CattiviConsigli . IRA
La foto sfocata
In 17 Settembre 2021 da Gianluca Papadia“Mio marito, le foto non le sa fare” è la più bella dichiarazione d’amore che una donna possa dedicare a un uomo.
Ho sempre odiato fare le foto ma, per molti anni, l’unico modo per sottrarmi a una cosa che odio ancora di più, ovvero farsi fotografare, è stato quello di portarmi appresso la mia Canon EOS 70D.
La cosa bella di possedere una macchina reflex digitale con obiettivo EF 75-300 mm così ingombrante e pesante era che non potevi portarla sempre con te. Erano pochissime le occasioni in cui valeva veramente la pena sfoderare un simile capolavoro dell’ingegneria giapponese.
Oggi, invece, con l’avvento degli smartphone di ultima generazione, farsi una foto è diventato un obbligo morale verso la società. E non parlo di quei tristi e solitari selfie che almeno non coinvolgono altri soggetti, e nemmeno delle foto inquietanti di piatti contenenti le più diverse varietà di cibo del pianeta.
Parlo di quel maledetto vizio che hanno le donne, pure nella peggiore delle situazioni in cui si trovano, di dire – ogni 10 minuti – al proprio partner: «Amò, me la fai una foto?»
Questa mania compulsiva – che in estate tocca livelli da manicomio criminale – di testimoniare tutta la propria vita con un book fotografico perenne.
Questo desiderio irrefrenabile di mettersi in mostra, che i social network hanno contribuito a trasformare in una vera e propria patologia, raggiunge il culmine massimo durante gli eventi ai quali siamo costretti a partecipare.
Ho visto schede di memoria microSD da 2 Tera Byte, riempirsi un minuto dopo che la sposa fosse entrata in chiesa, account di Amazon Photos bloccati per elevato traffico di rete quando non era ancora arrivato il terzo primo, hard disk esterni allo stato solido fondersi un attimo prima del lancio del bouquet.
«Amò, me la fai una foto?» e Iphone 13 Pro Max da 1.500 euro sono scaraventati a terra e calpestati da uomini in giacca e cravatta completamente disidratati sotto il sole bollente dei matrimoni di agosto.
Io ci ho messo tre anni per liberarmi di questo fardello.
È stato un duro lavoro ma alla fine ci sono riuscito.
Per prima cosa ho dovuto installare l’app PhotoSequence Lite sul mio cellulare android. Quest’applicazione consente di scattare 27 foto al secondo con un solo clic. Ogni volta che mia moglie mi chiedeva di scattare una foto, grazie a questo stratagemma, mi trovavo in galleria 27 copie della stessa immagine.
Per tre lunghi anni ho dovuto imparare a sfogliare la galleria del telefono alla velocità della luce. In pochi secondi dovevo scegliere la foto peggiore e cancellare le altre 26. È strabiliante costatare che in un solo secondo le 27 pose siamo tutte diverse, ed è ancora più sconvolgente scoprire che, nonostante i soggetti da fotografare siano rimasti apparentemente immobili, l’occhio della fotocamera riesca sempre a cogliere i più impercettibili movimenti.
Scorrendo velocemente le 27 foto, la peggiore salta subito all’occhio. Quella più sfocata, dove uno dei soggetti ha chiuso gli occhi o, peggio ancora, si è mosso, esce magicamente dal mazzo e si manifesta come la carta da gioco che il mago esibisce alla fine del suo numero.
Dopo tre anni, quando qualcuno ha ancora l’ardire di indicarmi come possibile fotografo, mia moglie urla disperata: «Fermo, non ti azzardare, lo sanno tutti che tu, le foto non le sai fare».
Quella frase è poesia pura. Un gesto nobile che mi ricompensa di tutto il tempo – e il sangue – buttato a fotografare donne acide che troveranno sempre un motivo per farti ripetere lo scatto. Minuti, ore, giorni a trovare la luce perfetta che nasconda i segni del tempo, a cercare la giusta altezza dove posizionare l’obiettivo per non svelare rotondità che anni d’insalatine non riescono minimamente a smussare.
«Oggi però le foto te le devi fare. Non puoi sfuggire in nessun modo» mi dice mia moglie quando i primi ospiti iniziano ad arrivare.
«Stai tranquilla, oggi faccio il bravo» le rispondo. Come darle torto, oggi è il mio compleanno e non posso proprio esimermi.
«Prima che arrivino gli ospiti, volevo darti questo» e mi porge il mio regalo.
«Un paio di Ray-Ban nuove?» esclamo – abbastanza convinto – dopo aver aperto il pacchetto.
«Queste si sono fatte troppo vecchie» dichiara lei dopo avermi tolto gli occhiali che portavo.
Indosso il mio nuovo paio di occhiali e devo trattenermi dal fare ironia sul fatto che sono praticamente identiche a quelle vecchie che mia moglie ha appena buttato nel cestino dei rifiuti.
«Ti stanno benissimo» esclama lei e vorrei dirle che indosso le Waifarer ormai da più di trent’anni.
Intanto le sue amiche sono quasi tutte arrivate e iniziano a riempire i loro smartphone di foto tutte uguali. Una di loro ha con sé l’immancabile asta che muove nell’aria come se fosse il suo scettro.
Io le guardo con invidia: vorrei davvero entusiasmarmi così per una foto venuta bene.
Il gruppo di donne mi vede e inizia a cantare una tristissima “tanti auguri a te”.
Mi avvicino per non sembrare scortese e, quando sono a un paio di metri da loro, le amiche di mia moglie si allineano davanti a me come se si mettessero in posa per una foto.
«Hey Facebook, scatta una foto» urla all’improvviso mia moglie.
«Fichissimi questi Ray-Ban Stories» gridano le sue amiche quando sul monitor gigante alle loro spalle appare il suo profilo Facebook con una foto appena pubblicata.
«Mai più foto sfocate, amore mio» mi dice mia moglie mostrandomi l’immagine che avevo davanti ai miei occhi un secondo fa che è apparsa magicamente sul monitor. «E non dimenticarti mai di caricarli».
Prendo in mano quell’oggetto infernale e mi accorgo che sulla parte più esterna del frontale ci sono due piccole fotocamere.
«Hey Facebook, scatta una foto» urla ancora mia moglie e sul monitor gigante appare un primissimo piano di me con un’espressione alla Mister Bean.
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