
Le interviste superbe . SUPERBIA
Dietro la scena
In 30 Maggio 2021 da Manuela CapotomboloINTERVISTA AI PERSONAGGI DI GIORGIO BINNELLA
Giorgio Binnella reinventa i personaggi dei suoi romanzi secondo i vizi capitali. Per ogni domanda, un estratto video, e alla fine la videointervista completa.
Cerchi fra i volti quello di tua figlia, e poi chiudi gli occhi per un po’ di riposo. Che c’è, hai paura di quello che senti? Di quello che vedi? Possiedi le chiavi per aprire il cuore degli altri, e vuoi fuggire da te stesso. Ti ricordi chi eri? Uno squallido spaventapasseri, abbandonato in un angolo di campagna muta. Adesso guardati, guardati, cazzo! Sei Dio! L’hai detto tu, puoi specchiarti nell’acqua salata e vivere una pelle che non t’appartiene, puoi udire da una finestra le voci del mondo, e percepirne dolore e gioia. Sì, ti piace tutto questo, non mentire. A me puoi dirlo, che ti piace essere Dio.
(Lo spaventapasseri) Karalis, la trilogia di Cagliari, AmicoLibro, 2014
Dici che mi piace essere Dio… ma che ne sai tu di cosa significa. Ti affacci alla finestra, cammini per le vie del centro, prendi la metropolitana… e cosa vedi? Gente! Gente, tutta attorno a te, che corre, che si affanna, che si sbatte per qualcuno o qualcosa che spesso… che spesso… lo sai. Lo sapete tutti, a cosa mi riferisco. A quelle croci che vi portate sulle spalle, e le esibite come trofei, per mostrare la vostra forza, il vostro spirito di sacrificio. Ma non vi preoccupate mai della croce di chi vi sta vicino, troppo occupati a lucidare la vostra. E così, ci sono io. Che me le prendo, per alleggerirvi i passi. Questo significa essere Dio? No. La verità è che sono solo un facchino. E vi invidio. Per voi, tutti, provo una profonda invidia. Dio ha pianto per suo figlio in croce? Non lo so, forse, o forse no, che m’importa… so solo che io non sono vostro padre, ma vorrei… vorrei essere figlio, per chiudere gli occhi stretto da braccia consolatrici. voi mi date il vostro peso, ma io, a chi lo do? Ecco perché vi invidio.
Lo spaventapasseri - estratto di intervista a Giorgio Binnella
Bravo, i miei complimenti, come ti devo chiamare? Poeta, o Nobile Verrisi, o Cyrano? Chi sei? La verità è che non ti ho mai capito fino in fondo. E non mi fai compassione. Ottant’anni di vita sprecata. Hai ragione, nessuno si ricorderà di te, sei solo una memoria senza platea, hai vissuto a dispetto di Tore, del maestro, di Maria, nella stessa piazza, nella stessa città. E mi chiedo se tu abbia mai amato davvero. Giulia è stata solo un pretesto, per non morire come gli altri, non è così? Perché di coraggio, tu non ne hai mai avuto.
(Nobile Verrisi) Karalis, la trilogia di Cagliari, AmicoLibro, 2014
Coraggio… coraggio è una bella parola, ma niente di più. Ci hai fatto caso che, di solito, i coraggiosi muoiono prima degli altri? E io non volevo morire. Ho visto Tore sparire fra le onde quando aveva solo tredici anni. Lui è stato coraggioso, un ebreo coraggioso… ma io sono qui, e di lui non si ricorda più nessuno. Il maestro, il mio vero padre, è scappato per non essere catturato dai fascisti, chissà, magari vive ancora, e si è fatto una nuova famiglia. Ecco, io ho ripreso da lui. Sono sopravvissuto alle bombe, non basta? E Giulia è stato il mio unico amore. Potrai non credermi, in fondo, avevo solo dodici anni, ma non importa. Avrei potuto raggiungerla in Argentina, ma è vero, non ho avuto il coraggio. Però, poi, lei è tornata. Quindi, vedi? I coraggiosi agiscono e muoiono, i vigliacchi aspettano. Alla fine, a me è andata bene. E se non si ricorderanno di me, forse, è anche meglio, tanto, Nobile, il nome che piaceva a mia madre, non mi si addice per niente.
Nobile Verrisi - estratto di intervista a Giorgio Binnella
Barbara si fidava di te. Le hai fatto una promessa. Farla volare. Bastardo. Bastardo. Sì, ci sei riuscito. A farla volare. E ora il suo sorriso non è più lo stesso. Barbara ti amava. E ha scelto un carnevale per gettarsi dal Bastione. Uno scherzo. Un folle gesto. Così è volata, proprio come le dicevi. Peccato che non aveva le ali. Barbara ti amava. Per colpa tua è morta.
(Orazio) Karalis, la trilogia di Cagliari, AmicoLibro, 2014
Barbara era giovane, bella, senza esperienza e, hai ragione, si fidava di me. Perché era innamorata. Io ero l’esatto contrario e, soprattutto, avevo esperienza. È questa la differenza, cara mia, fra il sopravvivere e il soccombere a quel sentimento sopravvalutato che chiamate Amore. Non l’amavo, lo ammetto, e volevo solo il suo corpo, perché, cazzo, se aveva un bel corpo! E, comunque, non le ho mai mentito. Era lei a sperare che fossi solo suo. Io non gliel’ho mai promesso. E, se vuoi proprio saperlo, cara mia, sul sesso non le ho dovuto insegnare niente, quindi, non venire a farmi la morale. Si è uccisa, e mi dispiace, perché una come lei, avrebbe potuto soddisfarne molti.
Orazio - estratto di intervista a Giorgio Binnella
Basta davvero un uomo nudo, caro Giorgio, per ritrovare la fede? Basta che appaia un tizio senza mutande a sistemare, una volta per tutte, fantasmi taciuti? Fottuto genio, rinvangare silenzi che durano “il tempo delle cicale” non è affare da poco. Ma a te, caro scrittore, l’uomo nudo cos’ha lasciato?
Come le cicale, AmicoLibro, 2018
Vuoi sapere cosa mi è rimasto dopo aver terminato “Come le cicale”? Il senso di soddisfazione e appagamento per aver mostrato il silenzio nelle sue molteplici forme. Il silenzio è assenza di suono, la parola è suono, il silenzio è assenza di parola. Sono riuscito a costruire un castello di parole attorno alla loro negazione. È stata una sfida. Come è stata una sfida far ruotare le storie dei tre protagonisti attorno a un personaggio che è la negazione dei personaggi tradizionali da romanzo. È nudo, immobile e muto durante tutto l’arco narrativo, eppure tutti i lettori e le lettrici che mi hanno scritto, mi chiedevano come avrebbero potuto incontrare l’uomo nudo, trarre insegnamento da lui. Cosa m’ha lasciato, mi chiedi, tutto questo? La convinzione che le parole sono maschere e i silenzi verità. E la verità va oltre ogni fede e ogni filosofia. E, malgrado sappia che la verità si trova nel silenzio, continuo a prendermi gioco dei lettori, giocando con le menzogne intrinseche nelle parole.
Giorgio scrittore - estratto di intervista a Giorgio Binnella
Bianca Cardon. Non male per essere la bibliotecaria di un paesino di montagna. E questa storia sappiamo tutti che non è la tua, però hai deciso di entrarci con tutte le scarpe. Allora, chi cazzo ti credi di essere? Illusa-Bovary. Come hai detto a Paride? Che Giacomo è il tuo biglietto per la città. Vai a teatro, visiti musei, indossi abiti di moda. E soprattutto sei sposata con un uomo che non ami. Beh, cara mia, nella storia, hai vinto tu. Per questo sei una stronza che mi è rimasta nel cuore. Eppure, eppure, c’è il solito tafano che punge. Vedi, sono sicura che nel silenzio di una città che dorme, dopo che Giacomo ha fatto i suoi comodi, ti giri dall’altra parte del letto. E lo sguardo cade sul comodino dove c’è quel romanzo di Hemingway. E allora pensi a lui. Paride ti manca. Non è così?
(Bianca) Hemingway non verrà, AmicoLibro, 2015
Chi sei tu, per giudicarmi? Lo sai cosa significa avere le scarpe sempre sporche di fango? E camminare con gli sguardi che ti squadrano di quattro montanari che non sanno fare nemmeno la loro firma? Quell’anno, a San Remo, Domenico Modugno cantò Volare. Ecco, io volevo volare. E Paride era un caro ragazzo. Forse, se non avessi sentito quella canzone, mi sarei accontentata della sua tenerezza, del suo calore, della sua innocenza… ma con Giacomo avrei vissuto in città, avrei portato finalmente le scarpe con i tacchi e il rossetto, sarei andata al teatro, avrei frequentato locali alla moda e, viaggiato, avrei visto, finalmente, Parigi, Londra, Amsterdam…. È vero, Paride lo amo ancora, e ogni tanto lo penso, e so che anche lui mi ama, ma a volte l’amore non basta. La vita non somiglia mai alle favole, quindi, non giudicarmi, se per vivere felice e contenta ho rinunciato a lui. Tu, al posto mio, avresti fatto lo stesso.
Bianca - estratto di intervista a Giorgio Binnella
Caro Conte, veniamo a te. E parlo di lei, di Clorinda, la dolce e ingenua Clorinda. Hai tirato troppo la corda. Troppo. Davvero credevi di poterla portare al guinzaglio, proprio come un cagnolino? Possesso. Possesso. Solo possesso. Ma come biasimarti? Uno come te, abituato alle fragole in inverno, e alla carne fresca tutto l’anno. I miei complimenti per il figlio di puttana che sei. Come ti difendi, ora?
(Il conte) Le ombre dentro, Efesto, 2020
Difendermi? E perché dovrei difendermi? Ma tu, lo sai chi sono? Io sono il padrone di ogni mattone che regge tutte le case di questo borgo. Io sono il padrone di ogni pugno di terra edificata, e di quella coltivata, anche di quella incolta, e dei boschi fino ai piedi della montagna. Io sono il padrone di tutta la gente che ci vive e dei loro animali. Qui, tutto esiste grazie a me, tutto si muove perché io lo voglio. E quell’essere insignificante, quel Carlo Novellino, che mi riempie la testa con Freud e la sua psicoanalisi. Che dice che può scacciare i fantasmi dalla mente della mia Clorinda con la sua macchina orgonica… mi aveva quasi fregato, lo ammetto. Ma non aveva capito che anche Clorinda era una mia proprietà. E, poiché era mia, ne potevo disporre come volevo. L’ho portata in casa mia, l’ho vestita, l’ho trattata come una del mio rango, e dov’è la riconoscenza? Dov’è il rispetto che merito? Dov’è la devozione che una sposa è obbligata a mostrare al suo sposo? Difendermi, io? Stai attenta a quello che dici… io sono il Conte.
Il conte - estratto di intervista a Giorgio Binnella
Clorinda, stupida ingenua. Troppo. Davvero troppo. La colpa è anche tua. Te la sei cercata. Dirai che eri giovane, che non sapevi proprio come fare. Che eri disperata. Eppure ti piaceva l’idea di diventare la moglie di un conte. Non è così? La vita agiata e uno specchio d’argento per contemplare il tuo incarnato. Però non avevi fatto i conti con il resto. Il pensiero che ti premeva sulle tempie dopo lo schifo che provavi a letto. L’amore non poteva essere solo questo. Vero?
(Clorinda) Le ombre dentro, Efesto, 2020
È vero, sono stata stupida e ingenua, ma ero giovane, senza esperienza, non avevo ancora conosciuto l’amore, non ero mai stata fra le braccia di un uomo. E non avevo più niente, né genitori, né la casa, né il mio coniglietto. È arrivato il Conte, che aveva tutto, mi ha preso la mano e mi portato a casa sua. Dormivo fra lenzuola di seta, mangiavo con le forchette d’argento… c’era un camino in ogni stanza, sempre acceso, e non pativo più il freddo. E poi, le feste nel grande salone degli arazzi, la musica, i balli… e davvero non lo sapevo che l’amore non era quello. Finché non ho conosciuto Marzio, e allora ho capito che quell’enorme casa, in realtà, era una prigione, e il Conte il mio carceriere, il boia che mi uccideva ogni notte che mi possedeva. Morivo, giacendo con lui, e rinascevo, pensando a Marzio. Se il destino non m’avesse privato di tutto quando ero ancora piccola, se avessi avuto la possibilità di conoscere l’amore prima di conoscere il Conte, non sarei mai diventata una sua proprietà.
Clorinda - estratto di intervista a Giorgio Binnella
Giorgio Binnella è scrittore, docente di scrittura all’Accademia d’Arte di Cagliari e presidente di Creative Writers Italia.
Ha pubblicato: Karalis, la trilogia di Cagliari, AmicoLibro, 2014; Hemingway non verrà, AmicoLibro, 2015; Come le cicale, AmicoLibro, 2018; Le ombre dentro, Efesto, 2020.
La videointervista completa…
Le Interviste Superbe: Giorgio Binnella
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