Amatorius Secretum . LUSSURIA
Nella stanza 411
In 6 Marzo 2021 da Debora BorgognoniHo letto di una donna. Una donna che amava un uomo. È capitato a tutte di amare qualcuno. È capitato a tutte di vivere una passione.
Ho letto di una stanza d’albergo. O di tante stanze d’albergo, e case, e terrazze, e città. Luoghi sospesi, che esistono ovunque, concreti e persino ovvii, eppure senza odore, luoghi fantasma, non luoghi.
La donna scrive una lettera. Le rispondo con una lettera.
Ti ho vista, ti ho sentita, ma sfuggi. Lui ti avrà vista per davvero, ma gli sarai sfuggita. E il tuo corpo diventa…
[…] un reticolato di fiumi che mi attraversano. Le vene grigie, dossi di materiale vischioso, in rilievo. È un arazzo segreto che puoi contemplare solo da vicino, dopo aver tolto i vestiti. Dentro le vene, il sangue.
Non avete un nome, tu e lui, siete due esseri umani universali, due entità imperfette eppure divine. Due corpi che sopravvivono dopo essersi mischiati gli odori.
I corpi sopravvivono anche mutilati. Mutilati dal di dentro. Mutilati fuori. Il cuore continua a battere. Le funzioni essenziali a compiersi. Senza qualcosa, senza molto, senza moltissimo, lo stesso si può sopravvivere.
Credo anche io che l’amore sia un patto troppo imperfetto per farne un manuale pieno di regole e codici. Credo conservi in sé una dicotomia che fa paura. Un bene e un male che portano all’estremo.
Amore, Antero (cioè l’altro, l’opposto, l’Ombra), poi Paura, Terrore e Armonia. Non ti sembra che siano proprio queste le declinazioni possibili dell’incontro tra un uomo e una donna?
Credo anche io che ci sia un limite oltre il quale si rischi di uscire da noi stessi. E dopo, chi sarai? Chi saremo? Chi sei stata tu?
Che cosa sono allora?
Niente. Ancora non sono niente.
Le tue parole: un cartamodello da sovrapporre alla mia carne.
Le tue mani: forbici che tagliano e scelgono la foggia.
La mia pelle è un abito. Ma io non lo indosso. È lì, appoggiato alla spalliera di una sedia. Un vecchio soprabito, una gonna troppo stretta, un maglione infeltrito.
[…]
Quand’è stato il momento preciso nel quale ho cominciato a odiarti? Il momento preciso nel quale, di fianco all’amore, è comparso il doppio, la sua ombra segreta?
È questo il punto. L’amore è un luogo che non conforta più. Arriva un giorno in cui non è più casa. È un hotel sconosciuto, una stanza da rassettare, vero? Anche tu, come me, ti sei rannicchiata nella tua città segreta, la città della solitudine pur nella compagnia. Non è la tua Roma, il centro esatto in cui tutto ha avuto inizio. Non è la città senza nome nella quale puoi passeggiare mano nella mano. È quella segreta, il giardino dove scappi per sentirti estranea. Straniera.
È Parigi.
[…] sono rimasta a letto nella mia stanza di un hotel del 14° Arrondissement a guardare i vetri rigati di pioggia e la Tour Montparnasse avvolta dal vento violentissimo di un temporale di fine marzo. Quando la tempesta si è placata, sono uscita e sono andata a camminare al cimitero di Montparnasse. Mi sono fermata davanti alla tomba di Marguerite Durat, semplice pietra grigia, piccoli sassi posati dai visitatori, qualche fiore secco. Ho cercato, senza trovarla, la tomba di Samuel Beckett, e ho pensato che era giusto così, che Beckett, anche in vita, certo non era uno che voleva essere trovato, ho inseguito un bambino che giocava tra le lapidi e rincorreva una palla tra gli sguardi severe di donne anziane con le braccia cariche di fiori. Un uomo mi ha sorriso, ho capito che avrebbe voluto parlarmi ma io ho abbassato lo sguardo e ho continuato a camminare. Tra i viali bianchi e le tombe bianche e i fiori bianchi, stretta nella mia giacca troppo leggera, ho pianto, perché sapevo che un amore come il nostro non l’avrei avuto mai più nella vita, e nonostante questo, ero incapace di abbassare la testa e accettarlo, di assumerne il peso.
Il libro…
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Titolo: Stanza 411
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Autrice: Simona Vinci
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Prima edizione: Stile libero Big, Einaudi, 2018
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Sinossi: Due esseri umani si incontrano, si desiderano, provano a mettere insieme le loro vite contro ogni logica e convenienza. E come molti falliscono. È la voce di lei – scarnificata, precisa, sincera – a raccontare una storia d’amore che è anche la storia delle nostre paure, delle nostre aspettative, della manipolazione che cova in ogni rapporto, dell’impossibilità di conoscersi davvero fino in fondo, e del bisogno ostinato di crederci, nonostante tutto. Una donna si guarda allo specchio, nuda in una stanza d’albergo, al centro esatto della città di Roma, a pochi passi dal Pantheon. Come la Shahrazad delle Mille e una notte, inizia a raccontare una storia, rivolgendosi a un uomo. Racconta la storia di un amore, il loro, ma potrebbe essere benissimo un altro. La storia viene ripercorsa in tutti i suoi momenti, nella nascita della passione, nella voglia di lei di abdicare a sé stessa donandosi a lui, nella scoperta della violenza e del rifiuto. Una storia che somiglia a una confessione, ma è misteriosa come l’architettura di un tempio pagano. Dalla vincitrice del Premio Campiello 2016, un’educazione sentimentale per l’età che aveva rinunciato ai sentimenti.
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