
IRA . Racconti da Kepler
Sono Jayne Mansfield: The one and only
In 29 Giugno 2018 da Il ViaggiatoreSerata calda, questo 28 giugno 1967: ho cenato al Seafood Restaurant & Buccaneer Lounge sulla US Highway 90 a Biloxi, nel Mississippi. Non è stato facile ottenere un tavolo quando ho detto che ero da solo, ma alla fine il proprietario, Gus Stevens, un imprenditore di origine greca, che ama pure rispondere al telefono, mi ha detto sì. Ho giocato “sporco” millantando un lavoro da giornalista al New York Times inviato in queste zone e desideroso di concedersi un po’ di svago. In questo locale non si mangia soltanto, è anche un night famoso e apprezzato: qui si sono esibiti anche Jerry Lee Lewis e Andy Griffith, e più volte lei, che qui è amatissima.
Sono le 23.30 e tra qualche nuvola di fumo di troppo ha appena terminato la sua esibizione, in verità molto breve seppur applaudita: è un’attrice in declino che non ha mai saputo reggere il confronto con la bionda per eccellenza di Hollywood: Marylin Monroe. Non le è riuscito nemmeno quando “MM” è morta qualche anno fa entrando, tra i tanti misteri, nel mito. I film sono diventati sempre più di bassa produzione, come Single Room Furnished dello scorso anno, diretto dal terzo marito Matt Cimber, l’ultimo da protagonista, oppure con ruoli marginali come nel corale A guide of married man di Gene Kelly, quello che chiuderà la carriera.
Lei era lì, sorridente, ammiccante con la sua voce morbida e seducente (ha baciato sulla fronte diversi uomini che la stavano ad ascoltare, a qualcuno si è pure seduta in braccio) e non sa che non raccoglierà più applausi. Non ve l’ho ancora detto: parlo di Vera Jayne Palmer nota come Jayne Mansfield, avendo mantenuto da artista il cognome dal primo marito sposato a 17 anni. Adesso, di anni, ne ha 34.

Sophia Loren e Jayne Mansfield, 1957, foto di Joe Shere
Jayne non è altissima con i suoi 168 cm ma di sicuro attira l’attenzione per le forme prosperose e un seno che sembra fatto per gli sguardi. Non disdegna certo di mostrarsi anche in nudi integrali: ex playmate, generosa con i fotografi (storica la foto di Joe Shere del 1957 in cui le esce un capezzolo durante una cena di gala della Paramount, con la collega Sophia Loren che strabuzza gli occhi scandalizzata), nuda sulle riviste e non senza scandalo in Promises… Promises! del 1963, la prima pellicola con una star mainstream senza veli, anche se è l’incompiuto Something’s Got to Give, interpretato dalla Monroe, uscito nel 1962, a essere legittimato a reclamare il primato: ancora una volta, l’altra. Molti pensano che sia una bambola bionda mentre in realtà chi la conosce bene sa che parla cinque lingue, suona il violino, il pianoforte e ha studiato all’Università di Dallas, Austin e della California.
Solo tre giorni fa è andato in onda Our World, il primo programma in mondovisione e che da Londra ha visto i Beatles cantare All You Need Is Love, composta proprio per l’occasione: al tavolo di fianco c’è una coppia di fan che ne parla; la vostra civiltà sta facendo le prove per collegarsi in modo globale ma la guerra fredda è più che mai “calda”: diversi paesi del blocco di Varsavia, URSS in testa, hanno boicottato l’evento, perché si stanno facendo i conti con La Guerra dei sei giorni appena conclusa e con gli scenari di tensione ulteriormente accesi in Medio oriente.
Questi sono però soprattutto gli Stati Uniti della guerra del Vietnam e delle cocenti sconfitte che mandano a casa nelle sacche troppi ragazzi di una generazione e alle prese con i conti della rivolta studentesca e dell’onda lunga del razzismo nei confronti dei neri; questo è l’anno in cui la star Sidney Poitier interpreta due capolavori: è l’Ispettore Virgil Tibbs ne In the Heat of the Night e John Prentice in Guess Who’s Coming to Dinner, con cui l’America perbenista (o che non pensa di esserlo) riflette, almeno sul grande schermo. Questo è l’anno di The Graduate e del topless di Ann Bancroft davanti al giovane e ingenuo Dustin Hoffman e dove da poco la coppia dei belli del momento, Robert Redford e Jane Fonda, cammina Barefoot in the Park. I The Monkees, con l’album Headquarters sono in testa alla classifica degli album più venduti mentre il singolo più cantato secondo Bilboard è Groovin’n dei The Young Rascals. L’uomo non è ancora sbarcato sulla Luna per completare quel sogno (o rincorsa alla supremazia contro i sovietici, scegliete voi) di John Fitzgerald Kennedy e raccolto dal suo vice, subentrato dopo l’assassinio di Dallas e ora Presidente a tutti gli effetti, Lyndon Baines Johnson.
Mentre sorseggio un ottimo bourbon, che di tanto in tanto guardo in controluce (del resto ci voleva dopo quell’enorme bistecca che mi sono divorato), la cameriera mi offre la possibilità di acquistare dei sigari: accetto e consumo un po’ degli altri dollari che mi sono portato. Glielo devo dopo la gentilezza con cui si è adoperata dopo la vistosa macchia di ketchup sulla cravatta.
Giochicchio con una bustina di zucchero e ripenso ancora a lei, la diva nata il 19 aprile 1933 a Bryn Mawr, un piccolo paese della Pensylvania da genitori italiani, padre avvocato che aveva cambiato il nome di Erberio Palmieri in Herbert Palmer, perso all’età di tre anni, e mamma Vera; ripenso al suo vestito bianco con la schiena e i fianchi scoperti, il fiocchetto bianco in testa sulla chioma bionda e gli orecchini vistosi a luccicanti mentre tiene in mano il microfono: non si può certo dire che non sappia sedurre e incantare. Lei però rappresenta la diva dai sogni infranti, che arrivata a un certo punto non riesce a varcare la soglia del memorabile o dell’immortalità: nessuna candidatura all’Oscar® e nemmeno nessun film interpretato degno dell’Academy Awards. Jayne è donna da qualche capriccio di troppo, che abusa di alcool e ha troppi uomini (persino una relazione con J.F.K. e con Anton LaVey, un satanista fondatore della Chiesa di Satana incontrato a San Francisco nel 1966), ha sempre i tre figli al seguito che la vedono esibire nei locali e nelle tv minori nelle quali raccoglie cachet per una vita nella quale non devono mancare il lusso e gli immancabili cani, dai quali non si separa mai. Jayne non sarà mai un’icona anche se a una signora che la riconoscerà durante l’ultimo viaggio che sta per fare in auto dirà di essere “The one and only“.
Cos’è l’ossessione? Per Jayne era Marylin, con cui condivideva la similarità di una vita segnata dagli abusi e da momenti poco felici: una precoce maternità a 16 anni, frutto di uno stupro durante una festa troppo alcolica, una vita a mitigare se non a nascondere l’intelligenza, la necessità di mostrare prima di tutto la bellezza biondo platino e un corpo da maggiorata sorretto dal costante sorriso, per concludere in modo tragico una vita breve e bruciata.
Jayne è in camerino con l’amante e manager Samuel S. Brody e i tre figli a chiedere a Stevens una Cadillac: domani, giovedì 29, deve essere a New Orleans. Avrà la Buick blu metallizzato della moglie del proprietario. La partenza a notte tarda consiglia di avere un autista, si offre Ronnie Harrison, uno studente di college che lavora nel locale.
La vedo uscire, quasi di corsa, con i Chihuahua che tirano il guinzaglio e lei sembra avere fretta, non sa che sta correndo verso la morte. La macchina si dirigerà su un percorso interno verso Crescent City tra boschi e paludi: sarà fatale una curva nei pressi del Rigolets, un fiume che collega il Lago Pontchartrain al golfo, perché la Buick finisce contro un autocarro guidato da Richard Rambeau impegnato nella disinfestazione dalle zanzare: accadrà alle 2.25. Per la Mansfield, Brody e Harrison che viaggiavano davanti non ci sarà scampo, per i figli, che erano sul sedile posteriore, conseguenze minori: Mikóls di 8 anni se la caverà con un braccio rotto, Zoltan Anthony di 6 e Maryska di 3 con qualche escoriazione (tutti e tre sono i figli del secondo marito dal 1958 al 1964 Mickey Hargitay, “Mister Muscolo”). Moriranno anche due cani. I soccoritori la troveranno senza capelli, come se nello scontro una lamiera le avesse tolto quella chioma come in uno scalpo che nega anche all’ultimo il ruolo di bionda del cinema hollywoodiano.
Jayne aveva altri due figli: Jayne Marie che prese il cognome di Paul Mansfield, marito dal 1950 al 1958 e Tony, figlio del terzo marito Matt Cimber dal 1964 al 1966. Tra le altre cose, Jayne Marie sarà la playmate di giugno del 1976.
Jayne verrà sepolta, dopo un funerale per pochi intimi, nel cimitero di Fairview a Pen Argyl, in Pennsylvania.
Ho sentito partire la Buick: finisco l’ultimo sorso di bourbon. Pago il conto, lascio una lauta mancia e mi avvio all’uscita. Nelle narici mi entra l’aria umida della notte. È ora di tornare.
Alla prossima!
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