversi e tutto il resto sembra facile, a portata di mano, quasi elementare. Tanto elementare che Hillary Clinton per una polmonite non dichiarata pubblicamente, e che certo non si è “andata a cercare”, ha rischiato grosso nella sua corsa alla Casa Bianca. Magari chissà quanti scheletri nell’armadio avrà ma si sono “attaccati” lì, a una bugia che sembrerebbe anche innocente; certo più innocente degli scheletri nell’armadio (o forse era un altro mobile, ma non sottilizziamo) di suo marito, ma si sa, per abitudine, agli uomini si perdona più facilmente e di più, sia in senso numerico che in gravità delle azioni. Noi Italiani non guardiamo certo la credibilità dei nostri politici pretendendo l’esibizione della scheda sanitaria; noi applichiamo giustamente la tutela della privacy, e bisogna ammettere che la privacy, in generale, riescono a tutelarla alla grande visto che le magagne vengono fuori sempre troppo tardi e certo non spontaneamente ma in coincidenza di pestaggi di piedi vari che danno il via, nel loro ambiente, al meccanismo cautelativo del “mors tua vita mea”.
E, sempre per stare in America, a New York tanto per ricordare che quindici anni fa c’è stato l’attentato alle Torri Gemelle ecco che fanno scoppiare bombe. Bombe costruite con pentole a pressione piene di schegge atte a ferire mortalmente e collegate a telefonini nascoste nei bidoni dell’immondizia. Torri Gemelle aerei, qui bombe artigianali… sarà la crisi! Crisi o no una cosa ci consola: anche volendo piazzare bombe dentro i nostri cassonetti, dobbiamo ammettere che, il più delle volte, sono talmente pieni che trovare uno spazio, un volume di cinque, sette, o dieci litri, pari a quello della pentola per intenderci, risulta quasi impossibile. Credo che, a meno che non si viva in Trentino o qualche altra rara zona felicemente differenziata, il discorso rifiuti lasci ancora tanto a desiderare e l’unico vantaggio che ne possiamo trarre e l’unica consolazione sono tutti qui, in questo effetto protezione dato da “talmente pieno che più pieno non si può”.
Nel rincorrersi frenetico di notizie, fatti, accadimenti che mentre scrivi già sono passati e altri ne arrivano ognuno con la propria urgenza, con il proprio delirio, con il proprio troppo pieno o troppo vacuo dove cambiano i luoghi ma i copioni sembrano sempre più o meno gli stessi ci si accorge che si vive l’attimo isolato; nessun collegamento con ieri che non insegna e nessuna idea nuova per un riscatto domani.
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Resterei qui una vita, ma sto diventando sensibile al senso della scoperta che e la droga di chi viaggia. Le giornate sono intense e lunghissime, mi sembra di essere partito non da giorni, ma da mesi per quante cose ho visto stando in sella alla moto. Dopo una colazione dei campioni, riparto in sella alla Scrambler col pieno di benzina, di calorie e d’energia. C’e un forte vento stamattina.Il respiro di Gaia, una cosa semplicemente fantastica. Si puo andare ovunque in aereo, ma durante il viaggio non vediamo niente. Veniamo trasportati quasi come i pacchi imbarcati nella stiva. Arriviamo facilmente a destinazione, perdendoci l’avventura.