
IRA . Racconti da Kepler
In attesa dell’ultima, vi racconto la prima (copia cartacea)
In 18 Settembre 2015 da Il ViaggiatoreAnche oggi sono negli Stati Uniti: è il terzo momento storico che vi racconto da qui.
È giovedì 18 settembre 1851 e sono nella città forse più famosa al mondo, forse la più raccontata, forse quella più vista al cinema: New York.
Il Central Park, di cui tanto mi hanno parlato e ho letto, inizierà a essere costruito tra otto anni. Però oggi è un giorno storico e non voglio farvelo perdere! Magari non lo sarà quanto il 30 aprile 1789, quando qui è stato eletto il primo Presidente: George Washington. NY era da un anno capitale degli States e lo sarebbe stata solo fino al 1790.
La città puzza ed è caotica, in maniera diversa da quello che è oggi, anche perché i cavalli non sono quelli dei motori. Però è una città viva, che ribolle, con diverse ondate migratorie: la carestia irlandese la percepisco anche dagli accenti non proprio inglesi che ascolto per le strade e che hanno attraversato l’Oceano per fuggire dalla fame.
Non tutti sanno leggere, pochi si informano, ma i giornali cominciano a essere una realtà e con essi l’opinione pubblica. Le notizie cominciano a diffondersi per e da tutto il mondo, almeno quello più progredito.
In questi anni è diffusa la penny press, la yellow press sta arrivando anche proprio a partire da oggi. Stampa popolare la penny, che continuerà a vivere, ma c’è bisogno di altro che non sia intrattenimento: notizie autorevoli, riflessione e opinione pubblica attorno a eventi politici ed economici.

“First NYTimes frontpage (1851-9-18)” by The New York Times – ProQuest Database. Licensed under Public domain via Wikimedia Commons.
L’ho tra le mani, questa prima copia, una copia di un quotidiano che racconterà il proprio Paese e il mondo, che finirà tra le dita di milioni e milioni di newyorkesi. La dovrò lasciare qui, purtroppo, la terrei con grande piacere nella mia collezione di cimeli, ma non posso.
Ci leggo diverse notizie, molte delle quali provengono dall’Europa: a Londra c’è l’esposizione universale, si parla di Francia e Austria (del resto sono le nazioni padrone del mondo). C’è pure l’Italia, con l’assassinio di un Carabiniere.
Sono informato, vero? Conosco molto di questo pianeta: che ne dite miei cari lettori? E di cosa vi stupite? Il mio mestiere me lo impone e a me non piace farmi cogliere in castagna.
Non sono riuscito solo a scoprire quante copie siano state stampate di questo giornale fondato da Henry Jarvis Raymond e George Jones: ho provato a passare a Long Acre Square, la loro sede, ma Raymond, che ne è il Direttore, è inavvicinabile e lo capisco. Purtroppo la mia visita è troppo breve per tentare un’intervista. L’entusiasmo che vedo è però alle stelle, per cui potrebbero essere anche 15mila copie.
Entro in un saloon, dove qualcuno si guarda il quotidiano, sorseggiando quell’odioso caffè che servono qui: la curiosità è tanta e mi avvicino mentre uno di loro legge il messaggio stampato in prima pagina dai fondatori: “We publish today the first issue of the New-York Daily Times, and we intend to issue it every morning (Sundays excepted) for an indefinite number of years to come”.
Volando velocemente nella storia del quotidiano e la storia che il quotidiano ha raccontato, chiudo con il 2007, non solo perché il quotidiano si trasferisce sull’8, Avenue e la sede è il New York Times Building, grattacielo disegnato da Renzo Piano, ma anche perché l’editore Arthur Sulzberger jr., come ricorda Vittorio Sabbadin nel suo libro L’ultima copia del New York Times, il futuro dei giornali di carta, l’ultima copia verrà stampata il 31 dicembre 2012, per lasciar spazio solo alle versioni in digitale diffuse dal Web.
In realtà, lo abbiamo visto, non è andata così; e mentre una copia vola via per un improvviso colpo di vento, piccolo indizio che l’autunno si avvicina, saluto New York, felice di aver vissuto e avervi raccontato un momento così importante della storia di questo pianeta.
Alla prossima.
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