Appunti di viaggio . IRA
Calma, è solo Caos
In 11 Novembre 2022 da Matteo Rosiello - Matt RossD’improvviso aprì gli occhi. Non ricordava cosa fosse successo l’attimo precedente. Né chi fosse, né dove fosse. Ma aprì gli occhi. Con uno sforzo enorme, cercò di concentrarsi nonostante il sole picchiasse sulla sua testa. Il caldo non dava per nulla una mano. Ma cercava di concentrarsi. Saltati i convenevoli, pensò che non era importante come si chiamasse né la sua storia terrena. Sapeva solo che di fronte a quel bagliore improvviso poteva finire in pochissimo tempo. Cosa? Tutto. Pensò “Calma, è solo il sole”.
Era sdraiato. Se ne rese conto appena dopo aver constatato che la cosa su cui era sdraiato era calda anch’essa, come l’aria che stava respirando. Addominali. Slancio. D’improvviso si ritrovò seduto. Aveva guadagnato quei 50 centimetri utili a capire il contesto dove si trovava. Quindi si sgrullò le mani da quella che capì essere sabbia. Bianca sabbia di cui erano pieni i capelli, la schiena e, per l’appunto, anche le mani. Si mise quindi in ginocchio e poi in piedi. Era a torso nudo e indossava un paio di pantaloncini e ai piedi delle comunissime sneakers grigie, di quelle con cui negli anni ‘80 del secolo scorso si giocava nei maggiori parquet NBA.
Cominciò a camminare e, passando delle piccole torrette di pietra nera dalla forma tronco-conica, raggiunse il mare. O un oceano. O forse un lago grande. Chi poteva dirlo. Assaggiò l’acqua ed era salata. Beh, almeno aveva escluso fosse un lago. Tornò indietro e camminò di fianco a degli arbusti sparuti che non contenevano traccia di vita o frutti. Solo ispide spine che non facevano la benché minima ombra. Si disse “Calma, è solo una spiaggia”.
Arrivò ad una strada. Una lunghissima lingua d’asfalto nero. Anch’esso incandescente, scaldato dal sole. La percorse per un bel tratto e notò che sia a destra che a sinistra non c’erano altro che enormi dune di sabbia bianca. Cercò di capire dove potesse trovarsi. Raccolse le nozioni imparate nelle noiose lezioni di geografia e sulle pagine delle riviste e pensò che un deserto sulla costa di un mare poteva essere in molte parti del mondo. Escluse la Namibia e l’Arabia Saudita, così come gli Emirati Arabi poiché ricordava che lì la sabbia ha un colore più aranciato. Da quello che poteva ricordare, avrebbero potuto essere le famose dune costiere del Maranhao o quelle del Sahara. Quindi doveva essere in Brasile o in Marocco! Beh, “Calma, è un Posto straordinario”.
Confortato dall’essersi perlomeno localizzato in qualche angolo del mondo, camminò per ore, incontrando solo macchine parcheggiate, ma nessuno all’interno. Alcune di queste erano aperte. Poté quindi rifocillarsi. Si dispiacque per il furto, ma pensò che la sopravvivenza aveva la precedenza sui sensi di colpa. Pensò di accendere la radio, sperando di trovare altre indicazioni utili. Portoghese o arabo? Portoghese o arabo? Portoghese o arabo? Premette il pulsante di accensione con un sussulto. Suspence. Silenzio. Poi il gracchiare di una sintonizzazione non precisa. Cambiò stazione. Ancora gracchiare. Cambiò più e più volte. Ma il risultato era sempre lo stesso. Lo stesso identico fastidiosissimo suono. “Calma, è solo Rotta”.
Ricominciò a camminare. Sabbia. Camminava. Dune. Passi. Deserto. Infinito. Poi all’improvviso nel cielo vide librarsi alcune figure. Sembravano comete colorate che indicavano una direzione. Corse con un enorme sorriso stampato sul volto. La speranza. La fine di quella stramba avventura senza senso. Superata l’ultima duna, la sorpresa. Quegli indicatori multicolore non erano altro che enormi aquiloni. Avevano le forme più strane, particolari. Vide una tigre, una strega, un orso, un pappagallo, un pinguino, uno squalo e tante, tante altre strane figure. Erano gonfiati tutti dal vento che batteva sulla spiaggia. Solo che volgendo lo sguardo verso terra e seguendo i fili che toccavano la sabbia, si accorse che a manovrarli non c’era nessuno. Sembravano lì da sempre, chissà da chi. “Calma, sono solo Aquiloni”.
La sera era giunta e l’indomani avrebbe trovato sicuramente qualcuno a cui chiedere spiegazioni. Chiuse gli occhi. Di nuovo. Buio.
Il Sole sorse di nuovo e pensò che la cosa più intelligente da fare fosse salire sopra un’altura. Del resto, lo insegnava Robinson Crusoe. Ne scorse una in lontananza che non aveva notato il giorno precedente. Mirò quella direzione e partì. Camminò. A tratti corse. Poi camminò di nuovo. Trovò alcune stradine con altre macchine parcheggiate. Poi d’improvviso una casa. Tutta bianca. Bussò. Nulla. La porta era socchiusa. Entrò. Sulla tavola un tagliere con formaggi e alcune salse rosse e verdi, piccole patate al forno, peperoni verdi e una caraffa con una specie di vino rosso, dolciastro. Doveva averlo già bevuto in precedenza. Mangiò e bevve. Poi ripartì salutando, anche se non c’era nessuno. “Calma, è solo sopravvivenza”.
La sabbia lasciò il passo alla terra. Rossa. La collina su cui pensava di salire cominciò a essere più definita. Sempre di più. Fino a mostrare la sua vera natura. Non era ciò che sembrava. Era la bocca di un vulcano. Ma non fumava. E non si sentivano odori sulfurei. Così decise di salire. Più saliva più si rendeva conto che quello era il primo di tanti coni vulcanici di cui era cosparso quel territorio. Di vegetazione nemmeno l’ombra. E il vento che lo aveva accompagnato il giorno precedente sembrava essersi calmato. “Calma, è solo un Vulcano”.
Arrivò in cima. Da lì poteva vedere a 360°. E lo fece. Girò tutt’intorno fino a rendersi conto che si trovava su un’isola. Una di quelle isole dimenticate da Dio. Il terreno aveva ogni sfumatura dei toni caldi. Nessuna speranza di veder crescere qualcosa di coltivabile. Sembrava che lì non piovesse da secoli, anzi forse millenni. Lo sconforto lo prese d’assalto. Agitazione. Tachicardia. Bum bum bum. Nessun segno di vita. Il terreno scosceso. Sassi. Terra. Rossa. La testa girava. Nessuno intorno. Ruzzolò. Il pendio del vulcano. Ripido. Rotolava. Ancora. Ancora. Ancora. Di colpo il buio.
Drin, drin, drin, drin. Aprì gli occhi prendendo tanta aria quanto i polmoni potessero riceverne. Il respiro più grande che avesse mai preso. Spense la sveglia. Spostò le coperte e si mise seduto sul letto. Prese un sorso d’acqua. Pensò che serate a base di tapas canarine con Pimentos del padron, Papas rugas, Queso majorero, Mojo verde y rojo, Sangria e Ronmiel non sarebbero più capitate per un po’. Il ricordo del viaggio appena concluso a Fuerteventura aveva fatto il resto. No, non aveva più lo stomaco né il fegato per tutto questo. Ma le immagini che aveva ancora in testa del Calderon Hondo, di La Oliva e della spiaggia di Corralejo erano talmente vivide che il suo subconscio le riproponeva appena possibile. Non aveva fatto surf, ma si era ripromesso di tornare e cimentarsi alla prossima occasione. “Calma, è solo una Vacanza”.
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