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Grazie, Massimo
In 4 Giugno 2021 da Gianluca PapadiaIl 3 Novembre del 1977 diventai grande grazie a Massimo Troisi.
Avevo solo sette anni ma quella sera mi sentii per la prima volta un adulto. All’epoca cenavamo sempre molto presto e prima delle otto, io e mio fratello dovevamo essere a letto. A noi bambini era consentito di vedere la tv solo di sabato ma quel giovedì piovoso di novembre accadde un miracolo.
«Stasera non andate subito a letto», disse mio padre, e già il fatto che avesse pronunciato una frase così lunga era il presagio che quella notte qualcosa di straordinario stesse per accadere.
Nostro padre non parlava mai, rispondeva con dei mugugni alle domande che gli venivano fatte e nei primi sette anni di vita, questa era la terza, quarta volta che pronunciava una frase di sua spontanea volontà. Fu per questo che il mio stupore raggiunse livelli inaspettati quando aggiunse: «Devo farvi vedere una cosa in tv».
Ci deve essere un altro allunaggio, pensai mentre raggiungevo di corsa il salotto. Il 20 Luglio del 1969 io non ero ancora nato e avevo fallito l’unica possibilità di vedere un evento in tv in un giorno diverso dal sabato. Mio fratello maggiore si vantava ancora di essere l’unico bambino della famiglia al quale era stato concesso questo privilegio.
Ben presto, però, scoprimmo che quello che ci voleva far vedere nostro padre non era un altro uomo sulla Luna ma una nuova trasmissione che si intitolava Non Stop e iniziava con un urlo spaventoso che rimbombò nelle mie orecchie per parecchi giorni.
L’urlo era di una ragazza che veniva presa di mira da un lanciatore di coltelli infuocati: la scena più brutta che avessi mai visto in tv. Per fortuna, quelle immagini raccapriccianti lasciarono il posto a un circo di personaggi davvero stravaganti.
Molti anni dopo, avrei scoperto che lo show era pieno di colori ma il nostro televisore dell’epoca era ancora in bianco e nero.
Più passava il tempo e più non capivo cosa ci fosse di così importante da vedere in quello spettacolo di varietà così diverso da tutti quelli che avevo visto fino a quel momento in tv ma, per non rischiare di essere spedito a letto, finsi di ridere come facevano i miei genitori e quel furbastro di mio fratello, che aveva adottato la mia stessa strategia.
Fu in quell’atmosfera di inattesa convivialità che, come mi succedeva sempre anche di sabato, mi addormentai felice sul divano. Ero abituato ad andare a letto con le galline e trovavo quei pezzi comici davvero noiosi. A sette anni non ero ancora pronto per il cabaret e mi abbandonai nelle braccia di Morfeo convinto di risvegliarmi il giorno dopo nel mio letto.
Mentre stavo sognando di essere io il bersaglio delle lame infuocate al posto della ragazza bionda, il lanciatore di coltelli prese le sembianze di mio padre e minacciò di mirare al mio petto se non mi fossi svegliato.
«Adesso devi svegliarti», stava dicendo mio padre quando riaprì gli occhi e la terza frase pronunciata in quella serata mi turbò ancora di più dell’incubo che stavo facendo.
In tv c’era un cantante dai capelli lunghi e neri che solo qualche anno dopo sarebbe diventato il mio cantante preferito. Allora non sapevo neanche il suo nome. Il giovanissimo Pino Daniele smise di cantare e si accomodò tra il pubblico per gustarsi il nuovo pezzo comico.
Con gli occhi ancora velati dal sonno, vidi per la prima volta Massimo Troisi apparire in tv. La prima cosa che mi colpì fu che quell’attore parlava in napoletano e lo stava facendo in tv davanti a chissà quanti telespettatori.
Cercai con lo sguardo gli occhi di mia madre che per tutti quegli anni ci aveva vietato di usare il dialetto, sia in pubblico sia in casa, ma decisi che non fosse il momento di fare polemiche. I miei genitori erano in estasi davanti a quell’esibizione e non volevo turbare quell’atmosfera idilliaca.
Stavo vivendo un momento magico della mia infanzia e se mio padre ci aveva tenuti svegli era perché aveva visto in quei tre giovani comici qualcosa di unico e irripetibile.
Mi concentrai su ciò che accadeva in tv e fui testimone di un altro miracolo. Quel dialogo surreale con San Gennaro stava infrangendo un altro tabù della nostra casa: non si poteva ridere di queste cose.
Capii che La Smorfia aveva trovato un modo originale per infrangere tutte le regole: la tenerezza disarmante di un grande attore come Massimo Troisi. Grazie a lui molte cose sarebbero cambiate. Il suo modo gentile di fare umorismo avrebbe spazzato via tutti i luoghi comuni, i pregiudizi e i falsi miti della nostra terra. Era arrivato il momento di crescere – in tutti i sensi – e sperai con tutto me stesso di essere all’altezza di quell’evento straordinario.
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