INVIDIA . Lector In Invidia
Ma come ti vesti?
In 15 Dicembre 2016 da Attilia Patri DPLa frase più celebre di Anonimo veneziano di Berto e dell’omonimo film di Enrico Maria Salerno girato a Venezia e con protagonista la coppia Enrico (Tony Musante – musicista dalle molte ambizioni infrante e che ha visto sfumare il suo sogno di diventare direttore d’orchestra) e Valeria (Florinda Bolkan – moglie, madre e che si occupa di libri).
Lasciamo Venezia e spostiamoci a Roma con altre regie che hanno orchestrato la risposta al referendum e hanno diretto la coppia dei protagonisti Matteo Renzi (dimissionario da Presidente del Consiglio) e Agnese Landini in Renzi (moglie, madre, insegnante, First Lady, come sottolineano i più). Per le donne c’è sempre un po’ questa mania di elencarne tutti i ruoli, quasi fosse una valorizzazione, un riconoscere una funzione multitasking, un correre a destra e a manca, un essere qui ma pensare che a casa ci sono i figli e i compiti da controllare.
Abbiamo cambiato luogo, scelto altri personaggi, barattato la finzione romanzata con la realtà talmente vera da poter essere trasmessa in diretta tv; abbiamo cambiato tutti i parametri ma il problema “scelta del vestito nuovo” rimane inalterato e incombente.
A Palazzo Chigi “Agnese era lì, in piedi, dignitosa, composta e silenziosa, con le mani raccolte, il volto rassegnato e sereno ma fermo, vestita non con i pizzi delle grandi occasioni ma in pantalone nero e maglione chiaro a collo alto, come quando si sta in famiglia in inverno, lontano dagli impegni ufficiali e come pronta a prendere per mano il marito e riportarlo a casa tra il calore degli affetti veri”. Era lì con quella sua immagine di donna fedele a se stessa che non rinuncia al suo classico basso profilo, misurata, discreta, sobriamente elegante. L’Agnese di sempre: una donna che è stata accanto al marito con intelligenza e sempre a un passo indietro, senza atteggiamenti da prima donna sia nell’ora del trionfo che in quella della sconfitta, ma, anzi, sempre con quell’aria di avere altro a cui pensare e, intanto, correva a ritirare la pagella dei tre figli a scuola a Pontassiere, dove è rimasta a vivere, lontana da quella mondanità che, suo malgrado, ogni tanto ha dovuto sfiorare per dovere d’ufficio ma sempre senza eccessi e sbavature, sempre bon ton, con classe e raffinatezza quasi umanizzando anche il Matteo politico e di potere.
Si sa che le First Lady, da sempre, catalizzano attenzioni, suscitano commenti, ispirano indiscrezioni vere o presunte, a metà tra il glamour e il gossip, ma la signora Landini ha spiazzato tutti i luoghi comuni con i suoi modi così normali e così taciturna, rispetto al suo loquacissimo marito, mantenendo sempre e comunque quell’aura di aplomb e misura come stile politico in senso lato.
Per quanto misurata, discreta, elegante e sempre un po’ in retrovia, poco propensa alle apparizioni pubbliche, nei mille giorni di governo, è capitato anche alla signora Renzi, di arrivare a rubare la scena al marito: è successo a ottobre alla Casa Bianca con un impeccabile colloquio tra lei e Michelle Obama, a fine agosto alla funzione funebre per le vittime del terremoto quando si commuove e scoppia a piangere, al discorso ufficiale sulla Buona Scuola quando il marito confonde la cultura “umanistica” con “umanista” e lei lo corregge.
E a Matteo, la scena, per quanto Agnese stia ferma e immobile e in silenzio – un po’ come quelle mamme che, pur avendo una certa fretta, aspettano che i figli ai giardinetti finiscano la partitella per poi prenderli per mano e riportarseli a casa – riesce a rubarla anche in quella sera da dimenticare ognuno per una propria ragione. Di quella notte post-referendum resta un’immagine veicolata da segni immediati, potenti, più espliciti del linguaggio verbale, quella di Agnese Landini Renzi con un gilè di lana chiaro, senza trucco e con indosso gli stessi vestiti con cui qualche ora prima era andata alle urne. Nessun cambio d’abito. Una scelta precisa, quasi confortante che ha il sapore di “andiamo a casa, è finita, ora mi riprendo la mia vita”. E, invece, mentre lei era così imperturbabile, già ad un passo al di là del ruolo da tv, ecco che il suo gilè smanicato diventa un problema e crea come per magia difficile da capire e da spiegare l’occasione, forse ultima, per insultare e mettere in croce una persona pubblica.
Ultima occasione di offesa, ultimo saldo stracciato, quasi gratuito della gogna mediatica, perché le altre, nei tre anni di presidenza del marito, in tanti non se le sono fatte scappare spaziando dal dubbio su eventuali raccomandazioni al concorso per il ruolo a cattedre allo sbeffeggio per il suo aspetto di donna classificato come poco avvenente e insignificante. In breve: non le è stato risparmiato niente E se è vero che, spesso, quando si raggiungono popolarità e notorietà il prezzo minimo sindacale da pagare è l’invidia generata automaticamente, quando c’è di mezzo una donna la cosa diventa ancor più urticante: battute di bassissima lega per l’aspetto e per i tratti del volto non considerati mai abbastanza neanche dovesse firmare un contratto per un ruolo da starlette o mannequin, senza mai fermarsi a considerare altri generi di qualità sulle quali poi si fonda la personalità reale di ognuno. Bassi apprezzamenti e commenti volgari che hanno alimentato nei Social, durante i mille giorni, un circo di boiate che a leggerle ci viene da pensare che una donna normale e ordinaria, come ce ne sono tante, la donna della porta accanto, non la può passare liscia. Normalità sinonimo di imperdonabile e, dunque, da stigmatizzare. Se una arriva ad essere “qualcuna” nella sua normalità l’invidia è ancora più atroce e velenosa proprio perché “è arrivata” nonostante la normalità mentre gli altri, con la loro banale normalità, non sono andati, né tanto meno arrivati, da nessuna parte e vedono la loro occasione ultima lì, in quella tastiera che, a volte, consente di trovare un pubblico altrettanto affamato di cattiverie gratuite.
Quale ghiotta occasione sarà parsa mai la banale normalità della combinazione “maglia bianca + pantalone nero” ai commentatori feroci di Facebook o ai twittatori inviperiti che non vedevano l’ora di lanciare le ultime stoccate finali prima che l’Agnese uscisse di scena! L’Agnese va a morire verrebbe da pensare scorrendo le pagine Google dopo aver digitato per brevità “maglione bianco moglie Renzi”: decine e decine di pagine come riassunto di un rumor che rasenta il ridicolo se non il paranoico. Non si parlava di maglioni dal 19 marzo 2016 con una notizia su un sequestro di due container di maglioni contraffatti, quindi una notizia di ristabilita legalità e dal 19 novembre 2014 con “Michelle Hunziker: dal maglione di lana spunta il pancino”, notizia di gossip che probabilmente non interessa ma ispira, almeno, tanta tenerezza. Per il resto è solo un vociare becero, condiviso senza se, senza ma, senza particolari approfondimenti, in deriva libera, senza senso, senza paracadute e il tonfo dell’ignoranza, non quella che rimanda al latino ignoro, ma quella che riempie teste vuote di idee e che aziona lingua e dita su tasti che sparano idiozie con valenza di proiettili.
“Al mio via scatenate l’inferno” è stato quell’abbaglio di bianco e un commento che recitava “Alla faccia della crisi! Agnese Renzi indossa un maglione firmato da 950 euro. Meno male che bisogna fare sacrifici!”. Il maglione in realtà era un gilè descritto sul sito di shop online dello stilita Scervino come un “elegante top traforato in misto alpaca, reso prezioso dal collo a coste e da applicazioni di perle”; valore 730 euro e visto come uno schiaffo alla povertà dilagante del Paese. Insomma Agnese Renzi come Maria Antonietta 2.0.
L’indignazione è partita da lì, da quel prezzo in euro come se la moglie di Renzi non si potesse permettere di scegliere cosa comprare o meno, o come se suo marito non potesse essere libero di farle un regalo costoso solo perché è Matteo Renzi, o come negare la possibilità che, anche con uno stipendio di 1200 euro circa, ci si possa permettere certe spese se con tale stipendio non devi contribuire all’economia familiare. Non si è tenuto conto che, come Agnese, ci saranno altre insegnanti mogli di imprenditori o dirigenti d’azienda, così come ci saranno quelle con i mariti disoccupati; capita anche questo; è la vita!
La polemica, inutile dirlo, appare sterile anche se possiamo capire che la gente sia stanca di un certo tipo di politica, che Renzi ha fatto tante promesse poi non mantenute, che ha promosso tanto bla bla bla ma, alla resa dei conti, non si sono visti grossi risultati, ma perché utilizzare Agnese come capro espiatorio adesso che sta per uscire e non le altre volte dal momento che, nelle occasioni ufficiali, non ci è mai sembrata vestita con abiti comprati nell’emporio cinese sotto casa? Che poi cosa vuol dire “indossare capi firmati?” Si sa che gli stilisti per ragioni di marketing e di pubblicità, spesso, regalano o prestano i loro capi a personaggi famosi che li indossano (vedi Dior e il vestito prestato a Beatrice Vio per l’invito alla Casa Bianca, tanto per fare un esempio). Inoltre era nelle possibilità dei coniugi Renzi anche comprarlo dal momento che nessun Capo del Governo, presente o passato, piange o ha pianto miseria. Ma anche senza essere moglie del Presidente del Consiglio non sarebbe la prima che compra abiti e gioielli con i soldi del marito, così come ci sono mariti che utilizzano la carta di credito della moglie e figli che fanno spese con i contanti di mamma e papà.
Altri commenti hanno cavalcato l’onda della polemica con più ironia: “il maglione stile casalinga di montagna è di Scervino” ed è “inguardabile”, indossato anche la mattina del voto per cui “nemmeno il maglione si è cambiata. Poraccia” e ancora “nessuno ha detto ad Agnese: ma ‘ndo vai col maglione di lana a collo alto” visto che ci sono 18°. Non mancano quelli che scrivono che la Landini dovrebbe essere in classe senza considerare che a mezzanotte di domenica le scuole sono chiuse e non ci sono lezioni da impartire.
Da questo delirio di blaterare infinito che scatena pensieri, veleni e perdite di tempo non si capisce dove vorrebbero farci arrivare. Cioè dovremmo detestare Agnese perché indossa una maglia che costa quanto l’affitto di un monolocale a Milano, o perché il maglione è brutto e quindi poteva comprarlo dai cinesi tanto era uguale, oppure perché è lo stesso del mattino rivelando così che la Landini non fa quattro cambi di outfit al giorno come se vivesse sul palco dell’Ariston? O, più realisticamente, il maglione non c’entra niente e il vero problema è che la Renzi è la moglie di Renzi?
E’ da folli! Il Paese ha mille problemi, è caduto il Governo, siamo allo sbando, in ginocchio senza grosse prospettive di futuro e l’interesse e il tempo vengono spesi da tanti per cercare marca e prezzo di una maglia solo perché è indossata dalla moglie di qualcuno ormai sulla cresta dell’onda dell’antipatia totale? Detestano lui e vomitano livore su di lei? Un po’ strani questi commentatori che si indignano per il gilè ma stanno digitando da un tablet o da un cellulare che costa 900 euro e che, magari, pagano a rate pur di averlo e seminano astio solo in una precisa direzione quando, ogni giorno, nei palazzi del Governo sfilano ministre e ministri con borse, cartelle, scarpe e cappelli di valore molto superiore. E’ più probabile che gli odiatori da tastiera che utilizzano i Social per dar sfogo alle loro frustrazioni su un pubblico finalmente a disposizione e alla portata di tasti abbiano colto una qualunque palla al balzo per sentirsi protagonisti e la critica un tanto al chilo sarebbe partita anche nel caso inverso, anche nel caso che la signora Renzi si fosse presentata in jeans, scarpe da ginnastica e capelli in disordine e la motivazione l’avrebbero ricercata nella mancanza di rispetto per le istituzioni magari spiegando che “io quando vado al lavoro mi presento sempre in modo impeccabile perché rispetto i miei colleghi e i miei clienti”.
E’ facile intuire che il quadro che emerge da tutto questo è pessimo, intriso di lingue biforcute e paraocchi ben celati e protetti da schermi che rendono forti e vili nello stesso tempo e in ugual misura ma che fanno parte del degrado e dello sfascio, del quasi nulla che c’è.
Per questi haters e trolls ci potrebbero essere valide e più produttive alternative per impegnare il loro “prezioso” tempo libero. Leggere libri, per esempio, potrebbe essere un ottimo rimedio al cazzeggio improduttivo su Facebook o Twitter. Un libro qualunque: in certi casi è inutile sottilizzare troppo. Oppure imparare a suonare uno strumento musicale non troppo complesso cominciando con una chitarra per principianti che viene via con poche decine di euro e consente, con un giro di Do Maggiore, di suonare almeno sette o otto miliardi di canzoni. Per i più sportivi ci sono sempre la bicicletta o la palestra mentre per i pigrissimi resta sempre l’hobby dell’uncinetto o dei ferri per la lana che più produttivamente si interfacciano con i maglioni.
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