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Shannara – quando la narrazione è da carcere
In 1 Febbraio 2016 da Francesca ChiarelloDi solito mi basta sentire qualcuno associare le parole produzione e Mtv per darmi alla fuga. Inizio a correre così veloce da superare persino Bolt – e per una che correrebbe solo se inseguita da una dozzina di cecchini è notevole.
Questa volta no, nonostante il primo shock mi sono decisa: da Shannara non scappo.
Alfred Gough, Miles Millar e Terry Brooks sono tre nomi che, presi tutti insieme, mi hanno fatto pensare ad un mix eccezionale. I primi due sono i papà di Smallville, serie che mi ha accompagnata per gran parte della mia adolescenza e che mi ha fatto appassionare a Superman (o all’attore, così pensa ancora la me quindicenne e i suoi ormoni in tumulto), ora neo genitori di Shannara. Terry Brooks, invece…
E chi non conosce Brooks? Al momento è un arzillo settantaduenne che quando io ancora non potevo neppure essere un pensiero, ha iniziato a scrivere una serie di romanzi fantasy composta da 25 libri. I cicli di Shannara hanno preso vita nel 1977 e la penna dello scrittore statunitense non si è fermata fino al 2014. I libri parlano di un futuro ipotetico, qualche migliaia di anni lontano da noi, dove gli umani sono in minoranza e si sono sviluppate altre specie – bene o male le stesse che vediamo anche ne Il Signore degli Anelli. Il filo conduttore di tutti i libri sono le vicende della famiglia Ohmsford eredi delle stirpe reale elfica dei Shannara.
La serie tv di Mtv liberamente – molto liberamente – tratta dai libri narrerebbe la storia dei tre protagonisti presenti ne Le Pietre Magiche di Shannara. Will, Amberle ed Eretria devono salvare l’Eterea, la pianta che imprigiona tutti i demoni, dall’appassire. Pena: la morte dell’umanità.
No, non è una serie sul giardinaggio. Anche se forse sarebbe stato meglio e mi sarei ricordata di innaffiare la mia povere orchidea.
La serie conterà dieci episodi, da 45′ l’uno, girati in Nuova Zelanda. Troppo pochi per sviluppare al meglio la narrazione, dare le giuste basi e far capire i rapporti che intercorrono tra i personaggi.
Perchè, diciamola tutta, le grandi promesse fatte all’inizio di portare sul piccolo schermo una produzione da maxi sono state deluse già dalla prima ripresa. Se i registi volevano creare effetti speciali mai visti, di gran lunga superiori a quelli de Il Signore degli Anelli ed Harry Potter, dovrebbero fare i conti con chi si occupa del rendering. A mio parere fin troppo low cost, low budget, stile schizzo da bambini che per la prima volta cercano di disegnare il mostro sotto il letto.
E la sigla? Perchè a volte è anche quella un biglietto da visita. In questo caso rosa, fucsia e azzurra, molto pulp. Non facilmente associabile ad una serie che parla di demoni.
Per non parlare dei rapporti tra i tre ragazzi e le loro caratteristiche. Brooks parte dalla considerazione che le donne sono potenti ed intelligenti, la serie dal fatto che per essere tali bisogna ricorrere a mezzucci medievali. Per essere proprio acida, direi che le due protagoniste sono diventate due gatte morte. Eroine de-eroinizzate da una recitazione acerba e da un doppiaggio in italiano – soprattutto per quanto riguarda Eretria, l’umana nomade – che a tratti assomiglia a quello dei vecchi film di serie C. Non che l’originale sia meglio.
Mtv aveva in mano una bomba e come al solito non è riuscita a farla espodere nel modo corretto. I libri di Brooks sono statti letti anche da mia zia sessant’enne, Mtv è un canale dal target molto giovane, il fantasy è un genere che non muore mai; poteva essere una serie che se fatta bene avrebbe unito almeno tre generazioni, invece…
Invece di generazione ne ha colpita solo una, quella del Jersey Shore.
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