
IRA . Racconti da Kepler
Vesuvio: l’eruzione del 1631
In 16 Dicembre 2016 da Il Viaggiatore
Vesuvio, foto di Mentnafunangann
Sono a Napoli da qualche giorno. Città misteriosa, viva, in continua espansione con i suoi 500mila abitanti, unica, odorante e chiassosa. Il golfo, le barche e i pescatori, le carrozze, i carretti e poi lui, il vulcano, che vedi appena giri lo sguardo.
Il Vesuvio è lì, con tanta voglia di far sentire che c’è: lo ha già fatto più volte nella storia, il 79 d.C. è la data più ricordata e devastante ma altre volte ha seminato paura e morte.
Mi sono alzato presto, in questo martedì 16 dicembre 1631, ero in una locanda in via San Gregorio Armeno e adesso mi mescolo alle persone. La terra ha tremato anche nella notte, si è udita anche un’esplosione proveniente dal cratere. La terra tremerà tra poco, ancora più forte, quando si scatenerà la forza della natura. È da giugno che ci sono scosse e la paura c’è, sempre con l’ironia e la quasi rassegnazione di chi convive con un pericolo ed è conscio di esso, di chi spesso non ha alternative ma, tutto sommato, non cambierebbe questo luogo con altri.

Obelisco di San Gennaro (foto di Berthold Werner)
Mi fingo un mercante spagnolo, un mercante alla ricerca di buoni affari e manifatture: sono Gonzalo Ribargoza. Perché spagnolo? Perché qui comandano loro e a governare ci mandano un Vicerè, soprattutto a esigere le tasse, forse il potere più rilevante che gli assegnano. In realtà a comandare è Filippo il Grande, Filippo IV d’Asburgo-Spagna, che a maggio ha sostituito Fernando Afan de Ribera con Manuel de Acevedo y Zúñiga, che tra i titoli ha pure quello di Re di Napoli. Il nuovo Vicerè è stato italianizzato in Emanuele Zunica e Fonseca ed è Conte di Monterrey. In realtà i napoletani lo pronunciano in maniera differente e, talvolta, aggiungono espressioni che non mi risultano facili da decifrare o pronunciare ma che intuisco non siano proprio raffinate. E questo riguarda anche la sua consorte, Leonor Maria de Guzman. Del resto, Masaniello guiderà la rivolta tra sedici anni: l’eccessiva tassazione te la raccontano un po’ tutti, magari sottovoce, e pesa soprattutto sul popolo, come sempre.
Mi inoltro sempre più nel centro storico, forse mi perdo, ma ne vale la pena perché pulsa di bancarelle, panni stesi, acqua sporca che scorre ai lati della strada, urla, litigi che incarnano un ritmo musicale che è difficile da rendere in parola scritta. Gli stivali mi fanno male e il mantello blu non mi tiene il caldo che speravo. I nobili qui non si vedono, almeno fino a quando per diletto non cercano qualche brivido e si mescolano indossando abiti popolari. Le dame, ancora meno o, forse, chissà. Non ci sono nemmeno i borghesi, i nuovi ricchi, i notabili e i ceti delle professioni alte, come medici e avvocati, che hanno iniziato l’inarrestabile ascesa sociale. La povertà popolare è più che percepibile, l’abbigliamento è essenziale e trasandato: l’eleganza non è la priorità. Le popolane lasciano intravedere sotto gli scialli scollature generose portate con orgoglio e gli uomini hanno spesso i capelli raccolti dalle reti e pugnali alla cintura.

Lapide di Portici (fonte http://www.ov.ingv.it)
Un’altra scossa, questa era forte e qualche imprecazione è volata. Qualche suppellettile è volato a terra, qualcuno si è messo a correre. Qualcuno si è rifugiato in chiesa, quante ce ne sono in questa città. Sono molto incuriosito dai vostri rituali religiosi e mi riprometto di studiarli. So che qui c’è un santo, San Gennaro che, si dice, protegga la città. Se il suo sangue non si scioglie è un brutto presagio: da quel che so non è accaduto nel 1527 ed è forse anche per questo che i napoletani hanno paura ma sperano di passarla liscia. Sono le 7 e il boato è stato fortissimo: si è rotto il cono del Vesuvio, la montagna si abbasserà di 450 metri. Panico, paura, occhi che si guardano attorno e si girano in direzione del mare e poi verso l’alto. Sono appena iniziati tre giorni terribili dei diciannove complessivi e questa è la decima eruzione che è scritta nelle pagine della storia. I napoletani e i paesi che circondano la città, che hanno spesso pagato caro questa forza della natura, non sanno che il Vesuvio si risveglierà altre ventuno volte, l’ultima nel vostro anno 1944.
Oggi si spiegano i laghetti d’acqua e le fumarole dei mesi scorsi. Mentre corro più lontano possibile dal mare – le acque comunque si ritireranno domani – devo scansare ceste, carretti e persone. Tra due ore cominceranno a cadere pomici e polveri verso est e poi capiterà anche qui; la notte sarà contrassegnata da pioggia di polvere che arriva da una nuvola a forma di pino stimata in ben 15 km d’altezza. La vedranno persino in Puglia e in Umbria e le ceneri, racconteranno le cronache, arriveranno sino in Africa. I paesi attorno, Ottaviano, Nola, Torre Annunziata, Torre del Greco non avranno solo danni e incendi, case distrutte e morte di bestiame. Si conteranno anche oltre quattromila vittime e quasi cinquantamila persone costrette a lasciare la loro abitazione. Domani sarà un giorno terribile, giovedì continueranno fino a quietarsi le scosse e la caduta di detriti. Ci saranno colate laviche e di fango. Questa eruzione entrerà nella storia.

Micco Spadaro, Processione di San Gennaro per l’eruzione del 1631.
L’aria tra non molto diventerà irrespirabile, con un forte odore di zolfo, la lava rischierà di arrivare in città, dai paesi vicini scapperanno per rifugiarsi a Napoli: il Vicerè ordina di fermare questi ingressi, anche per paura di epidemie, poi tornerà sui suoi passi. Alcuni saggi saranno inviati alle pendici del vulcano sempre da Emanuele Zunica e Fonseca per comprendere la situazione e avere notizie di prima mano. Alcuni messaggeri dovranno interrompere la loro missione, perché bloccati dall’eruzione. I napoletani nelle prossime ore cercheranno aiuto nel proprio santo: una processione lungo le via della città con le insegne del protettore portate sino al ponte dei Granili. Il sangue si scioglierà, ripetendo il miracolo e la città si salverà. Un quadro di Micco Spadaro raffiguerà l’evento in bellezza e drammaticità. La città farà un voto e nel 1637 verrà eretto, su progetto di Cosimo Fanzago, il primo obelisco della città, dedicato a San Gennaro in piazza Riario Sforza. Il Vicerè, invece, finanzierà una lapide che si trova a Portici, che invita il viandante a scappare se sente il Vesuvio rumoreggiare.
Lascio Napoli, ci tornerò!
Alla prossima!
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