IRA . Racconti da Kepler
La congiura delle polveri
In 4 Novembre 2016 da Il ViaggiatoreOdore, odore nauseante e topi. Polvere, buio e polmoni che si ribellano. Sono sotto Westminster, stanno cercando non hanno ancora capito cosa, forse sperano di trovare qualcuno. La bellezza che è sopra di noi stride con lo schifo qui sotto. Sporcizia che il tempo ha solidificato, mattoni che da rossi si sono anneriti. Non invidio chi deve venire quaggiù perché glielo ordinano, perché il suo lavoro è umile e senza scampo.
La concitazione è tanta, la paura palpabile. Sono una guardia, sono sotto la guida di sir Thomas Knevett e sono le ultime ore del 4 novembre 1605: stiamo per scoprire The Gunpowder Plot, La congiura delle polveri.
La divisa ricostruita attraverso qualche descrizione e immaginata da pochi quadri è corretta e mi sorprende quanto sia perfetta in ogni dettaglio. Mi manca però l’aria e sto sudando. Le torce tolgono ossigeno. Il fumo è acre. Le ragnatele bruciano velocemente al nostro passaggio.
Giacomo I, il re scozzese, chiamato dopo Elisabetta I (figlia di Enrico VIII, quello dello scisma) a sedere sul trono d’Inghilterra vuole risposte, anzi le pretende. Tutto è partito da una lettera anonima consegnata al cameriere di William Parker, Lord Monteagle lo scorso 26 ottobre. Parker è sposato con Elizabeth Tresham, sorella di Francis, uno dei 13 congiuranti che verranno accusati nei prossimi giorni.
… Mio signore, … mi sta a cuore la vostra salvezza. Pertanto vi prego … se vi è cara la vita, di escogitare una scusa per evitare di presentarvi a questo Parlamento… ritiratevi nella vostra campagna … perché, anche se non ci sarà nessun segno di sommossa, pure vi dico che riceveranno un colpo terribile in questo Parlamento… il pericolo passerà non appena brucerete questa lettera. E spero che Dio, alla cui protezione vi raccomando, vi conceda la grazia di farne buon uso…
Questo errore, dettato dalla parentela, risulterà fatale.
La lettera il 1° novembre finisce tra le mani di Sir Robert Cecil, Conte di Salisbury e consigliere del Re che leggerà lo scritto il 4 novembre, il giorno che precede lo State Opening. Il Parlamento si doveva riunire a luglio ma le epidemie sono sempre terribili e pronte a falcidiare senza guardare in faccia a nessuno, quindi l’appuntamento è stato spostato alla mezzanotte che annuncia il 5 novembre.
Nulla, non si trova nulla, comincio a pensare che non sappiano cosa cercare. I dubbi che la missiva corrisponda al vero è stata evidenziata da qualcuno nel Consiglio ristretto ma Giacomo I non si è fidato e ha ordinato più ricerche. Questa sarà quella decisiva e manca poco.
Ha figli Giacomo I, ha paura per loro. Aveva promesso di essere più morbido con i cattolici, tanti, presenti in ogni ruolo della società e perseguitati dopo la riforma anglicana. Loro ci speravano ma non è andata così. Si è rimangiato la parola e l’attrito con Paolo V, Camillo Borghese eletto nel maggio scorso, non ha ridotto il solco con Roma, la frattura rimane insanabile.
Siamo alla quarta cantina e all’ennesimo corridoio, ho perso il conto, ma non troviamo nulla di rilevante. I congiuranti, come tutti i cattolici, simpatizzano per la Spagna, per l’arciduchessa cattolica Isabella, sorella di Filippo III. La volevano Regina, così non è stato. La congiura può avere un altro episodio, il rapimento di Elisabetta, la figlia di nove anni del Re: potrebbe essere lei, morto il padre, a salire sul trono.
Urla, inseguimenti, concitazione: hanno trovato l’esecutore. Lo hanno bloccato. Dice di chiamarsi John Johnson, in realtà si chiama Guy Fawkes. Indossa un mantello nero e un cappello a larghe falde, ha gli occhi scuri, capelli e barba lunga e ben curata, lo sguardo impassibile di chi sfida. Gli hanno appena strappato l’innesco per accendere la legna e il carbone posti sopra 36 barili di polvere da sparo: se non fossimo arrivati in tempo il Parlamento sarebbe esploso: a mezzanotte infatti dovevano aprirsi i lavori.
Fawkes viene condotto dalla guardie reali al cospetto di Giacomo I. Si rifiuta di confessare, di fare i nomi, ripete di essere John Johnson: è sprezzante, per nulla intimorito; quando gli chiedono del perché fosse in prossimità di tanto esplosivo risponde: “To blow you Scotch beggars back to your native mountains“. Già, vuole rispedire sulle sue montagne quel nobile scozzese anglicano e le sue promesse non mantenute ai cattolici. In fondo Giacomo I stima il coraggio e l’ardore di quest’uomo di famiglia benestante, convertitosi successivamente al cattolicesimo, gran viaggiatore in Europa per la causa religiosa e dissipatore in pochi anni di un intero patrimonio.
La decisione è immediata. Viene trasportato nella Torre di Londra dove inizieranno gli interrogatori. La scena è drammatica, probabilmente immagina il suo destino, non sa però quanto dolore dovrà provare: lo attendono otto giorni di torture, quelli necessari perché ceda e faccia i nomi.
Io ho la gola secca per la tosse e rifletto sul potere, sulla religione che è potere, sulla crudeltà degli interrogatori, sul coraggio, sugli ideali e sul valore della vita.
Fawkes subirà prima la tortura delle manette, poi quella del cavalletto, che significa elongazioni degli arti, lussazioni e danni permanenti. Comincerà a fare i nomi, che alla fine saranno tredici.
Robert Catesby, Thomas Wintour, Jack Wright e Thomas Percy erano con Fawkes: il gruppo che si era riunito mesi prima nella locanda Duck and Drake nel quartiere di Strand, siglando il patto. Si sono aggiunti Thomas Bates (che coinvolgerà i gesuiti padre Tesimond e padre Garnet) Robert Keyes, Robert Wintour, Christopher Wright, John Grant, Ambrose Rookwood (che procurerà la polvere da sparo) Everard Digby e Francis Tresham.
Catesby, Percy e i Wright verranno uccisi durante l’arresto mentre Tresham morirà di infezione in prigione. Per gli altri otto, il 30 gennaio nel cortile di St.Paul e il 9 febbraio in quello di Westminster, ci sarà la famigerata Hanged, drawn and quartered: dopo l’impiccagione ma senza provocare la morte, il condannato viene evirato, gli vengono tolte le viscere e poi squartato, mandando ai quattro angoli del regno le parti del suo corpo anche a monito per tutti i cattolici.
L’ultimo a subire l’esecuzione sarà proprio Fawkes, che chiederà perdono al Re ma in ultimo atto di ribellione si farà il segno della croce.
Torno nel terzo millennio e penso che, irriso per molto tempo, il 5 novembre è ancora oggi giornata di falò e festeggiamenti contro la congiura mancata. La figura di Fawkes verrà riabilitata nei secoli successivi, quando la lotta contro il potere e la fedeltà agli ideali lo trasformeranno in paladino: prima il romanzo storico di William Harrison Ainsworth e poi, nel Novecento, una serie di fumetti scritta da Alan Moore e disegnata da David Lloyd lo faranno rivivere simbolicamente attraverso V for Vendetta, dove il protagonista delle storie che si ispirano al genere distopico utilizza una maschera che ne riprende i tratti del volto. Nel 2006 ci sarà anche una trasposizione cinematografica. La maschera di V for Vendetta (vedi Monológos) è diventata l’avatar degli attivisti di Anonymous, che dal 2003 opera nel Web con diverse iniziative contro il potere. Nel 2011 la maschera è uno dei simboli di Occupy Wall Street, il movimento spontaneo che a Zuccotti Park di New York ha protestato contro la borsa della Grande Mela, considerata il potere della finanza mondiale.
Alla prossima!
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