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Solos, tra ricordi, il tempo e le nostre paure.
In 5 Luglio 2021 da Fabio MuzzioSolos è una serie tv da inserire nel genere distopico, per ora strutturata su una sola stagione, che curiosamente unisce due aspetti di Seven: da una parte il tema che ci siamo dati nell’estate del 2021, il tempo, e dall’altro il numero sette che ci contraddistingue e rappresenta il numero di episodi.
Premessa: vi avrei parlato di Solos indipendentemente da quanto descritto fino a ora. E poi: se incrociate questo post in un’altra stagione, in un altro anno oppure avete un rapporto conflittuale con il numero sette, non badateci e proseguite pure, perché questa produzione merita di essere vista per diverse ragioni.
Ogni episodio, titolato con il nome del protagonista, racchiude un’intensità dovuta anche a una durata più breve rispetto al solito: concentra tra i venti e i ventisette minuti (sigla esclusa) ciò che vuole raccontarci.
In Solos ci troverete, con una trasposizione nel futuro, senza che questo sia fantascientifico ma, al contrario evoluzione tecnologica di quanto è il nostro vissuto attuale, il tema dei ricordi, della malattia, dei rimpianti e degli errori, della morte e del distacco, in sostanza ciò che siamo stati, ciò che siamo e cosa saremo. Vi butto lì qualche indizio e potreste esserne intrigati e sicuramente arriverete a riflettere sulle situazioni come la perdita di memoria e le sue dolorose conseguenze, oppure il duro confronto con la pandemia che ha contraddistinto l’inizio di questo decennio: non si parla di Covid19 ma di un virus che porta la protagonista della puntata ad avere paura di uscire dal rifugio che si è scelta e costruita tutto attorno. Si badi, però, non ci si deve fermare alla considerazione della difficoltà di attraversare una porta fisica ma, peggio ancora, quella interiore con cui tornare alla vita “normale”, perché l’isolamento e la paura di ciò che c’è fuori è una paura che può esserci soprattutto dentro di noi e che diviene mal di vivere.
Passiamo al cast: non fatevi ingannare dai mostri sacri Morgan Freeman (Stuart), che è pure la voce narrante (nella versione originale e anche doppiata nella versione italiana dal grande Michele Gammino), Hellen Mirren (Peg) o la più giovane ma talentuosa e affermata Anne Hattaway nel triplo ruolo di Leah, perché anche gli altri interpreti, meno conosciuti, vi incolleranno davanti allo schermo che avrete scelto per la visione: Anthony Mackie è Tom, Uzo Aduba è Sasha, Constance Wu è Jenny, Nicole Beharie è Nera e Dan Stevens (Otto) co-protagonista dell’ultimo episodio con Freeman.
Non amo, lo sapete, raccontarvi troppo, provo sempre a incuriosirvi, più che a raccontare, darvi qualche spunto e non snocciolare la sinossi privandovi dell’effetto sorpresa: posso aggiungere che Solos ha diversi punti di contatto con Black Mirror.
I sette episodi, come detto, hanno come collante la voce narrante e troverete punti di contatto anche tra i personaggi, che si confrontano o in monologhi oppure in dialoghi serrati. Se amate questa struttura narrativa, molto teatrale, la guarderete con grande coinvolgimento e intensità. Vi colpirà sia la bravura degli interpreti che il contenuto, crudo e talvolta crudele, come può essere la nostra vita quando non concede sconti: chi ha maggiore confidenza con la lingua originale potrà apprezzare l’interpretazione non mediata dal doppiaggio che comunque nulla toglie alle diverse performance nel solco della nostra magnifica scuola.
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