Le opinioni superbe . SUPERBIA
I sette personaggi (al maschile) del cinema
In 6 Agosto 2020 da Fabio MuzzioPensi al cinema e ai primi sette protagonisti memorabili che ti ricordi: i miei, eccoli qui.
Michael Corleone: avete presente l’insospettabile, quello che apparentemente non si interessa degli affari della famiglia, ne rifugge e rappresenta l’alternativo alla vicenda? Eccolo, è Michael Corleone, il fratello piccolo, il più indifeso, quello che il padre vorrebbe vedere altrove e poi si dimostra essere il vero erede: spietato, cinico, dall’intelligenza raffinata e criminale, al quale ogni tanto scappa “Gli faremo un’offerta che non potrà rifiutare“. L’outsider che viene sottovalutato e non ti sei reso conto che ti ha già fregato: una figura sempre attuale e diffusa in molti campi ovviamente agli occhi di chi vuol vedere e ha l’arguzia per capire.
Il Dottore: il tipico uomo forte con i deboli e debole con i forti, a cui basta poco per metterlo in difficoltà se non in fuga. Sfida il potere sapendo di godere dell’impunità vessando e punendo gli onesti. Una sorta di idolo delle masse, che adorano i vigliacchi che raggiungono il vertice dal quale esercitare il loro ruolo non virtù dell’autorità ma dell’autoritarismo consentito fino a quando non viene il momento di abbatterli per il sopraggiungere di quello nuovo. Ne abbiamo visti? Ne vedremo ancora? A voi la scontata risposta.
Joe: la prima battuta che ti viene in mente, per questo pistolero che arriva a San Miguel e semina zizzania tra due famiglie precisando subito “I Baxter da una parte, i Rojo dall’altra … e io nel mezzo”, è sempre quella del fucile, della pistola e degli uomini che si incontrano impugnando chi l’uno e chi l’altra. Quella arcinota è pure “Al cuore Ramon” che il timbro di Enrico Maria Salerno infonde una carica che va oltre alla dinamite esplosa poco prima. Io prediligo invece un’altra perla di saggezza: “Decido io quando cambio idea“. C’è racchiusa l’esistenza e non solo quella sulla sella e pistola nella fondina. Alla fine, guadagnando di qua, guadagnando di là ripulisce il paese dai due clan, libera la bella che può scappare con marito e figlio con il gruzzolo generosamente offerto, le busca secche ma trionfa. Forse, per utilizzare un’espressione volgare ma evocativa, lo si potrebbe definire il paraculo dal cuore d’oro.
Rhett Butler: il baffetto del bastardo con il sorriso scaltro, che tra una bevuta e una visita al bordello porta avanti i propri affari. Si confronta con una donna che gli somiglia anche troppo cercando inutilmente di domarla ai propri voleri più per il gusto di una scommessa personale che per reale convinzione. Le cede ogni volta che chiede aiuto ma con la consapevolezza di farlo e illudendola di essere stato raggirato. Lo si potrebbe definire il piacione che alla fine si stanca: chi non vorrebbe almeno una volta nella vita esclamare Francamente me ne infischio. Certo, nel 1939 non si potevano utilizzare espressioni maggiormente colorite, ma l’efficacia e l’eleganza ultimativa di quella frase la pone sempre nell’Olimpo delle risposte da applauso a scena aperta.
Biagio, il vagabondo: la vita libera e randagia è poi così bella? Non è che alla fine se arriva l’occasione, e che occasione, la si deve cogliere e cambiare vita? Certo se ne diamo una lettura negativa il nostro Biagio potrebbe passare pure per un furbacchione dalle mille cagnette conquistate, uno che attacca le orecchie, pardon il cappello; in realtà non è così in quanto l’amore vero cambia il destino ed esce tutto il cuore d’oro di chi deve arrangiarsi ogni giorno tra mille pericoli: in fondo, in quella polpetta generosamente offerta, non c’è solo l’amore ma l’altruismo di chi conosce la fame. E quel bacio al termine dello spaghetto non ha commosso generazioni di romantici?
Michele Apicella: il mondo cambia e adattarsi a esso non è certo facile; la metafora di una palombella che, dalla palla gialla delle piscina diventa l’ideologia rossa della politica, racconta in modo premonitore l’evoluzione di un mondo e il suo (probabile) fallimento. Chi sono io, chi ci faccio qui mentre tutti cercano di spiegartelo non può che indurre a una reazione: la fuga. A tutti nella vita è capitato di porsi il quesito e di avere pure qualcuno che continuasse a urlare “Marca Budavari” al quale avremmo voluto tappare la bocca consci che “Le parole sono importanti” e, in fondo, “Siamo uguali ma siamo diversi“.
Renato Baldi: quale sia stato il suo vizietto, molto estemporaneo, lo si capisce dopo ma risulta essere: impareggiabile padrone di casa, sapiente gestore di locale e maestro di raffinatezza. Non è trascurabile il fatto che per lui l’Esprit de l’escalier non valga avendo sempre una risposta efficace, se non ultimativa, sorretta dalla sottolineatura della mimica facciale che evidenzia una comunicazione non verbale di tutto rispetto. Del resto come riuscire a rimanere calmi e compassati in una “Cage aux folles”? Sfido poi chiunque a non aver esclamato la frase “Certo che voi francesi fate un caffé di merda” declinato in ogni dove non vi fosse l’amata moka italiana.
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