Ho sempre affrontato un viaggio come incontro, conoscenza e confronto, considerandomi sempre un ospite rispettoso. I viaggi non sono solo quelli con uno zaino o una comoda valigia per ascoltare una lingua diversa dalla propria, esistono anche altri luoghi, quelli per ritrovare se stessi o comprendere gli altri eliminando pregiudizi; o, ancora quelli necessari per allontanare i demoni che tormentano il nostro vissuto.
Ethos – Bir Başkadır, 2020 (fonte YouTube)
Ho incrociato la serie TV Ethos, in originale Bir Başkadır, per caso, consigliata in post di un contatto Social. È stato un incontro più che felice.
L’ho guardata da ospite. In punta di piedi. Tutta di un fiato.
Si tratta di una produzione originale turca, che racconta un Paese in genere poco o diversamente conosciuto e ci ho ritrovato quanto vi ho scritto nella premessa. Già il significato racchiuso nel titolo riporta al vivere, al modo di essere o di “stare altrove” e nel corso degli otto episodi incontriamo numerosi personaggi e altrettante personalità, che in un anno fanno i conti con se stessi e affrontano, superano o si scontrano con la loro vita fino a quel momento.
Ethos – Bir Başkadır, 2020 (fonte YouTube)
Sapete che tendo a non spoilerare troppo, considerando questo spazio un invito, una riflessione per ricreare le suggestioni che ho provato e vi restituisco con la tastiera. Intanto di questa narrazione corale mi hanno colpito tre cose: la prima è la forte impronta femminile della storia, perché l’Istanbul, sospesa tra ultimo pezzetto di Europa e l’immensa Asia, riporta soprattutto vicende delle donne estremamente laiche fino all’intransigenza, a quelle della più alta religiosità nel seguire i dettami dell’Islam, qui probabilmente nella sua interpretazione alevista. All’attrice protagonista della soap così popolare, che tutti guardano seduti sul divano indipendentemente dall’estrazione sociale, e che degusta cocktail con l’amica dottoressa nel locale alla moda, si contrappone la domestica con il velo alla quale viene diagnosticata la conversione isterica e ha bisogno di capire il motivo degli svenimenti improvvisi ed è sospesa tra la seduta dalla psichiatra ai confronti con l’Hoca, l’autorità religiosa, che per ruolo ha sempre buone risposte e incarna il punto di riferimento della comunità ma senza quella valenza scientifica che impone la modernità; la seconda è stata la fotografia, che supporta una narrazione lenta, con immagini che spesso si fermano e rimangono sospese come se fossero dei quadri oppure delle perfette istantanee; la terza è la scelta musicale, in particolare quella con cui si concludono le singole puntate, che ripescano melodie tratte da compositori e colonne sonore di film francesi, con in comune storie d’amore tormentate, quelle che poi si proiettano nelle vicende di Ethos. Le scelte sono delle vere chicche composte, tra gli altri, da Jean Musy, Francis Lai, Franck Pourcel, Philippe Sarde o il nostro Stelvio Cipriani (Anonimo veneziano rimane forse la sua melodia più conosciuta ma qui non inserita), che rimandano al messaggio da una parte universale del sentimento tormentato, un altro ponte tra due culture che si incontrano anche grazie ai video dei titoli di coda, dove l’interprete più rilevante è il compositore e cantante turco Ferdi Özbeğen e le sue canzoni così popolari in Patria.
Ethos – Bir Başkadır, 2020 (fonte YouTube)
Che siano gli occhi azzurri silenziosi e curiosi di Meryem, quelli scuri e spontanei di Melisa, quelli sempre scuri e tormentati di Peryn o di Ruhiye, persa in se stessa e in un dolore opprimente, quelli chiari dei tanti ascolti professionali e tolleranti di Gülbin o, ancora, quelli sempre azzurri di Hayrünnisa dal segreto e del sogno che sta altrove e si sente se stessa quando indossa le cuffie per ascoltare la musica straniera, tutti scrutano il loro mondo volendone un altro essendo il proprio scelto da altri. Gli uomini, invece, subiscono maggiormente la vita, malgrado seppur forti della loro superiorità patriarcale se vivono in contesti rurali: l’apparente superficiale Sinan, dalla casa dal perfetto design cittadino, che non ama nessuno e si preoccupa solo che la donna di turno si fermi per la notte, o la rabbia di Yasin, che impreca contro il mondo e si sente impotente di fronte alla moglie “La mia promessa te l’ho fatta sette anni fa e negli ultimi due ti sei persa“, perché incapace di guarirla dal male che si porta dentro e non si rende di non poter essere lui a farlo. Oppure Ali Sadi, l’Hoca, che dispensa consigli e a un certo punto si sentirà perso cercando a propria volta risposte. O ancora Hilmi, colto e logorroico, che non riesce a dire alla sua innamorata cosa provi per lei e lo delega timidamente al dono di un cioccolatino perfettamente confezionato.
Ethos – Bir Başkadır, 2020 (fonte YouTube)
Ethos è delicata e malinconica, contraddistinta dalla solitudine e dalla ritualità dei gesti, che si ripetono in azioni sempre uguali e ci induce a guardare il mondo che racconta con la voglia di capire di come sia fondamentale capire prima se stessi degli altri. In sostanza è come essere circondati da una melodia di mondi che si incontrano e si incrociano ma non in sintonia fra loro, perché tutti guardano in direzioni diverse prigionieri del loro destino. Alla fine, però, il cerchio si chiude, perché il punto di arrivo è in realtà un nuovo punto di partenza talvolta inaspettato ed è solo il viaggio compiuto a concedercelo.
Ethos – Bir Başkadır, 2020 (fonte YouTube)
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