INVIDIA . Lector In Invidia
Ridateci almeno il Cynar
In 25 Gennaio 2018 da Attilia Patri DPDonne e politica. Donne e quella loro sensibilità, femminile, appunto, ma nel senso più alto del termine. Donne in movimento verso la risoluzione di problemi e rilancio. Donne attente e vispe. La vispa Theresa, pronunciato, però, con un moto di simpatia leggendo una notizia che la riguarda e che, in sintesi, si potrebbe raccontare così: qualche giorno fa il Regno Unito ha guadagnato spazio sui media internazionali con l’annuncio della creazione di un Ministero della Solitudine da parte di Theresa May che ha così raccolto, e portato avanti, il progetto lasciato incompiuto da Jo Cox, la laburista assassinata nel 2016 durante la campagna referendaria per Brexit. Questa la motivazione: “Per troppe persone oggi la solitudine è la triste realtà della vita moderna e io voglio affrontare la sfida
che la società mette di fronte a tutti noi facendo qualcosa per alleviare la solitudine delle persone più anziane, di chi si occupa di un parente ammalato, di coloro che hanno perso qualcuno che amavano, anche di chi semplicemente non ha nessuno con cui parlare, con cui condividere le proprie esperienze e i propri pensieri”.
Parole con le quali il Primo ministro britannico ha così promosso la solitudine a Problema di Governo come, e al pari, di Sanità, Istruzione, Difesa nazionale, e dovrà essere trattato, in modo specifico e competenze diverse, in ciascun ambito di intervento, in riferimento all’età e alle diverse tipologie. Da disagio individuale, la solitudine, si è elevata acquistando, non solo, in visibilità ma diventando, dunque, problema sociale, collettivo, al rango quasi di epidemia dilagante che circoscrive – nella bolla della chiusura verso l’altro, nella difficoltà comunicativa, nell’isolamento senza via d’uscita – nove milioni di individui, chiusi in un bozzolo, sempre più incubatrice di forme depressive in accelerazione sul piano inclinato verso il vuoto e l’alienazione. La gestione e lo studio di adeguate, risolutive o,
almeno, mitiganti strategie anti-loneliness, sono state affidate dalla May a Tracey Crouch, Segretaria per lo Sport e la Società Civile, che si avvalerà anche della collaborazione di numerose associazioni di volontariato e di aziende disponibili per un aiuto concreto.
Ministero della Solitudine, anzi: Ministry for Loneliness. Ti passa davanti agli occhi in una riga di titolo, lo cogli distrattamente ascoltando la radio, ha qualcosa di irreale, un che quasi di bizzarro, un qualcosa che nel guazzabuglio mondiale, e senza pensare alle tante implicazioni, sa di scherzo, ha il sapore del “ma che cosa vanno a inventarsi a Londra?”
Eppure la linea politica di Londra non è la prima ad essersi occupata del benessere dei propri cittadini attraverso dicasteri con nomi inusuali: ci avevano già pensato, nel 2013, il presidente del Venezuela istituendo il Ministero della Felicità sociale suprema con programmi specifici contro la povertà e il presidente dell’Ecuador con iniziative per la costruzione di una società fondata su una buona vita; infine, la Felicità, come branca del Ministero della Tolleranza, era approdata anche nei dicasteri degli Emirati Arabi Uniti; in Malesia esiste il Ministero per il Benessere urbano, in Francia c’era quello del Tempo Libero (dal 1981 al 1983) e, volando in Giappone – udite udite – ci si imbatte nel Dicastero per le Toilettes creato nella convinzione che aumentare la quantità e la qualità dei servizi igienici migliori la condizione delle donne (come non apprezzare il pensiero?!?).
In realtà quello che più stupisce, da spettatore, è il prendere atto che, una istituzione simile, possa essere rientrata nelle logiche di Oltremanica in mezzo a tanta Storia, dall’epoca vittoriana, all’espansionismo dell’impero britannico con la Compagnia delle Indie, dallo sviluppo industriale e culturale, a quello politico e scientifico; nelle logiche di una nazione che sembra non essere stata sfiorata, se non di striscio, da una crisi economica che, diversamente, ha attanagliato quasi tutto il Sud Europa; una delle nazioni più potenti che influenza il mondo intero, la cui lingua è parlata ovunque, e che, della capitale, fa sempre filtrare un’immagine magica, scintillante, inarrestabile nel suo continuo dinamismo. London e le sue mode da sempre in esportazione, London e la sua musica da copiare, London e il suo jet set da tappeto rosso, London e la sua London Eye, la ruota più alta d’Europa a dominare quartieri ordinati, London decisionista nell’affrancarsi con Brexit. London che si scopre disperatamente popolata da solitudine.
Londra così attenta a duplicare il significato primo di solitudine elaborandolo in due aspetti di vita contraddittori: Solitude, la scelta di essere soli e stare bene con sé stessi, la tana per eccellenza, e Loneliness, la solitudine sofferta e non scelta, la bolla prigione, dalla quale voler uscire senza però sapere come.
La Londra di Margaret Thatcher che trent’anni fa sosteneva: “La società non esiste, esistono gli individui”, privilegiando e suggerendo un modus vivendi e operandi sulla scia del pensiero dell’utilitarismo di Benthman, del self-love, l’amore di sé, di Adam Smith, del motto ‘vizi privati e pubbliche virtù’ di Mandeville e la visione di ‘homo homini lupus’ di Hobbes. L’individuo al primo posto, l’individualità l’obiettivo che, in concreto, si doveva cristallizzare nell’ideale concezione del filosofo tedesco Max Stirner: esaltare l’uomo come valore assoluto. Il singolo diventa l’Unico. L’Unico ha un solo compito: appropriarsi e salvaguardare sé stesso, praticando l’asocialità per sottrarsi, non dover guardare in faccia nessuno, e tirare dritto per la propria strada.
La Londra di oggi; del tempo che, passando, ha seminato e raccolto i frutti in fogli contabili di statistica, storie che non possono più essere raccontate come uniche, eccezionali, ma diventano uno spaccato di società che non è stata in grado di assorbire i tanti colpi d’urto che la corsa all’individualismo, alla carriera, al successo, all’impennata del conto in banca, hanno comportato nel modo di vivere di ognuno, allontanandolo dagli altri.
La Londra del tempo di Theresa May, il tempo della solitudine non pregevole dell’Unico, “la solitudine come verifica del proprio valore” – per dirla come direbbe Francesco Burdin – ma quella deleteria del Solo, quella del nastro isolante che inibisce e non permette contatti pur nel tentativo di ricerca dell’altro. Tempo che non ha più tempo, tempo che si interroga sull’analfabetismo nelle relazioni e tira i remi in barca contando i soli come un cane, i quasi avanzi urbani di umanità da scrollare da apatie non legate alla tarda età, quando la solitudine può essere quasi scontata, o al ceto, essendo più fiorente tra le classi medie; da cercare e lenire non solo tra i clochard invisibili da panchina ma anche negli alveari condominiali, nelle villette di cinta, veri contenitori di individui solitari e sradicati dalla reciprocità sociale e dalla convivialità; da stanare tra i giovanissimi sempre più hikikomori con quel piantarsi davanti al computer, agorafobici, senza nessun addestramento alle responsabilità, soli anche di fronte al peso di decisioni importanti, in cerca di soluzioni online per tutto non trovando appoggi concreti attorno.
Londra non tanto diversa dal resto d’Europa con tecnica ed economia che si muovono ad una certa velocità e cultura e socialità che non riescono a stare dietro, al passo, producendo fenomeni di disorientamento e solitudine.
Londra non tanto diversa anche dall’Italia dove non mancano sacche di isolamento, ben variegate per età e per strato sociale, e ben misurate da Eurostat. C’è, però, per formazione, per mentalità, per un modo tutto nostro di intendere il senso di appartenenza, una italica consolazione per tanti: quel concetto concreto di famiglia, quella Itaca dove tornare che crea appoggio, solidarietà nel momento di silenzio attorno e altrove: un porto più o meno allargato, una rete affettiva a cui aggrapparsi. Per chi è solo, una mano cercano di tenderla le associazioni, i gruppi, i volontari nel tentativo di mantenere in vita o reinventare frammenti di comunità e comunicazione.
Da questo punto di vista, dalla mancanza di un cordone di rete solidale, l’istituzione del neo Ministero della Solitudine, da spettatore, sembra quasi una ‘resa’ della Gran Bretagna, un epitaffio, un’ammissione di fallimento, di una sconfitta su tutta la linea di un certo modo di concepire la società: una società che non ha saputo produrre benessere interiore al meglio; una società ripulita e lustrata a uso e consumo solo per le riprese in tv da mandare oltre confine.
E mentre a Londra si studiano strategie e si stendono piani di intervento, il Web, come da prassi, ha già posto i primi interrogativi sull’operato della May: risposta geniale e morale per la salvezza delle nuove esigenze-Paese o solo un modo, un vecchio trucco, per ottenere consensi? Forse questa iniziativa rivolta all’assistenza potrà creare nuove opportunità e spazi lavorativi ed essere, quindi, solo l’occasione da cogliere al volo, il carpe diem, per il prossimo business?
La risposta può solo darla il tempo e i soliti fogli contabili di statistica. In attesa, non può non tornare in mente un flash pubblicitario salvavita di tanti anni fa che recitava: “Cynar. Contro il logorio della vita moderna”. Dove è finito? Ridateci almeno il Cynar.
cynar
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