GOLA . RicetteColte
La coda alla vaccinara dei venditori di tessuti
In 6 Marzo 2024 da Fabio MuzzioMa non fare l’inglese, la coda si mangia con le mani!
Il Commendator Maghetti al Dottor Valletti mentre Raimondi chiede aiuto economico agli amici.
Diretto da Luigi Zampa nel 1958, Ladro lui, ladro lei è uno dei cinque film nei quali il grande regista ha diretto Alberto Sordi, dopo L’arte di arrangiarsi del 1954, Il vigile del 1960, Il medico della mutua del 1968 e Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata del 1979, anno in cui ha chiuso una carriera iniziata nel 1933 con Letti selvaggi. Zampa ha attraversato quattro decenni del nostro cinema e la sua presenza dietro la macchina da presa è diventata feconda a partire degli anni Quaranta, dirigendo altri diversi grandi del nostro cinema di quel periodo, Da Totò ad Anna Magnani, da Gina Lollobrigida ad Aldo Fabrizi, da Nino Manfredi a Claudia Cardinale.
Tra le altre cose, piccola curiosità, dopo Ladro lui, ladro lei, Alberto Sordi, Marisa Merlini, Silva Koscina e Mario Riva, torneranno nel cast de Il Vigile: Koscina e Riva interpreteranno se stessi, la prima in quanto attrice famosa rimasta in panne ospite, il secondo in quanto presentatore di una delle trasmissioni più popolari della TV italiana, Il Musichiere.
Ladro lui, ladro lei ci riporta alla Roma delle periferie spesso raccontata per i vivaci personaggi che la animano, spesso ritratti come dediti alle truffe, ai furti e abituati a entrare e uscire da Ragina Coeli, come Ettore Bevilacqua (detto Cencio) vicino di pianerottolo di Cesira, ragazza avvenente e dai modi gentili, della quale è innamorato.
Non mi soffermo tanto sulla trama quanto su alcuni aspetti, come le molestie sul lavoro, Cesira infatti è una commessa di negozio, in particolare di tessuti, che viene regolarmente licenziata perché i proprietari hanno la tendenza ad allungare le mani: la donna diventa vittima del Commendator Cestelli (Mario Carotenuto), del dottor Valletti (Alberto Bonucci), del Commendator Maghetti (Mario Riva) e di Raimondi (Ettore Manni). Tutti subiranno un ricatto da parte di Cencio, complice Cesira, ma uno farà breccia nel cuore della bella “ladra”: Raimondi, commerciante troppo generoso e con poco senso degli affari che rischia di fallire.
In un dialogo tra Raimondi e Cesira, pentita di aver tentato di raggirarlo e che si sente, invece, la proposta di matrimonio, c’è il passaggio amaro della vita di periferia dove le donne si sposano, rimangono a casa con i figli e subiscono violenze domestiche.
Il calcio non può mancare e i nostri quattro commercianti di tessuti si ritrovano a guardare un derby Roma-Lazio che finisce molto male per i colori biancazzurri e per il tifoso Raimondi al quale non resta che mettersi in mutande, a sottolineare un’epoca molto diversa per l’approccio al tifo sportivo e alle penitenze subite in caso di sconfitta.
E tra la casa di ringhiera, dove si guardano i treni passare e si sogna di andarsene da quel mondo, la tributaria che punisce gli evasori, mannequin disponibili a inviti a cena e poi si vedrà e il destino di chi è figlio di ladro, nipote e pronipote di ladro, il film rimane una commedia godibile, con il memorabile passaggio di Sordi finto Monsignore che dalla finestra della biblioteca di un palazzo del Vaticano, in attesa di truffare Raimondi con la complicità di Cesira e Marialele (Marisa Merlini) vuole allontanare due giovani che in lambretta girano intorno a Cesira evidenziando il fastidioso “pappagallismo”.
E la ricetta? In trattoria i nostri commercianti rinnovano il rito della loro amicizia mangiando coda alla vaccinara: Raimondi cerca, senza ottenerlo, aiuto per la sua situazione economica fallimentare e dalla delusione per l’atteggiamento degli amici ha la consapevolezza che Cesira è il suo futuro sia personale sia professionale.
Ingredienti per 4 persone
- Coda di manzo (1,2 kg circa)
- Pomodori pelati 400g
- Lardo 50g
- Carota 1
- Sedano 1/2 gamba
- Aglio spicchi 2
- Cipolla 1
- Vino bianco bicchiere1
- Olio E.V.O.
- Sale
Questo piatto è tipico della cucina romana e appartiene storicamente a quella povera che nel tempo viene rivalutata, magari anche rielaborata, divenendo piatto tipico della tradizione.
A proposito di Roma abbiamo già visto Alberto Sordi, che porta in una bettola l’ospite Olimpia che da francese non ha mai mangiato la pajata mentre Bradley Cooper, nei panni di Adam Jones, in quel di Londra apprezza la cacio e pepe preparata dalla talentuosa Sienna Miller, Helene, che diventerà la sua sous-chef.
La coda viene classificata come una delle parti del cosiddetto “quinto quarto” la parte meno pregiata della macellazione e che in altre epoche storiche rappresentava anche un’aggiunta della paga per i lavoratori dei macelli.
Le ricette sono diverse e differiscono spesso in pochissimi ingredienti, complici la fantasia e il tempo che rivede i sapori e nel caso della coda alla vaccinara, per esempio, esiste una versione nella quale la salsa contempla che accompagna e insaporisce la carne anche l’uvetta, i pinoli e il cacao.
Muovendomi tra le diverse fonti, dai preziosi libri cartacei ai portali web, vi propongo questa versione, che mi sembra anche quella più simile consumata dai nostri protagonisti.
La coda da utilizzare può essere quella di manzo, di bue o di vitello che dovrai tagliare in corrispondenza in corrispondenza delle giunture: utilizza un coltello appuntito e robusto, altrimenti puoi chiedere al macellaio di fiducia di agevolarti in questa operazione.
Se hai deciso, complice la stagione favorevole, di utilizzare i pomodori freschi, maturi e dal profumo inconfondibile li dovrai scottare affinche tu li possa spellare, togliere i semi e far in modo che si sfaldino durante la cottura. Se, invece, scegli quelli in scatola ridurrai i tempi per la preparazione.
Prepara il trito di aglio, privato dell’anima interna, della cipolla, della carota e del sedano ridotti a tocchetti.
In una casseruola capiente versa un giro di olio E.V.O, non hai bisogno di esagerare perché aggiungerai anche il lardo (in alternativa della pancetta dolce) e fai soffriggere il tuo trito a fiamma dolce affinché non bruci. Quando cominci a sentire il profumo inconfondibile aggiungi il lardo e lascialo sciogliere; una volta che l’operazione sarà ultimata adagia sul fondo la coda tagliata a pezzi: girala qualche volta perché inizi a insaporirisi e a predere colore. Alza la fiamma e aggiungi il bicchiere di vino che aggiungerà sapore; quando la parte alcolica sarà evaporata è arrivato il momento dei pomodori. Schiacciali così possano rilasciare l’acqua contenuta nella polpa, aggiusta di sale, mescola sempre con il cucchiaio di legno e abbassa la fiamma.
La coda deve cuocere almeno almeno un paio di ore, perché la carne deve staccarsi facilmente dall’osso senza che si indurisca.
Se il sughetto si dovesse asciugare aggiungi un po’ di acqua tiepida, in alternativa puoi utilizzare anche del brodo di carne.
La coda alla vaccinara va servita calda tuttavia, come abbiamo visto i nostri commercianti di tessuti la mangiano con le mani, possibile quando diventa tiepida. Non voglio portarti a presunte cattive maniere ma rinunciare alle posate riporta alle suggestioni di un’epoca più povera e genuina che ci ha tramandato queste ricette che aiutavano non poco i ceti meno abbienti rispetto alle classi agiate che potevano consumare le parti cosiddette “nobili”.
(ADV)
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