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La crociera
In 22 Giugno 2018 da Gianluca PapadiaIl sogno di mia mamma è sempre stato quello di fare una crociera nel Mediterraneo.
«E dove li troviamo tutti quei soldi?», le ha sempre risposto mio padre ogni volta che la mamma tornava a casa con i dépliant dei vari tour operator.
Io e mia sorella abbiamo passato notti intere a sfogliare quei cataloghi sognando di essere a bordo di quelle città galleggianti. «Questa ha quattro piscine», decantava mia sorella la mattina a colazione, sperando di far breccia nel cuore di mio padre.
«Tu stai in mezzo al mare e pensi alle piscine?», si difendeva lui e buttava i cataloghi nel bidone della carta.
Appena papà usciva, recuperavo i cataloghi dalla spazzatura e li andavo a nascondere sotto il mio letto.
Una settimana fa, però papà è tornato a casa con quattro biglietti. «Maria, prepara le valigie, domani si va in crociera», ha esclamato felice sventolando i biglietti, «e non mi chiedere dove li ho presi!».
Mamma ha preso i biglietti dalle mani di papà ed è scoppiata a piangere, io sono corso in bagno a fare la pipì, mia sorella ha lasciato cadere la bottiglia d’acqua che stava posando in frigo. La bottiglia è andata in mille pezzi e l’acqua ha bagnato tutto il pavimento ma la gioia era talmente forte che il pavimento è stato ripulito solo il giorno dopo.
Mamma ha passato tutta la notte a fare le valigie incurante del russare di mio padre che per la prima volta nella sua vita non le dava fastidio. Io e mia sorella – dopo aver buttato tutti i cataloghi – abbiamo fantasticato su tutte le cose che avremmo fatto in quel viaggio.
Salire su quella nave è stata l’esperienza più bella della mia vita e nonostante le bestemmie di mio padre per le troppe valigie al seguito, non la dimenticherò mai.
La nostra cabina è meravigliosa e dall’oblò si può ammirare un panorama mozzafiato.
Mio padre, al quale evidentemente la formula hard all inclusive non diceva nulla, dopo aver scoperto che al bar era tutto gratis, ha cominciato a bere come un pazzo e dopo tre ore dalla partenza era ubriaco fradicio.
Al secondo giorno mia mamma ha smesso di portarsi le cose da mangiare in cabina.
La sua sindrome da doggy-bag che si manifesta davanti a tutti i buffet è, in parte, colpa dell’inappetenza della mia sorellina. Sofia, infatti, da quando è nata non ha mai provato piacere per il cibo.
La mia infanzia è costellata di flashback nei quali mia mamma insegue mia sorella con un piatto in mano al grido di «i bambini poveri in Africa non hanno da mangiare».
Sofia è sempre stata insensibile al problema della malnutrizione infantile e pure su questa nave, che è il simbolo dello spreco di cibo nel mondo occidentale, continua la sua dieta personale a base di cracker, acqua e Big Babol.
Mio padre che sul cibo è agli antipodi rispetto a mia sorella, dopo i primi due giorni è riuscito a dosare l’uso di super alcolici e adesso almeno è lucido fino alle 14.
Mia madre non fa altro che ringraziarlo ma lui a stento la riconosce.
Ogni sera, a cena, il capitano in persona viene a chiederci se il viaggio sta andando bene. Dopo cena c’è sempre uno spettacolo straordinario. Mia madre indossa ogni sera un vestito diverso e nessuno di noi ha il coraggio di chiederle da dove provenga quel costoso campionario. Credo di non aver mai visto mia madre così felice.
Tranne il quinto giorno dove, durante la serata dedicata agli sponsor, ci hanno chiamato sul palco per consegnarci simbolicamente il nostro premio. Solo allora abbiamo capito che eravamo lì perché avevamo vinto una crociera grazie alla raccolta punti della farmacia sotto casa.
Mia madre quando siamo tornati in cabina – mettendo da parte l’italiano forbito che aveva adottato dal giorno della partenza – ha spiegato in maniera colorita l’umiliazione che, per colpa di mio padre, ha dovuto subire. Sarà stata la magia di quella nave o la poca lucidità di mio padre, ma contrariamente alle altre volte, il battibecco è durato solo pochi minuti.
Per il resto, il viaggio è andato alla grande: dopo l’inchino all’Isola del Giglio, abbiamo visitato Genova, Marsiglia, Barcellona e Lisbona e tra poco arriveremo a Valencia.
In ogni città mia mamma ha comprato una ventina di quelle odiose calamite che tappezzano i frigoriferi di tutto il mondo.
Dalla mezzanotte di ieri mia madre ha imposto il divieto assoluto di alcolici. «Adesso che arriviamo a Valencia scendi pure tu» ha detto a mio padre rinfacciandogli che nelle precedenti soste lui aveva preferito starsene al bar a bere e, per stroncare sul nascere il timido tentativo di ribellione, ha aggiunto: «Purtroppo, non sono ancora vedova».
Valencia vista dal mare è uno spettacolo. Sul porto c’è una folla di curiosi e giornalisti e l’arroganza acquisita dopo una settimana di vita da nababbi ci fa illudere che siano lì per noi.
Quando scendiamo dalla scaletta, capiamo che la folla è lì per un’altra nave attraccata nel porto.
Sofia si avvicina a un bimbo che piange, è appena sbarcato e un medico lo sta visitando.
Io, come sempre quando vedo un bambino solo, cerco tra la folla chi potrebbero essere i suoi genitori, ma non riesco a trovare nessuno che plachi quella mia paura.
Sofia si stacca dalla mia mano e corre dalla mamma.
«Mamma, mamma, ho fame. Dammi qualcosa da mangiare», le urla cominciando a frugare nella sua borsa.
Leggo negli occhi di mia mamma il senso di colpa che l’accompagnerà per il resto della vita.
Quando finalmente ha trovato quello che cercava, Sofia torna dal bambino, lasciando mia madre senza parole.
Sofia poggia ai piedi del bambino un pacchetto di cracker, una bottiglietta d’acqua e un pacchetto di Big Babol con solo due gomme all’interno.
Il bambino smette di piangere e sotto gli occhi infastiditi del medico spagnolo, scarta una gomma e se la mette in bocca.
Sofia e il bambino ridono felici.
«Ciao», gli dice Sofia mentre la porto via da lì.
«Sono in Crociera anche loro?», mi chiede all’improvviso la mia sorellina di quattro anni.
«Certo», le rispondo nascondendo l’amarezza.
«La nostra nave è più bella però», aggiunge Sofia quando abbiamo raggiunto i nostri genitori.
«La nostra nave si chiama Fortuna, la loro?», mi chiede Sofia indicando la grossa nave arancione alle nostre spalle.
«Aquarius», le rispondo sentendo improvvisamente tutto il peso dei miei dieci anni sulle spalle.
Io e la mia famiglia ci accodiamo mestamente al fiume inadeguato di turisti e la cosa più triste è che qualcuno ha il barbaro coraggio di farsi un selfie.
Mio padre reprime a stento un rigurgito di alcol e sentenzia rabbioso: «Voi e questa maledetta crociera».
Gianluca Papadia è autore di molti racconti vincitori di premi letterari. Ha pubblicato il libro:
- La rabbia eaudita. 32 consigli per combattere l’ira – raccolta di racconti, Amazon, 2018
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