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Valentina Rosselli, Milano, professione fotografa
In 25 Dicembre 2015 da Il ViaggiatoreCaschetto nero, una Rolleiflex in mano. Guarda dentro al pozzetto e sta per scattare. Ti osserva dall’obiettivo e l’obiettivo è a sua volta inciso sulle pagine. Quelle pagine sono disegnate. Ogni disegno racconta una scena. Un film, un sogno, un fumetto: non si riesce a definire senza essere parziali. So che quelle scene hanno fatto sognare i ragazzi delle scorse generazioni, gli ex-ragazzi. Che hanno ancora ben chiaro l’erotismo di quella fotografa di nome Valentina Rosselli.
Il suo autore l’ha fatta vivere e non l’ha lasciata mai più. Se ne voleva staccare eppure non ci è mai riuscito del tutto, in una sorta di patologia onirica, gelosia fantastica. «Vorrei provare ad abbandonarla… farle spegnere la luce una sera e non andarla a disturbare mai più. Ma sono indeciso, ho paura di lasciarla».
Quanto c’è oltre alla sensualità? Molto. Intrecci letterari, mise en abyme, fotografia: in Valentina il mondo culturale è svelato in una ricchezza di tematiche. Si avvicina alla vita vera, la vita vera di una donna bellissima. Valentina ha le sembianze dell’attrice statunitense Louise Brooks, tanto che addirittura Valentina stessa se ne prende la responsabilità, dichiarando di aver copiato il suo stile dall’età di sedici anni, età in cui viveva dentro un’idea, perché si incarna in un disegno che è già adulta. E appunto, ci viene da dirle, prima di essere Valentina, chi eri? Cosa eri? Ci fornisci dei dettagli, frammenti, verosimiglianza, addirittura un passato. Ci racconti che hai copiato la Brooks dopo aver visto il film muto Pandora’s Box del ’29. E tu sei nata tredici anni dopo, quando la diva si avvicinava ai quaranta.
Perché Valentina ha persino una carta di identità che segna la sua nascita il 25 dicembre 1942. Ci dice essere stata affetta da anoressia in adolescenza e confessa di avere incubi derivati da un disturbo psichico.
Io sono sceso sulla Terra il giorno di Natale del 1942 per raccontare la nascita di una donna che non si materializzerà per ancora ventitré anni. Questo giorno ha il sapore di una data inesistente sul calendario, un Natale strappato. Potrei raccontarvi che nel frattempo l’Italia, il Paese di Valentina, sta combattendo la II Guerra Mondiale, che oggi è venerdì, e che, pur in atmosfera bellica, a Natale il clima è onirico.
Potrei dirvi che questa fotografa disinibita che sta per nascere mi sembra più reale di molte donne del terzo millennio; che sono stato subito affascinato dalla sua immagine, quel corpo sempre nudo, sempre in mostra nel suo gusto al feticismo, che rivela un’arroganza mista a provocazione, ma che poi in fondo nasconde una sensibilità particolarmente accentuata. Oppure potrei tornare alla realtà e discutere del fatto che Valentina Rosselli non è mai esistita come donna, e che non è stata partorita da una donna (neppure virtualmente) ma da un uomo. Un uomo che non riesco a definire del tutto un padre, perché Guido Crepax era molto più vicino a un amante. La fa crescere, invecchiare, e la rende ancora più sexy con le rughe, ancora più affascinante come madre.
Forse la Brooks si innamora di questo uomo, chissà. Gli scrive che è il solo ad aver capito la sua vera essenza, ma non lo conoscerà mai. E forse a Crepax non interessava granché conoscerla perché aveva già la donna perfetta, era una sua creatura, molto più che una sua creazione.
Quale personaggio avrà rappresentato per la sfacciata Valentina? C’era quel Phil, ma sarebbe troppo pensare che Crepax potesse diventare un amante passeggero e insignificante: «… e io sarei una Donna Oggetto? Che idiozia… Oggetto, di chi? Povero Phil, IO l’ho usato come un robot… un vibratore umano».
Eppure oggi, che è Natale, passeggiando nelle strade di questa Milano gelida, mi viene la malsana idea che forse Valentina davvero esisterà, e già la sento reale, e già immagino di conoscerla nel 1965. E di amarla.
(Immagini tratte da © Valentina by Guido Crepax. All right reserved)
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