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Alieni
In 25 Maggio 2018 da Gianluca PapadiaIl Bar Venere è l’unico Bar di Napoli dove non si parla né di calcio né di donne. Ciccio, il proprietario, è un grande appassionato di UFO e nel suo Bar è permesso parlare solo di quello. Alle pareti ci sono foto di avvistamenti, testimonianze d’incontri ravvicinati di ogni tipo e tutti i cimeli che lui stesso ha preso nei vari pellegrinaggi nell’Area 51. Ciccio, mentre ti serve il caffè, ti racconta di quando negli anni ’80 è stato in Perù dallo sciamano Willaru Huayta che racconta le gesta dei Venusiani, gli abitanti di Venere che vivono in mezzo a noi.
Se dopo quindici minuti non sei scappato via credendo di parlare con un vecchio hippie pazzo, allora il Bar Venere è diventato il tuo Bar.
È successo anche a me la prima volta che ci sono entrato: pioveva a dirotto e dopo quindici minuti le strade erano tutte allagate. Quel giorno di tre anni fa, mi sorbii controvoglia i discorsi New Age sulla necessità di prepararsi spiritualmente alla manifestazione extraterrestre di grande portata che, prima o poi, si svolgerà sul nostro pianeta. Da allora, tutti i giorni alle 18, sono qui a gustarmi l’aperitivo e le ultime news sul mondo extraterrestre.
Dreamland, Paradise Ranch, Home Base, Watertown Strip, Groom Lake, Homey Airport sono i cocktail che Ciccio offre ai suoi clienti conditi da due ore di dibattito sugli alieni.
Oggi quando entro, Ciccio è, come sempre, seduto al computer e nel Bar, come sempre, ci sono solo Pasquale e Carmine, due anziani assidui frequentatori del locale.
«Che novità ci sono?», gli chiedo fingendo interesse per l’argomento del giorno: Boris Kipriyanovich, il ragazzo russo che racconta di vite passate, sistemi planetari e altre civiltà.
«È un bambino indaco», ha fretta di dirmi Carmine, l’ex tranviere esodato e, vedendo che la notizia non suscita l’interesse che sperava, cerca, con lo sguardo, l’aiuto di Pasquale.
«Sono bambini prodigio che hanno poteri paranormali», mi dice l’ex messo comunale in pensione – lui è stato più fortunato di Carmine – porgendomi una stampa di una pagina di Wikipedia.
«Quello dei bambini indaco, in inglese indigo children o semplicemente indigos, “gli indaco”», leggo ad alta voce, «è un concetto pseudoscientifico nato nell’ambito della subcultura New Age con cui s’indica una generazione di bambini che sarebbero dotati di tratti e capacità speciali o soprannaturali. Secondo le credenze New Age, preluderebbe all’imminente evoluzione dell’umanità preannunciata da tutte le correnti del pensiero New Age».
«Da quando aveva quattro anni, chiede di andare regolarmente su questa montagna, Medvedetskaya Gryada, per soddisfare le sue “esigenze energetiche”», pronuncia all’improvviso Ciccio mostrando un video di Youtube che sta girando sul suo PC.
Io, Pasquale e Carmine ci mettiamo alle sue spalle per vedere una folla di curiosi che guarda un bambino in apparente contemplazione. Ho voglia di bere ma la mia presbiopia galoppante m’impedisce di capire quanto duri questo strazio.
«È qui che succederà?», chiede Pasquale.
«Cosa?», chiedo io in crisi d’astinenza da Alcol.
«Come cosa?», s’intromette Carmine, «potrebbero sbarcare proprio su questa montagna».
«Loro cureranno pure la mia prostata?», mi chiede speranzoso Pasquale quando il video è terminato.
«Pensi solo a te stesso?», lo redarguisce Carmine, «hanno malattie più gravi cui pensare».
Ciccio mi prepara il solito Negroni mentre io riempio due coppette con arachidi e patatine. «Dobbiamo essere pronti», mi dice porgendomi il mio cocktail pre-dinner preferito. Ci sediamo al solito tavolo mentre Pasquale e Carmine continuano a guardare le gesta del bambino indaco su Youtube.
«Non è che capitano per sbaglio su Youporn?», cerco di sviare il discorso indicando i due vecchietti ma ormai Ciccio non mi sente più.
«Lo spirito deve essere pronto», è l’incipit del suo sermone che devo sciropparmi ogni sera.
«L’hai visto il video dell’ISS?», mi chiede Ciccio.
«Sì», rispondo sorseggiando il mio Negroni, ripensando al video che alcuni giorni prima mi ha passato su WhatsApp che mostra un UFO – oppure semplicemente un asteroide – che passa a velocità elevatissima a pochi metri dalla Stazione Spaziale Internazionale.
«La testa di Leone ritrovata su Marte?», mi urla da lontano Carmine.
«Leonessa», ribatte pronto Pasquale.
Ho un ricordo sommario delle foto che questi tre facinorosi ultras della vita extraterrestre mi avevano mostrato. Erano per lo più immagini di pietre che la sonda Rover Curiosity della NASA aveva inviato dal Pianeta Rosso, e la cosa più buffa era stata che, come davanti alle macchie di Rorschach, ognuno di noi, aveva dato un’interpretazione completamente diversa dagli altri.
«Dobbiamo evolverci altrimenti ci estingueremo», enuncia in estasi Ciccio. «Siamo indietro parecchi milioni di anni rispetto all’evoluzione di certi nostri Fratelli extraterrestri. Essi hanno acquisito delle facoltà e dei poteri che superano qualsiasi immaginazione. Si sono liberati dalla schiavitù dell’ego e hanno edificato civiltà che sembrano comunità angeliche. Là, regna l’armonia, l’Amore, la pace e la saggezza. Ciascuno è guida spirituale e medico. I nostri Fratelli maggiori si sono da tempo liberati dalle catene dell’invidia, dell’ira, dell’accidia, della superbia e della lussuria. Essi appartengono alla grande Fratellanza Bianca Universale».
«Amen» mi verrebbe da dire ma mi astengo. Le altre tre persone presenti non capirebbero. Mostro il bicchiere vuoto a Ciccio che si adopera immediatamente per concedermi un bis delle sue qualità di barman. Mentre mi approvvigiono di altre patatine, nel Bar Venere entra un bambino, uno di quei zingari che vuole vendermi una rosa. Rifiuto gentilmente la sua rosa ma gli porgo lo stesso un euro.Ciccio si fionda come un animale su quella moneta. La strappa dalle mani del bambino e la poggia sul mio tavolo.
«Torna da dove sei venuto», urla al bambino mentre lo spinge letteralmente fuori dal suo locale.
«Se glieli dai una volta, quelli poi tornano sempre», mi dice il barista venusiano con tono di scuse. Ciccio posa il secondo Negroni sul tavolo ma non ho più voglia di berlo.
«Hai fatto bene a cacciarlo via come un cane», sentenzia Carmine.
«Hai sentito come puzzava?», s’intromette il solito Pasquale.
Gianluca Papadia è autore di molti racconti vincitori di premi letterari. Ha pubblicato il libro:
- La rabbia eaudita. 32 consigli per combattere l’ira – raccolta di racconti, Amazon, 2018
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