Le opinioni superbe . SUPERBIA
I sette personaggi parigini
In 28 Marzo 2021 da Fabio MuzzioRagatta madre, raffinata, dolce e snob: Duchessa è risaputo che viva negli agi parigini con i tre figli Minou, Matisse e Bizet. Per lei e la prole si complica tutto quando c’è odor di eredità ma le vien in soccorso ragatto randagio e dal cuore d’oro, che non esita a prendere in mano la situazione, conducendo i pargoli e la miciona, con cui appena può attorciglia la coda, sulla strada del ritorno a casa. Niente esclude che l’irlandese Romeo (diventato romano nella versione italiana con la voce di Renzo Montagnani) fiuti l’affare e trovare quindi quel che in fondo persino le vibrisse più scontrose desiderano: una casa. Tralasciando le polemiche per il siamese che con quegli occhi poteva far tacciare il film di razzismo (non mi sovviene nemmeno oggi a distanza di oltre quarant’anni dalla prima volta che ho visto questo capolavoro) rimane che Duchessa sia sempre fuori dall’azione quando c’è rissa: ma erano altri tempi, oggi sarebbe la prima a unghiare il primo cane a passarle davanti ed ad attorcigliare la coda con il rude ragattone di turno preferibile a un felino più fighetto.
Il talentuoso che si scontra con le tradizioni e l’apparente destino che non concede sconti: Rémy. Cosa potrà mai fare una pantegana fognaria, altro che dolce topolino, con olfatto e gusti raffinati? Il gioco del sovvertire le regole e la riflessione sulla diversità vengono qui declinati con teatro il ristorante Gusteau’s, dove il tontolone Alfredo diventa l’amico a cui delegare la propria abilità tra i fornelli. Certo, l’amore per la cucina e quello di Alfredo per Colette, si saldano in una storia, nella quale si ritrovano tutti gli scenari parigini, anche quella sotterranea, non inserita nei soliti tour turistici. La morale seppur topesca rimane quella di un bell’insegnamento di vita: credere di potercela fare sempre quando si persevera ad ascoltare se stessi contro tutto e tutti e, come in questo caso, far superare i pregiudizi.
Vai in Inghilterra, praticamente ancora la patria di tutti gli sport sull’erba, con tuo padre: vedi giocare a tennis e decidi di imparare. Il talento non è forse da top player, come si direbbe oggi, ma la forza e la determinazione ti ci fanno diventare: sei uno dei “quattro moschettieri di Francia”, Le Cocodrile, e arrivano le grandi vittorie: René Lacoste si è aggiudicato tre dei quattro grandi tornei del grande Slam, mancando quello australiano, paese dal quale non è nemmeno mai tornato con l’insalatiera (alzata comunque due volte), ma con la borsa di coccodrillo che gli piaceva tanto, promessa in caso di vittoria dei singolari contro i padroni di casa. Il passo per soprannominarlo così è stato breve.
A quel punto che fai: perché non inventarsi una linea di abbigliamento? E perché non piazzare nel lato sinistro, più o meno la zona del cuore, quel rettile tutto ricamato e colorato di verde e con l’impuntura rossa per ricordare le fauci carnivore? Nasce così un’icona mondiale, senza dimenticarsi, per esempio, intuizioni come la racchetta di metallo nel 1963, più leggera e che tanto fece vincere un altro mito come Jimmy “Jimbo” Connors. La forza e la determinazione non gli mancheranno mai per tutta la vita, tanto da morire a 92 anni in quel Saint-Jean-de-Luz, in Guascogna avendo ancora una vita attiva nella sua azienda.
Il racconto giornalistico e la grande capacità divulgativa sono un’eredità paterna e la nascita parigina quando papà Piero e mamma Margherita si trovano nella capitale francese. Il fascino presso il pubblico, in particolare femminile, potrebbe averne giovato, anche se una famosa foto ha evidenziato, tra il si dice, il si vede e il si suppone, doti generalmente nascoste tra la polvere degli scavi, i cunicoli delle piramidi e le sale del museo: nel luogo natìo, invece, qualcuno potrebbe riassumere il tutto con un “Oulàlà, superbe!“. Ormai da anni rappresenta un punto di riferimento per la cultura in TV e non è certo poco, divenendo artefice di un indubitabile incremento della qualità della programmazione. Insomma, siamo sinceri, Alberto Angela si è cucito addosso quell’etichetta dell’Indiana Jones che tanto ha fatto sognare, perché lui, sul campo da buon archeologo, ci ha lavorato davvero. Il ricciolone, considerato il più sexy in più di una ricerca, ti conquista: e vuoi mettere di poter dire di essere nato nella Ville Lumière?
Ricca di famiglia (papà industriale e pure poeta) si narra che abbia ricevuto un’educazione molto severa e, infatti, mica vedono di buon occhio la figlia sedicenne innamorarsi di Roger Vadim, tanto che tra contrasti e litigi riuscirà a sposarselo solo due anni dopo. Però l’arte la respira fin da quando muove i primi passi e la chiamano Bri-Bri; dopo di lei c’è la sorella Marie-Jeanne “Mijanou” meno famosa e di vissuto inglese. E così Brigitte si trasforma in una ribelle con una particolare attrazione per cantanti, attori e registi. Modella prima, cantante e attrice poi, è stata un sogno proibito, grazie a forme che hanno alzato la temperatura a chi le guardava sia al cinema che in scatti fotografaci più o meno audaci. Marie-Jeanne Bardot, universalmente conosciuta con B.B., rimane un’icona di donna libera e disinibita, che ha vissuto senza troppe ipocrisie. Viene pure citata da Peppe ne I soliti ignoti per un titolo sul giornale: “B.B. aspetta un bebé, ma che vor dì?”, ne Il Monaco di Monza durante la preghiera recitata da Fra Pasquale e Mamozio e, soprattutto, nella canzone di Jorge Veiga che porta il suo nome e la prima strofa non lascia dubbi:
Brigitte Bardot, Bardot
Brigitte beijou, beijou
Lá dentro do cinema
Todo mundo se afobou
poi, come tutti sanno, è finita nel mix di Capodanno del trenino Disco Samba meglio nota con A-E-I-O-U-Y e l’inconfondibile Pe pe Pe pe pe pe Pe pe Pe pe pe pe.
Ma torniamo alla nostra parigina, che si è vista spesso in quella Costa azzurra nel cuore di molti, e che l’ha incoronata regina, soprattutto di Cannes, con una villa come residenza estiva e una spiaggia molto libera nella quale farsi fotografare. Animalista convinta ha evidenziato più di una simpatia per la Destra francese ma questo ci porterebbe altrove.
Non si contano le attrici o gli attori francesi che hanno sedotto attrici o attori italiani (e viceversa). Questo anche per i tanti film in coproduzione e che hanno regalato altrettanti capolavori per il grande schermo. C’è poi un parigino di Montmartre, che di nome fa Vincent Crochon ma che preferisce, al pari del padre ballerino, mantenere quello d’arte Cassel, che incrocia una tifernata o castellana durante le riprese di un film che non passerà alla storia, Dobermann nel 1997 e boom, meglio, “et voilà”, “Les jeux sont faits”. Passano due anni e se la sposa divorziandoci dopo due pargole, Deva e Léonie, e quattordici anni di vita in comune. Le due figlie sembrano altrettante gocce d’acqua uguali alla mamma Monica Bellucci ma ho sentito più volte dire di Vincent che “è proprio un figo“. La mamma, quella di Vincent, è invece giornalista gastronomica, quindi il “nostro” cresce con almeno due arti diverse e davvero uniche in casa. Vive anche negli Stati Uniti imparando bene la lingua fondamentale per la carriera di attore e il padre, tra le tante cose che possono capitare, lo scopre mentre è sotto gli effetti di Ayahuasca, come confesserà in un’intervista del 2018. La sua biografia riporta pure l’iscrizione a una scuola circense: certo è che nella sequenza dove Night Fox arriva all’uovo Fabergé in Ocean’s Twelve ha raccolto più di uno sguardo lussurioso (potremmo paragonare il tutto a quella di Gin in Entrapment). Tra i tanti film non passerà alla storia nemmeno Agents Secret, sempre con la moglie Monica, altri, invece, lo hanno incoronato tra gli attori francesi più amati tra i due millenni.
Un parigino che arriva da lontano e che nasce da due immigrati armeni e di quella terra non solo non si scorderà mai ma la poterà sempre dentro, compreso il dolore di un genocidio al quale è scampata la madre. Quanto le melodie di Charles Aznavour (Chahnourh Varinag Aznavourian), che è stato pure grande attore e ambasciatore della sua terra di origine in Svizzera a 85 anni, ricordano i luoghi parigini con quel misto di amori perduti e malinconia che ti può assalire magari durante le lunghe passeggiate lungo la Senna o affacciandosi dai tanti ponti di questa capitale. Il suo grande talento di chansonnier trova chi lo capisce ed esalta: Edith Piaf, mica il primo talent che passava di lì.
Quanto lo abbiamo visto, sentito in Italia e quanto era amato e considerato. L’elenco delle canzoni, per chi ha qualche anno oppure è appassionato di musica, è davvero sterminato e la mia scelta apparirà riduttiva e opinabile. E se ci ha raccontato la tristezza della calli veneziane, perché non c’era più chi era nella vita l’anno prima, mi viene in mente quanto fosse struggente Ed io tra di voi, in originale Et moi dans mon coin, un capolavoro poetico del 1967 dalle tante versioni anche di artisti italiani (tra cui Mina e Franco Battiato), che con le parole dipinge ritratti come se te li vedessi davanti e con il quale rischi la lacrima, soprattutto per chi potrebbe esserci passato. Poi, per carità, magari tre matrimoni possono aver dato più di uno spunto. Un po’ per edulcorare la tristezza, che potrebbe giungere dall’ascolto, consiglio di sorridere con lo sketch interpretato sulla canzone da Armando Francioli e Sandra Mondaini con Raimondo Vianello nel ruolo di quello fra i due amanti nella trasmissione Tante scuse nel 1974.
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