Le interviste superbe . SUPERBIA
Da padre a figlia – Intervista a Chef Massimo
In 23 Aprile 2017 da Debora BorgognoniLo vedi già dalla casacca che è uno preciso. Bianca con la scritta Massimo Borgognoni in rosso. C’è da dire che gliel’ho regalata io, che in quanto a precisione non sono seconda a nessuno. Oltre a essere mio padre, è anche chef d’oeuvre dello storico ristorante Osteria dei Pescatori in un paesino sulla riva destra del Po, Portalbera, Località San Pietro. E oggi è anche blogger e giurato per SevenBlog. Giochiamo in casa, è vero, ma non crediate sia così semplice!
Diciamolo perché l’Osteria dei Pescatori è un locale storico, su! Sapere che ha lo stesso nome dal 1916 non ti pare una cosa incredibilmente accidiosa?
Sì, accidioso se pensiamo che il locale ha lo stesso ritmo da cent’anni, adagiato sulla riva del grande fiume che solo di rado, per fortuna, si fa vedere. Tranquillo e quasi noioso il trascorrere delle giornate e degli anni, se non fosse per la cucina che cambia sempre, anche nella tradizione. L’Osteria dei Pescatori è nata proprio nel 1912 verso San Cipriano con la Luigietta, la prima fondatrice, appena tornata dall’America. Ha seguito il corso del Po fino a qui, a San Pietro di Portalbera, dove c’era, proprio in questo edificio, la dogana della Portalberella. Nel 1916 si è stabilita in questo posto e vi è rimasta. L’Osteria dei Pescatori è passata di generazione in generazione alle varie Luisa. Da trent’anni ha cambiato cognome, Borgognoni, ma l’insegna è sempre la stessa. Ma poi, che te lo dico a fare? Tu ci hai pure scritto un libro!
So (e per forza lo so, sono 37 anni che ti conosco!) che hai dei libri-bibbia da cui non ti stacchi mai. Te li porti ovunque e li consulti come un mantra. Anche questo è un vizio, no?
Vizio di avarizia? Può essere, visto che solo io li posso sfogliare. Le Bibbie sono La Pacciada di Brera e tutti i manuali sui tagli della carne, antichi ormai, se si pensa che hanno almeno cinquanta o sessant’anni. E poi ci sono quelli dei Maestri che hanno, prima di me, amato e descritto i piatti della tradizione di questa meravigliosa terra. Come Gualtiero Marchesi, che esattamente un anno fa ha cucinato con me, proprio qui, all’Osteria.
A proposito di gola, stai lanciando un menù alla carta per la “collezione Primavera Estate”, e come al solito, io faccio da assaggiatrice ufficiale prima che i piatti siano messi in menù. Da dove hai tratto l’ispirazione per le nuove ricette?
Le nuove ricette nascono dalla ormai pluridecennale esperienza. Le preparo pensando a chi le assaggerà per primo. Intanto a te che mi fai da “cavia”: preparo ingredienti che possano piacerti perché mi fido della tua competenza e del tuo senso critico. Ogni piatto ha un volto, mi immagino che debba coronare un piccolo sogno. Come fai tu con i tuoi personaggi.
Cosa pensi dei colleghi che fanno i vip in tv? Mi sembra, tra l’altro, che si invidino l’uno con l’altro.
È diventata una moda? Forse, ma le mode nascono e muoiono sull’onda del sentimento. Avere sentimento per il cibo è cosa buona e giusta. Tutto serve a fare in modo che si crei sempre maggiore interesse intorno all’arte culinaria e voglia di sperimentare in noi chef e negli avventori.
Neanche a farlo apposta, stiamo proseguendo nell’intervista descrivendo i vari peccati capitali. Siamo giunti all’ira. Ma questa è facile: si sa che gli chef sono iracondi. C’è una richiesta che proprio ti fa arrabbiare?
Certo che c’è: una su tutte quando la figlia ti chiede insistentemente gli aggiornamenti sulla carta dei vini da mettere sul sito web. Per il resto, forse non sopporto l’arroganza del so-tutto-io, perché il segreto è non smettere di imparare.
Touchée. Cibo e lussuria. Che binomio ci vedi?
Il cibo conquista, è quella cosa sensuale e romantica che ti inebria, come una donna bellissima che sa sedurre. Se poi ci aggiungi pure del vino…
Come ogni opera d’arte postmoderna, anche la cucina ora condivide l’intento utilitaristico a quello estetico. Per quanto riguarda le ricette, dalla nouvelle cuisine in poi è semplice: tra coloranti e additivi si può creare tutto. Ma con la tradizione come si fa a dare piacere anche all’occhio?
Si fa esattamente come con quelle colorate, senza però utilizzare coloranti o additivi, come dici tu. La tradizione non solo è bella da vedere, ma è anche buona, e ciò che è bello, buono e sano traspare al piacere di tutti i sensi. Un piatto, prima di assaggiarlo, lo si studia con la vista. E infine, be’, bon appetit.
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