
CattiviConsigli . IRA
Vent’anni e non sentirli
In 23 Luglio 2021 da Gianluca PapadiaA Napoli da tre giorni siamo prigionieri del traffico. Sulla tangenziale – unica arteria rimasta aperta per attraversare la città – sembra di essere a ferragosto sulla Salerno-Reggio Calabria. Ogni giorno ci metto più di due ore per percorrere questo tratto che normalmente richiederebbe venti minuti. Quattro ore di traffico per andare e tornare dall’ufficio. Ho visto colleghi dormire in auto, nei parcheggi squallidi del Centro Direzionale, pur di non affrontare questo groviglio di auto.
Anche stamattina ho spento il motore e sono sceso dall’auto.
«Si chiama G20 perché sono passati vent’anni da quello di Genova?» mi chiede il ragionier Casoria avvicinandosi alla mia auto. Dopo tre giorni siamo diventati amici. Anche oggi ha aperto l’ombrellone che ha nel cofano e sono felice di rifugiarmi sotto la sua ombra.
«Forse si chiama così perché finalmente – dopo vent’anni – i paesi che rappresentano l’80% del PIL mondiale hanno capito che i temi di questi summit devono essere quelli che chiedevano i manifestanti di Genova: ambiente, clima ed energia» rispondo io e cerco di mettermi in direzione del vento che proviene dal ventilatore portatile da cui quell’uomo non si separa mai.
«Quello che non hanno ancora capito, invece, è che questi incontri non vanno organizzati nelle grandi città» incalza lui, dopo avermi offerto una gassosa ghiacciata che ha preso dal suo zaino termico.
Da tre giorni a Napoli è stata istituita una zona rossa – che in piena pandemia sembra uno scherzo di cattivo gusto – che ovviamente ha paralizzato l’intera città.
«Che poi vorrei dire a questi geni della politica: scusate tanto, ma se avete obbligato i nostri figli a fare la DAD? Perché questo summit non lo fate su zoom?» aggiunge l’uomo prima di scolarsi la sua gassosa in un sorso solo.
In un momento storico dove ormai le riunioni si tengono tranquillamente da casa, effettivamente, questo summit dal vivo è difficilmente comprensibile.
«Cioè la cancelliera, la tedesca, come si chiama?»
«Angela Merkel» rispondo io.
«Ecco, bravo, la Merkel deve aspettare questo forum per raccontare i disastri che i cambiamenti climatici hanno provocato in Germania? Avete visto quanti morti ci sono stati per le alluvioni? Le soluzioni da prendere le conoscono tutti ormai. Fatevi un bel gruppo WhatsApp e non rompete i coglioni ai cittadini» esclama Casoria e mi fa segno di accomodarmi su una delle due sedie da regista che ha tirato fuori dal suo cofano.
Il ragioniere ha sistemato l’ombrellone nella base piena di acqua di mare che per fortuna ha dimenticato di svuotare dopo la domenica passata a Baia Domizia, ospite della suocera.
«Se proprio volete fare questo patetico show andate in uno dei tanti borghi fantasma che la globalizzazione, la crisi del lavoro, la crescita zero e tutti gli argomenti che dovreste affrontare in questi forum, hanno contribuito a svuotare» ricomincia l’uomo dopo essere tornato con un thermos pieno di caffè e due tazzine di porcellana. A lui il caffè piace nella tazzina, me l’ha detto il primo giorno, vedendo la mia espressione dubbiosa. Gira sempre con un thermos, due tazzine, una spugnetta e una confezione da viaggio di Svelto. Il caffè del bar è troppo pesante per il suo cuore malandato e se ne porta una scorta da casa.
«Quello che è successo a Genova non gli ha insegnato nulla…» aggiunge con un tono rassegnato. «Che poi se succedesse oggi, con tutti ‘sti telefonini, si saprebbe subito cosa è veramente successo a Piazza Alimonda».
Casoria ha ragione: proprio questo eccesso di tecnologia – che è una delle principali cause della crisi energetica – avrebbe potuto aiutare a scoprire i colpevoli delle violenze subite dai manifestanti noglobal a Genova.
«Chissà quanti video sarebbero usciti dopo la “macelleria messicana” messa in atto dalle forze dell’ordine alla scuola Diaz» affermo per valorizzare la sua tesi. «Forse, non avremmo però, le stesse testimonianze delle torture nella caserma di Bolzaneto…»
«Per quelle sarebbero bastate le telecamere interne» mi interrompe il ragioniere. «Avete visto cosa è successo nel carcere di Santa Maria Capua Vetere?» e senza aspettare una mia risposta, chiosa: «Ormai le telecamere sono dappertutto!»
Anche in questo caso, il mio amico di sventure, ha perfettamente ragione.
Ci gustiamo la nostra sigaretta nel silenzio surreale della Tangenziale di Napoli. La tranquillità è interrotta solo dal rumore degli elicotteri che sorvolano la zona rossa. Anche da un cavalcavia pieno di auto, con l’aria resa irrespirabile da quelli cha non hanno spento il motore per combattere le alte temperature, Napoli, imbottigliata nel traffico, sembra bellissima.
«Mentre loro si gustano la sfogliatella di Pintauro, il babà di Bellavia, la pizza fritta di Sorbillo, ci sono tante persone che – soprattutto dopo la pandemia – non riescono a mettere un piatto a tavola» dice all’improvviso il ragioniere. «È inutile blindare la città. Quelli, almeno un “chivemmuorto“, avranno il sacrosanto diritto di urlarlo? A quei poveri cristi non puoi impedirgli di manifestare…»
«È rimasto un po’ di caffè?» chiede la ragazza che lavora al call-center della Telecom.
«Signorina Luisa ma oggi non dovevate venire con i mezzi pubblici?» si scusa il ragioniere e dopo averle ceduto il posto, versa un caffè in un bicchierino di plastica.
«Ho cambiato idea. Ieri mia sorella ci ha messo due ore per tornare dall’università. Molte stazioni sono chiuse e hanno soppresso alcune corse. I vagoni erano talmente pieni di gente che hanno dovuto sospendere il servizio» dice la ragazza dopo aver assaggiato il caffè.
«Che poi vorrei dire ai nostri cari amministratori: ma se hai questa intuizione geniale di chiudere le strade, vuoi almeno incrementare i servizi pubblici?» sbraita il ragioniere dopo aver preso dal cofano un piccolo sgabello pieghevole.
«Niente di meno che Jeff Bezos per andare nello spazio ci ha messo 10 minuti. Qui, invece, per percorrere 15 chilometri devi buttare il sangue per più di un’ora» dice la ragazza che anche questa mattina – come tutti i napoletani – farà tardi al lavoro.
Luisa – come tutte le mattine – nonostante la temperatura sfiori già i 30 gradi, sistema la sua sedia al sole e sfrutta questo tempo morto per abbronzarsi.
«Con quello che ci costa ogni anno fare queste pagliacciate in giro per il mondo, non è meglio che a questi venti capi di stato, li spariamo con una bella navicella nello spazio?» chiede il ragioniere dopo aver consegnato la crema protettiva all’impiegata della Telecom. «Si fanno il loro summit abbuffandosi di mozzarella di bufala DOP e bevendo i migliori vini DOC e una volta ritornati sulla terra – come ha fatto anche il proprietario di Amazon – tengono un bel discorso all’umanità: ringraziamo la popolazione mondiale, con i loro soldi pubblici ci siamo pagati il nostro volo nello spazio!».
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