CattiviConsigli . IRA
Il guastafeste
In 14 Febbraio 2020 da Gianluca PapadiaA Napoli le feste a sorpresa non riescono mai. Non è per cattiveria, anzi, il napoletano ha una fede per i festeggiamenti che sfocia in un fanatismo integralista. Il problema semmai è l’approccio che il napoletano ha con la riservatezza. Conscio delle emozioni forti che un evento del genere potrà scatenare, il napoletano vuole dare il proprio apporto in maniera appropriata.
«Mi raccomando, però, il festeggiato non deve sapere» è il prologo preferito dell’aspirante guastafeste. In buona fede, per carità, il traditore continuerà il suo discorso con: l’elenco degli invitati; le portate che compongono il menu – con relativo fornitore completo di partita iva e numero d’iscrizione al registro delle imprese; la lista dei regali con previsione di spesa; eventuali motivi di defezione degli invitati. «La cugina di Qualiano non ci sarà» è l’epilogo preferito dell’aspirante guastafeste. «Loro non andarono alla comunione della bambina di due anni fa? E lei se l’è legata al dito».
«Vabbè, ma vuoi vedere che il festeggiato non lo sa?» è il muro dietro il quale si nasconde il guastafeste quando gli fai notare che la festa a sorpresa può riuscire solo se sull’evento è mantenuta la totale segretezza. «Scommetto che i tuoi figli credono ancora a Babbo Natale» è l’offesa che sfodera quando il sabotatore si trova con le spalle al muro. La sua innata mania di protagonismo lo porta a credere che essere l’artefice del fallimento può essere addirittura un vanto.
Un altro problema insormontabile delle feste a sorpresa a Napoli è l’usanza che dà il diritto – sancito da Dio, dal Re o da chissà chi – a ogni invitato di estendere l’invito a chiunque voglia. Il napoletano non riesce a sopportare l’idea che in questi i casi, il detto ‘o ‘nvitat po’ ‘nvità (l’invitato può invitare) non valga e quando sente la parola “sorpresa” comincia a storcere il naso.
Nonostante le difficoltà, però, ogni anno un inguaribile romantico decide lo stesso di organizzare una festa a sorpresa. Quest’anno è toccato a Giuliana tentare l’impresa impossibile. Da una settimana fervono i preparativi per la festa a sorpresa per suo marito Mario. In questa fase preliminare, WhatsApp è bandito, e già questo potrebbe essere un segnale inequivocabile per il festeggiato. Un silenzio così lungo su quello che ormai è diventato il nostro unico canale di comunicazione, è piuttosto sospetto. La cosa positiva è che si riscopre il piacere della scrittura con penna e carta perché l’unico mezzo di comunicazione consentito sono i pizzini. Secondo il protocollo di massima riservatezza attuato in questi casi, infatti, anche una semplice telefonata è ritenuta poco sicura.
È stata una settimana durissima, con incontri segreti tenuti in un centro benessere in periferia di Napoli. La sauna, secondo la letteratura classica dei film sulla mafia, è uno dei pochi posti al mondo, dove è impossibile piazzare delle cimici. Dopo mille discussioni il piano è stato approvato all’unanime da tutto il comitato organizzatore. Nicholas (il gancio) preleverà Mario dalla sua abitazione e lo porterà in giro fino a quando non riceverà un segnale da Alessandra (il palo). Per rendere il tutto più credibile, Giuliana ha finto di aver organizzato un pranzo in un noto ristorante sul lungomare di Napoli. L’idea di festeggiare senza gli amici non è tanto piaciuta a Mario ma ognuno di noi ha inventato una scusa più o meno plausibile per rifiutare.
In questa settimana abbiamo dovuto evitare tutti i potenziali guastafeste e la nostra vita sociale ne ha risentito molto. Tra l’altro, dopo una settimana, la crisi di astinenza da WhatApp mi provoca giramenti di testa e nausea. Negli ultimi sette giorni, più volte, durante la notte, ho dovuto riascoltare i lunghissimi messaggi audio della mia amica Valeria e sfogliare tutte le foto con le quali intasa le nostre chat di gruppo. Durante questa estenuante settimana quando incontravo uno degli eletti – gli altri invitati alla festa – ho dovuto più volte fare uno sforzo incredibile per non tradirmi. Il protocollo prevede un vocabolario molto limitato con frasi molto semplici composte solo da soggetto predicato e verbo. Parliamo come gli automi dei film di fantascienza degli anni settanta e le parole tabù assolutamente da evitare sono: Mario, festa, auguri, compleanno e sorpresa. Durante questo periodo devi ogni giorno ripassare a memoria l’eventuale discorso che dovrai fare se malauguratamente incontrassi Mario. L’eventuale conversazione deve essere coerente con la bugia che hai usato per declinare il suo invito al pranzo di sabato.
Stamattina per fortuna il gran giorno è arrivato.
Lo stress accumulato durante la settimana è talmente tanto che quando Alexa annuncia: «Oggi è il compleanno di Mario», lo sfascio a colpi di sgabello. Maledetto il giorno in cui ho installato la skill “Compleanni di Facebook” su quell’aggeggio infernale.
Prima di uscire da casa, ripasso a memoria il piano. Per andare dal meccanico a ritirare l’auto, scelgo un percorso meno affollato passando dai giardini pubblici che di sabato mattina sono sempre vuoti. Purtroppo la scelta non è felice perché il geometra del comune – che frequenta la palestra dove Mario fa l’insegnante di Spinning – ha portato il cane a passeggio. Mi nascondo dietro una siepe fino a quando l’animale non ha trovato un posto consono dove depositare i suoi bisogni.
«Ha perso qualcosa?» mi chiede il giardiniere comunale incuriosito dalla mia posizione equivoca. La sua frase mi coglie di sorpresa e per lo spavento mi ritrovo steso sull’erba tra escrementi di cane appena depositati.
«No, nulla» rispondo rialzandomi. Per fortuna sui miei abiti non c’è nessuna macchia sospetta. «Buona giornata» gli dico e mi dirigo verso l’uscita. Il giardiniere mi guarda come se fossi pazzo.
«Oggi sei a pranzo da Mario?» urla Gennaro, il mio meccanico, quando mi vede arrivare da lontano. Un rigurgito di bile mi annuncia che oggi sarà una giornata difficile dal punto di vista del reflusso gastrico.
«Scusa ma tu che ne sai?» chiedo a mia volta con un tono basso, e dopo aver controllato che per strada non ci fosse qualcuno di sospetto, lo spingo con forza dentro la sua officina.
«Stamattina sono andato dal barbiere» mi risponde candidamente Gennaro.
«E a lui chi gliel’ha detto?» insisto.
«Il salumiere. È passato da lui per farsi un panino».
«E il salumiere che ne sa?» chiedo sentendo un calore da ipertensione galoppante inondarmi la testa.
«La suocera».
«La suocera di Luigi il salumiere conosce Mario?»
«Ed io che ne so?» risponde lui infastidito. «Io mi faccio i fatti miei» aggiunge porgendomi le chiavi della mia auto.
Cerco velocemente su Youtube il video della canzone ‘O guastafeste – un successo di Mario Merola degli anni ‘70 – e lo invio a Giuliana via WhatsApp. È il segnale convenuto che qualcosa non ha funzionato.
Parcheggio l’auto e quando esco dal garage, vedo Mario e Nicholas che bevono un aperitivo al bar che sta proprio lì fuori. Per non farmi vedere mi siedo a un tavolino e mi nascondo dietro al menu. La telefonata di Giuliana mi provoca un principio d’infarto.
«Chi è stato?» mi chiede lei sull’orlo di una crisi di nervi.
«Non lo so. Non ho notizie certe. La fonte è da verificare» sussurro sottovoce senza togliere la testa dal menu.
«Comunque Mario è con Nicholas a prendere un aperitivo».
«Lo so. Lo vedo. Sono pure io allo stesso bar ma loro non mi hanno visto» dico mentre il sudore mi bagna l’orecchio dove stringo forte il telefono.
«Sei impazzito? Vai subito via di la. E non parlare al telefono, potrebbe sentirti» dice Giuliana prima di interrompere la comunicazione.
Sono in preda al panico e quando abbasso leggermente il menu per avere un contatto visivo con Mario, finalmente lo vedo. Non mi ero accorto che al tavolino, dove mi ero seduto c’era già un’altra persona seduta. È il giardiniere di prima che stava consumando il suo caffè. Mi fissa in un modo che non mi piace. Sembra molto infastidito dalla mia presenza e si vede che è pronto a sfogare la sua rabbia su di me.
Apro il menu in modo da creare una barriera tra noi e Mario. «Abbiamo organizzato una festa a sorpresa per quel ragazzo seduto là», gli dico puntando il dito verso il tavolino dall’altra parte del marciapiede. «Pure prima mi stavo nascondendo per lo stesso motivo» aggiungo con un tono supplichevole.
Il suo sguardo comincia ad ammorbidirsi. Adesso sembra uno che guarda un pazzo non pericoloso, uno di quelli che basta assecondarli per non avere problemi. «Io ti posso aiutare» mi dice indicandomi il carrello porta rifiuti alle sue spalle. Il giardiniere finisce il suo caffè, lascia un euro sul tavolo, si alza, avvicina il suo carrello a me, apre il coperchio e si piazza davanti al tavolo per impallare la visuale di Mario.
Scivolo dietro la mia sedia e camminando piegato sulle ginocchia arrivo dietro al carrello. Con un balzo mi tuffo all’interno di quella busta nera piena di erbacce. Quando il giardiniere richiude il coperchio sui miei piedi, sento una puzza soffocante di escrementi di cani. Il carrello si muove con un sussulto e quando passiamo davanti a Mario, sento la voce di Gennaro il meccanico.
«Auguri Mario» dice l’uomo.
«Grazie Gennaro» risponde Mario.
«Oggi grandi festeggiamenti a casa tua».
«Io non so nulla. A te chi te l’ha detto?»
«Gianluca, è venuto prima da me a ritirare l’auto» sento da lontano, quando ormai il carrello del giardiniere ha già svoltato l’angolo.
Ho perso l’orientamento e mi manca l’aria per quel fetore nauseante di sterco di cane. Mi passano davanti agli occhi tutti i soldi che in vent’anni ho dato al mio meccanico e mi calmo solo pensando a quando stanotte andrò a dare fuoco alla sua officina per vendicarmi delle sue calunnie.
Per colpa sua sarò additato da tutti come un bastardo guastafeste.
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sei un grande Gianluca Papadia