
INVIDIA . Lector In Invidia
Volley desnuda
In 20 Aprile 2017 da Attilia Patri DPGiovani, atletiche, trionfanti, le ragazze della squadra femminile di pallavolo dell’Usd Altair di Vicenza dopo una stagione intera di sudore, impegno, passione, serietà e fatica hanno ottenuto il tanto atteso e rincorso risultato: la promozione in serie D; promozione ancor più gratificante perché arrivata con due giornate di anticipo rispetto al calendario agonistico. Una vittoria che, oltre al risultato, porta al gruppo, come è logico e comprensibile che accada, una immensa e dilagante felicità.
La notizia è di quelle che avrebbero dovuto interessare i giornali sportivi locali e, nella migliore delle ipotesi, quelli regionali per ovvie ragioni: intanto perché il volley è uno sport ancora considerato minore rispetto ad altri e in più, in questo caso, praticato da donne che, per quanto brave, non suscitano mai lo stesso interesse dei colleghi maschi e difficilmente ne uguagliano i compensi e l’interesse degli sponsor.
Da fenomeno locale l’Altair Vicenza si è trasformato in un caso nazionale grazie al Web, alla condivisione, al commento facile, al solito click e al potere dell’immagine che viaggia più veloce di qualunque resoconto sportivo.
Il risultato c’è, la felicità anche, la gioventù pure, lo spirito goliardico di squadra frigge, il cameratismo da spogliatoio esplode con una trovata: una foto di gruppo che ritrae le giocatrici un po’ “svelate”. Tredici ragazze atletiche in reggiseno, ginocchiere, scarpe e un pallone da volley a coprire le parti intime. Niente di particolarmente sexy, o spinto, o, peggio, volgare visto che il reggiseno non ha niente a che vedere con certi balconcini delle pubblicità ma è piuttosto un top o una brassiere sportiva e il pallone copre più di quanto riescano a coprire certi slip dei costumi circolanti sulle spiagge e la posa delle ragazze non è poi così provocante da gridare allo scandalo, eppure…
Eppure la foto pubblicata domenica sul profilo Facebook della Società è apparsa, per molti, come inequivocabile e ispirazione di commenti, alcuni anche molto pesanti, e un vespaio di polemiche tra chi tirava in ballo la parità uomo-donna di comodo, chi chiedeva spiegazioni per quella scelta all’apparenza azzardata e spiazzante e chi, non gradendo l’immagine, l’ha ritenuta un ennesimo sfruttamento del corpo femminile per ottenere visibilità, una mercificazione esagerata e provocatoria fino alla strumentalizzazione per una brutta mossa a fini di marketing; insomma un modo degradante per onorare la promozione: “L’hanno fatto per cercare like e farsi pubblicità”, “Alla prossima vittoria via palloni e reggiseni”, “Una foto che non ha alcun senso, altro che gesto goliardico”, “Che tristezza… subalternità culturale e modelli spazzatura”, “Questo è quello che ha prodotto l’ultimo ventennio”, e via di questo passo.
3500 reazioni e quasi 500 commenti in poche ore in risposta a una goliardata senza altri fini se non quello del festeggiamento spontaneo, ironico e spensierato ma che, paradossalmente, nell’era della nudità 2.0 non è stato accolto bene al punto che, coperte dalle critiche, le giovani atlete si sono viste costrette a pubblicare una nuova foto dove appaiono con la divisa da gioco e un nuovo messaggio, di spiegazione più che di scuse, da parte del direttivo: “Il risultato di un gesto goliardico è apparso superiore all’immensa impresa sportiva di ragazze che sono esempio di passione, serietà e impegno. La Società è per questo solidale con la squadra e ritiene che strumentalizzare questo gesto significhi non dare merito all’unica cosa che conta davvero, cioè il risultato ottenuto. Chi ha vissuto e vive l’Altair può capire il valore di certe vittorie e anche il perché di questo gesto goliardico” (Il direttivo dell’USD Altair).
Noi, a meno che qualcuno non sia vicentino, non abbiamo vissuto o viviamo l’Altair però conosciamo come funzionano i Social: censura malamente e ingiustamente applicata, moralismo a buon mercato, tendenza alla superbia con giudizi sempre e comunque, frustrazione che rinnega meriti e risultati altrui.
E mentre qui ancora ci chiediamo “Dov’è il nudo, dov’è la malizia” alla faccia dei soliti bacchettoni e di una società popolata da noiose perpetue ci tornano in mente altri episodi in cui squadre di pallavoliste hanno posato in scatti molto più “pepati” di questo al fine di pubblicare calendari i cui proventi di vendita hanno aiutato alcune associazioni benefiche. E’ il caso, per esempio, del Vispa Juvenilia (Padova) nel 2015 a favore di una fondazione che si occupa dei vari aspetti dell’assistenza a bambini malati di leucemia; del Scardovari Volley (Rovigo) nel 2011 e 2012 a favore di un centro che si occupa di bambini in Costa d’Avorio; del Palermo Volley nel 2001 e 2002. Se a questi aggiungiamo gli scatti o calendari in cui, individualmente, hanno posato giocatrici di pallavolo non finiremmo più. Se poi volessimo sommare sportive e sportivi di altre discipline allora potremmo proseguire quasi all’infinito e dedurre che il sesso vende. E bene!
A queste considerazioni, all’alta moralità dei bigotti che potrebbero obiettare che, confronto alla foto dell’Altair Vicenza, i calendari o le altre pubblicazioni sono tutte iniziative concordate con il fine di finanziare enti benefici, verrebbe da rispondere perché, per fare della beneficenza, hanno bisogno di comprare e guardare un calendario, perché per mettere mano al portafoglio il loro perbenismo deve strusciare prima l’occhio su immagini un po’ solleticanti, perché per manifestare tutta la loro umana comprensione hanno bisogno di intravedere un pelo, un capezzolo, un gluteo per ricordarsi che c’è chi sta peggio.
Rimangono dall’alto della loro immacolata personalità null’altro che guardoni. Guardoni per beneficenza, direte, ma questo non vi salverà da un giudizio comunque negativo.
A tutti i benpensanti che nella foto di Vicenza hanno intravisto, da presunti bravi manager, una forma di pubblicità creativa e una abile e maliziosa mossa per la ricerca di sponsor, suggerirei di guardare le maglie utilizzate dalla squadra di calcio Fluminense de Feira (Fluzao), campionato dello Stato di Bahia, Brasile, nel match contro il Vitoria: c’è molto da imparare, osservando, in fatto di pubblicità, di marketing e di sponsor.
Le maglie, indossate in occasione di tale partita, hanno qualcosa di clamoroso per le loro particolari caratteristiche e rappresentano un inedito rispetto a quanto finora accaduto nel panorama calcistico a livello mondiale, al punto da poter dire, senza timore di smentita, che la nuova frontiera dello sponsor è stata varcata dal Fluzao quando nella maglia, al posto dei numeri regolamentari, sono apparsi i prezzi dei prodotti in offerta speciale al supermercato finanziatore della squadra a beneficio dei tifosi, nonché potenziali clienti. Una scelta unica e un po’ bizzarra che ha trasformato i calciatori in una specie di cartelloni pubblicitari in movimento con i prezzi di pizza, shampoo e altra merce e con tanto di virgole e decimali, anche se meno visibili. Così il numero 10, quello di Pelé, Platinì, Zico, Sivori, Maradona, Meazza, Baggio, Rivera, Del Piero, Zidane – tanto per citarne qualcuno – diventa 10,98 real, la moneta brasiliana e, in ogni partita, ci saranno offerte diverse anche se ciò comporterà alcune difficoltà organizzative tipo stampare e cambiare continuamente le maglie.
La foto dell’Altair, lo spazio di un momento di felicità goliardica che doveva riempire giusto la pagina di Facebook di una domenica, a confronto, è nulla: la vera strategia di visibilità e pubblicità – anche se va a scapito del calcio come lo abbiamo sempre inteso – è quella del Brasile.
Contro l’Altair Vicenza è sorto un can-can perché, al solito, non si perdona alle donne tanto di quello che si perdona, senza particolari se o ma, agli uomini. I commentatori dal tasto e dalla critica facile, in questo caso, li possiamo immaginare così, prendendo in prestito le parole di Oscar Wilde: “Un uomo che moraleggia è di solito un ipocrita, una donna che moraleggia è inevitabilmente brutta”.
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