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Di donne, DPCM e Natale. Lettera di Vittoria
In 3 Dicembre 2020 da Fabio MuzzioSono molti i fatti di cronaca di questi ultimi giorni: la morte di Maradona e il coprifuoco non rispettato a Napoli per commemorarlo; la giornata mondiale contro la violenza di genere che, quest’anno, è stata l’occasione per ricordare che la donna debba essere indipendente e che la violenza debba essere chiamata violenza (mi riferisco al tutorial di Detto Fatto per la prima affermazione, e, per la seconda, alla decisione dell’OdG di sanzionare i giornalisti per un certo paternalismo nel parlare di fatti di violenza di genere); il Black Friday e le campagne di sostegno al commercio locale; zone rosse, gialle e arancioni e attesa del DPCM del 3 dicembre.
Ecco, il DPCM del 3 dicembre: ci siamo quasi. Ci stiamo pian piano abituando a questo scenario distopico di limitazione al movimento e di perdita del pensiero critico. I fatti di cronaca (social) lì sopra, hanno in comune il “tutti contro tutti”, anche quando “lo facciamo per salvare tutti” (e chi sono questi tutti? gli altri o noi e gli altri?). Dalla propria casa, con il proprio pigiamone (situazione ben accettata dai millennials, tra l’altro), il movimento mentale rispecchia quello fisico: un botta e risposta lineare, dove non esiste il ragionamento ma solo il pro e il contro a un dato argomento.
Non ho una vera domanda, ma: come uscire vivi da questo lockdown esistenziale senza perdere, possibilmente, preziosa materia cerebrale?
Vittoria
(lettera arrivata in redazione il 30/11/2020)
Vittoria, non ci sarà una vera domanda ma i quesiti sono davvero numerosi e per certi versi anche intrecciati. Cerco di andare con ordine in attesa delle sorprese del DPCM.
In effetti, ancora una volta, abbiamo visto un mancato rispetto del coprifuoco, questa volta per la morte di Diego Armando Maradona: non giustifico l’accaduto ma il Pibe de Oro non lo si può relegare al mondo del calcio a alla lunga discussione sul fatto che fosse o meno il migliore di tutti i tempi. Maradona ha rappresentato un’icona per il riscatto di una città, un personaggio laicamente sacro. Era davvero difficile fermare un evento del genere e, con l’auspicio che siano state almeno rispettato un minimo le indicazioni di sicurezza, mi sento di assolvere i napoletani (e gli argentini ancor più in lutto nazionale).
Della giornata mondiale contro la violenza di genere abbiamo sentito i soliti: i soliti appelli, i soliti elenchi, i soliti resoconti, etc. Direi che tra il “detto e il… fatto”, casca proprio a fagiolo un angolo visuale, la trasmissione condotta da Bianca Guaccero: il visto, rivisto, stracommentato tutorial, che a dire della redazione doveva essere ironico sul come fare la spesa: abbiamo capito tutti, e loro per ultimi, che non è andato a buon fine. Potremmo catalogarlo alla voce “caduta di stile” con l’aggravante che ad averlo mandato in onda sia la TV pubblica proprio il 25 novembre. Qui entriamo però anche nell’immenso dibattito della donna oggetto e dell’utilizzo del corpo operato da TV, media e pubblicità: si è evidenziato per l’ennesima volta un cliché che appartiene ancora, soprattutto, al nostro Paese. Rimane comunque evidente, e i Social lo testimoniano, che un aiuto a una certa raffigurazione arriva da foto e video, come se una parte delle donne stesse remassero, non tanto contro la bellezza intesa come piacere di evidenziare il proprio aspetto (per il quale non c’è nulla di male), ma contro il fatto di essere viste come scatole vuote. Forse, però, sono le donne stesse, e qui siamo nei commenti spesso più cinici e cattivi, a configurare le altre donne in un certo modo, vedi, per esempio, il caso della maestra licenziata a Torino e vittima del Revenge Porn. In proposito, trovo ridicolo (?) assurdo (?) incredibile (?) che sia dovuto intervenire persino l’Ordine dei giornalisti per invitare i propri iscritti a cambiare il modo di comunicare: che si sia persa da tempo la presunzione di innocenza, che un migrante non sia per forza un clandestino, si coniuga “bene” con la devianza dell’affermare e dell’insinuare il “se l’è andata a cercare” rintracciabile sovente in titoli e articoli. Temo che la nostra cultura pretenziosa nell’insegnare abbia davvero tanto da imparare: colpa delle madri? Colpa dei modelli perpetuati in stile bar?
Il Black Friday lo vediamo nelle vetrine persino delle farmacie di quartiere ed è diventato un altro rito collettivo che “vive” nelle offerte e-commerce già normalmente più convenienti nel prezzo. Non scordiamoci però che diverse aziende locali vendono sui grandi marketer aprendosi a nuovi mercati altrimenti poco raggiungibili in termini di visibilità: il problema risiede nella tassazione dei colossi al momento esigua rispetto ai fatturati. Tuttavia sembra esserci un ritorno pure al contatto con il negozio locale e l’offerta “cucita” addosso: sfido chiunque, però, a pagare il doppio un prodotto solo per il commercio locale.
A me sembra che più dell’abitudine alla “reclusione” siamo entrati nella fase della crescente ribellione alle regole, per le quali gli italiani sono degli artisti: passata la moda della cantata sul balcone adesso bisogna trasgredire. I padri costituenti hanno sottolineato la priorità del diritto e della tutela della salute che se infranto diventa un costo sociale, il vero motore del divieto da parte dello Stato, a essere sinceri. Il pensiero non è critico? Se assumiamo critico nell’accezione negativa non si vive di altro: ci siamo divisi su tutto e non va bene mai nulla. I Social hanno reso evidenti i tuttologi di ogni argomento, creando fazioni contrapposte, in una sorta di manuale Cencelli del vissuto quotidiano dal quale non sfuggono: virologi, immunologi, rianimatori, veterinari, primari etc. La materia cerebrale? A me sembra che sia sempre la medesima: gli eventi hanno solo amplificato qualcosa che non volevamo vedere o accettare.
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