
Appunti Erotici . LUSSURIA
Le cinéma près du Trianon coquin
In 11 Novembre 2017 da La ComtesseC’era un cinema vicino alla mia villa di campagna nei pressi di Parigi. La villa, Ambrojo l’aveva ribattezzata le Petit Trianon coquin, e vai a capire cosa intendesse con questo termine. Oui, ero contenta che paragonasse le mie stanze di campagna a quelle intime di Maria Antonietta a Versailles. Mais, mes amis, ciò che facevo al mio Petit Trianon coquin non era nulla di così diverso dalle mie abitudini allo château di Paris, o agli appartamenti italiani. Certo è che per Ambrojo quel posto era come un teatro in cui si inscenava il più impudico dei drammi. Mon dieu, a volte dovevo tenerlo a bada!
Bien, dicevo: c’era un cinema vicino alla villa di campagna, ma io non ero solita frequentare luoghi pubblici senza inviti esclusivi. Avevo un borgo tutto mio, che Ambrojo – oui, sempre lui, quel birichino! – chiamava l’Hameau de la Comtesse, e lì vi avevo fatto costruire una sorta di belvedere, dove andavo per le proiezioni private. E voi lo sapete, bien sûr, perché ogni tanto vi parlo dei film che guardo, oui?
Ambrojo un giorno entra nella mia camera al palazzetto centrale. Io stavo davanti alla coiffeuse, con me c’era Carole, la mia dama di compagnia, che mi spruzzava un po’ di profumo sui capelli. Stava flirtando amabilmente, la sciocchina, mi raccontava cose che aveva visto la sera prima e vaneggiava su una losca figura di donna che se ne stava tutta nuda a prendersi la luce lunare nel mio Hameau, accanto al laghetto. Diceva che le ricordava Lady Godiva, e che dovevo accompagnarla quella stessa sera per vedere con i miei occhi. Io ero intenta a guardare lei, a come muoveva le labbra appena rosate e umide, sorridendomi equivocamente. E lui entra tutto agitato.
«Mia Comtesse, sono stato là».
Lo guardo sottocchio dallo specchio della coiffeuse, leggermente infastidita per avere interrotto le mie fantasie su Lady Godiva e su Carole. «Ambrojo, mon chouchou, dimmi dove sei stato, je ne comprend pas si tu ne m’explique pas calmement».
«Voglio che ve ne rendiate conto da sola». Sorride e apre la porta. Così capisco che mi sta invitando ad alzarmi e a seguirlo. E devo ammettere che non mi dispiace l’idea di intrattenermi con lui per le successive due o tre ore.
Estendo l’invito anche a Carole, perché, mi dico, non si sa mai di incontrare Lady Godiva, e ci incamminiamo entrambe lungo i corridoi dagli alti soffitti e le stuoie rosse e i lampadari dorati. Si respira un’aria frizzante, io sono divertita come non mai e mi sembra persino che Ambrojo sia stato più arguto di me ad attribuire a quel posto la qualifica di coquin.
Arrivati al cancello si ferma, si gira, ci offre entrambe le braccia per infilarci i nostri. Lui sta in mezzo, naturellement, e noi, vestite da maschiacci con pantaloni e cravattini e cappello, ci facciamo portare nel suo luogo misterioso. Sono un po’ delusa che non sia diretto all’Hameau, e ancor più la sono quando attraversiamo la strada e ci lasciamo alle spalle il mio Trianon. Carole sorride e svela prima di me il segreto, cosa che mi mette un po’ di cattivo umore. «Potevi dirlo, Ambrojo, che ci volevi portare al cinema!», e ride sotto la mano guantata.
Io mi blocco, ma ormai siamo davanti a una porta rosso-lucida, piccola e incastonata in un muro bianco sporco. Lui bussa, mi guarda col ghigno di chi non può fare a meno di farsi sgridare. Esce un uomo elegante, con la pipa in bocca e il capello leggermente lungo e bianco alla Alain Delon dei cinquant’anni. «Bienvenues, messieurs-dames. Enchanté, Divine Comtesse», e mi fa il baciamano. A me pare di svenire per tanto antiquato romanticismo, ma apprezzo il suo incanto. Entriamo in quell’atmosfera buia. Il film di Truffaut è già cominciato. Le poltroncine non sono più di una ventina, rosso vermiglio, lavorate a capitonné, e i muri dorati illuminano in un ambiguo chiaroscuro le parti di pelle nuda che gli spettatori mettono in mostra. Ci sediamo un po’ distanti dagli altri, Ambrojo sempre in mezzo. Mentre ci toglie i cravattini e ci slaccia le camicette, là sullo schermo Catherine dice a Jules: «Voi non pensate che a queste cose», e Jules risponde: «Proprio così. E voi donne fate di tutto perché le pensiamo».
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