Appunti di viaggio . IRA
Lui, 1669, Idda
In 24 Marzo 2023 da Matteo Rosiello - Matt RossC’è un personaggio un po’ strano che si aggira per il mondo da tempo. Quanto? Boh! Provate a chiederglielo. Vi risponderà che verità quella non era l’India. Oppure vi racconterà di quando, all’interno della pancia di un cavallo di legno, aiutò l’egida greca a sconfiggere la celebre Troia. Ma non perché volesse male a questa e nemmeno perché fosse alleato con l’altra. Pensate, Lui non ci guadagnò nemmeno nulla, da quell’impresa… ma sapeva che dalla fine di quella grande guerra sarebbe scaturita una diaspora che avrebbe portato alla nascita di una civiltà ancora più grande, che secoli dopo viene riconosciuta come una delle più prospere della storia: Roma.
Sì, non è un tipo molto semplice, ma non è nemmeno cattivo. Lui è… Lui. E guai a dargli torto. Inizierà discorsi interminabili intrisi di pagine di storia, che dice di aver vissuto e per questo conosce a menadito. Alla fine, distrutti da ore e ore di aneddoti vari, gli darete ragione.
Sembra un personaggio iconico, un mito, ma vedendolo in giro lo riconoscerete per il suo vestire casual, uno zainetto sulle spalle, forse un giornale o un fumetto Bonelli tra le mani, una coppola sulla testa e capelli brizzolati sotto questa.
Quel giorno, al solito appuntamento del giovedì sera all’Irish pub, il telegiornale passava le immagini di un’eruzione dello Stromboli che la notte precedente aveva spazzato via un intero costone roccioso, causando non pochi problemi alla popolazione, che era stata evacuata immediatamente. Le eruzioni di quel vulcano sono spettacolari: vere e proprie fontane di lava, tanto esplosive quanto pericolose.
I quattro amici nel frattempo discutevano di vulcani, terremoti e maremoti. In quel momento Lui tornò dalla consueta fumata di sigaro. Era stato fuori un po’, mentre osservava divertito le espressioni all’interno.
Esordì: “Io c’ero”. Silenzio. “Quando?” risposero in coro. Non appena terminarono la domanda, i quattro si guardarono negli occhi, comprendendo dal Suo enorme sospiro l’errore appena fatto: ordinarono un altro giro e, rassegnati, si adagiarono sulle sedute, pronti a una storica di fatti ed episodi.
Era il 1669 e Lui era appena rientrato con il suo gozzo carico di pescato. Le reti quel giorno avevano reso abbastanza bene, ma del resto non si poteva mai lamentare. I primi avvisi arrivarono da “Idda”, (“Lei”, nomignolo con cui i catanesi chiamano affettuosamente l’Etna) l’8 marzo. E le successive eruzioni generarono qualcosa che non si era mai visto prima. Oltre 4 mesi di movimenti tellurici ed esplosioni di lava che modificarono per sempre la sua città (di quel periodo), molti paesi attorno e perfino la linea di costa.
Dice di ricordare perfettamente quando in pochi giorni vide scomparire per sempre i paesi di Mompileri, Misterbianco, Nicolosi e molti altri, e sorgere quelli che in seguito sarebbero stati chiamati i Monti Rossi. Ma il peggio non era ancora arrivato.
Le colate, dopo aver distrutto un antico acquedotto, raggiunsero la cinta muraria cittadina, passandola e inondando di fuoco la città, che da allora non fu mai più la stessa.
Il Castello Ursino, voluto circa quattro secoli prima da Federico II di Svevia come avamposto di difesa della Sicilia orientale, venne circondato dalla lava che, sebbene non ne distrusse le strutture, lo isolò in un mare di lava, riempiendone il fossato e coprendone i bastioni. La struttura immaginata come difesa verso i nemici provenienti dal mare, si trasformò in difesa contro un nemico impensato fino a quel momento, che aveva viaggiato per centinaia di chilometri dal centro della terra.
L’antica sede del parlamento siciliano e in seguito residenza dei regnanti di Sicilia, aveva avuta salva la vita. Lui raccontò che divenne in seguito prigione e infine sede del museo civico di Catania.
Come Lui ha detto, il Castello doveva fungere da punto d’osservazione e di difesa contro attacchi marittimi. Ma l’eruzione del 1669 fu così potente da spostare la linea di costa indietro di centinaia di metri: d’improvviso divenne una costruzione d’entroterra. E nuove possibilità venivano date a persone bisognose di spazi in cui costruire la propria abitazione all’interno delle mura cittadine: non male per il nostro vecchio volpone, che con l’astuzia necessaria tirò su in quattro e quattr’otto un bel palazzetto nel nuovo centro cittadino!
Questa non fu l’unica eruzione che raggiunse Catania. Lui lo sapeva bene e ricordò quella del 252, episodio che gli fornì l’assist per raccontare altre bellezze della città. In quell’occasione, la lava raggiunse l’anfiteatro romano, ma si fermò prima di arrivarvi, dopo l’esposizione della sindone di Sant’Agata, morta l’anno precedente. Lui l’aveva conosciuta, la povera ragazza: aveva frequentato la sua famiglia, molto ricca, ma che fine orribile aveva fatto!
Tornando a noi, per visitare quest’opera romana bisogna percorrere via Etnea, il corso principale, luogo di passeggiate e shopping catanese, e girare la testa una volta giunti a Piazza Stesicoro. Non lo si vedrà ad una prima, frettolosa occhiata, ma bisognerà cercarlo sotto la pavimentazione odierna. Spunta fuori maestoso, e Lui ci assicura che un giro al suo interno vale proprio la pena.
Il giro con una guida così privilegiata come Lui non è finito: altro punto d’interesse legato a questa eruzione è la cattedrale di Sant’Agata. Situata in Piazza Duomo, davanti alla Fontana dell’Elefante e al Palazzo degli Elefanti, sede comunale, conserva in uno scrigno d’argento il velo rosso che secondo la legenda salvò la città dal fuoco etneo. Ma non solo nell’occasione nominata: anche in numerose eruzioni successive: 1169, 1329, 1381…
La facciata è barocca, riccamente decorata e tripartita, come l’interno, in tre navate. Si possono tuttavia distinguere diversi stili, dal normanno al neoclassico, frutto delle diverse epoche costruttive che l’hanno portata a essere l’opera d’arte odierna. Lui dice che una delle statue al suo interno è stata palesemente ispirata alla Sua figura. Mah.
Per vedere la potenza di fuoco de “’a Montagna” (altro nomignolo affettuoso dedicato dai catanesi all’Etna), a Lui piace avvicinarsi molto, percorrere le stradine che si inerpicano su, fino alla Schiena dell’Asino. Qui, con un breve percorso, è capace di portare chiunque ad ammirare dall’alto la Valle del Bove: una depressione totalmente nera, lavica, che dalla sommità scende a perdita d’occhio. Da quassù Lui ci sa indicare tutti i paesini che ha nominato in precedenza, e che ha aiutato a ricostruire nel tempo con la sola forza delle braccia, arrivando ad identificare fino agli Aci (Acireale, Acitrezza, …), sul mare, dov’è stato a lungo in rada il suo gozzo.
L’ora si è fatta tarda e bisogna tornare a oggi, con le immagini televisive che nel frattempo mostrano una televendita di tarda notte. Il pub è vuoto e anche l’oste inizia a poggiare la testa sul bancone. Lui saluta gli assonnatissimi amici, promettendo di raccontare qualche altra fantastica avventura al prossimo appuntamento. Quando? Beh, Lui solo lo sa!
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