Appunti Erotici . LUSSURIA
Univers parallèle
In 19 Febbraio 2022 da La ComtesseNon so se sia stata una buona idea, vous savez?
Però era allettante, sono pur sempre una annoiatissima aristocratica decaduta dopo la Rivoluzione francese, quindi di fatto mai ascesa. Chissà, mi son detta, forse in un universo parallelo io sono ancora una nobile, e il mio stemma araldico ha ancora valore. E potere.
Dev’essere stata causa di un buco nero nello spazio. Il Viaggiatore di Kepler 452b non mi ha risposto a riguardo; ha sorriso – sorrisino ambiguo e affascinante, devo ammetterlo – e mi ha fatto un cenno con il capo. Poi ha allungato la mano per accompagnarmi lungo il percorso stellare.
È un attimo. Il vorticoso universo parallelo è entrato nella mia pelle nel tempo di un fruscio. L’odore di latex – quel misto di plastica bruciata e di pelle sudata -, la sensazione di essere nel molle nucleo di un peccato, e la fame – quella animale, quella così drammaticamente umana – avvolgevano, stritolavano come anaconde furenti ogni mio senso. Ma non sono una che si possa intimidire per così poco.
Mi siedo sulla poltrona scivolosa e rossa con piqûres capitonées, e mi guardo intorno. I grossi falli ovunque dovrebbero mettermi a disagio? Mais non, vous savez, non mi sono mai sentita più a casa.
Ma poi, arriva lei. Arrivo io. Arriva l’altra, insomma. Quella che è me ma non lo è, palesemente, senza dubbio alcuno. «Je m’appelle Madamoiselle D. Voi siete la Comtesse, c’est vrai?».
Annuisco.
«Ci somigliamo molto, Divine, non trovate? Seguitemi. Vi porto dall’imperatore Ambrojo e dalla Maîtresse féline, Madame Carole».
Avrei dovuto immaginarlo. Avrei dovuto capire che lo scopo del Viaggiatore era quello di farmi sentire debole, di vedermi soumise, fortement ébranlée.
Mademoiselle D. ha i capelli poco più lunghi di me, sopra le spalle, la riga al centro, che si intravedono dal cappuccio della tunica dorata che indossa con disinvoltura, senza curarsi di coprire il pube di peli rossicci. Il Viaggiatore, alle mie spalle, mi slaccia il corsetto, mi leva la collana di perle, si inginocchia e mi fa cadere la gonna ampia, mi obbliga a sfilare le scarpe. È tutto a terra, ne sento il rumore, le vibrazioni delle cose mie, impregnate del mio odore, sul pavimento in linoleum di un luogo sospeso in un altro universo. Si inserisce al mio fianco, appoggia la mano sul mio volto, lo sposta verso di lui. Lo guardo. È perfetto, una statua di bronzo, due opere d’arte, lui e la sua erezione. Seguo lei, in punta di piedi. Lui, una presenza sincrona al mio fianco.
Entriamo nella sala dei giochi. Ambrojo è seduto alla sua alta scranna, Carole si dimena in una gabbia, e muove la sua lunga coda verso di noi. Le sue orecchie a punta, pelose, e le vibrisse potenti la rendono così attraente che non so come trattenermi dall’aprire la gabbia a morsi, e liberarla affondando il mio desiderio nel suo.
«È ora di giocare, Comtesse», sentenzia Ambrojo. «Avrai tu, per prima, l’onore di inginocchiarti dinanzi al tuo imperatore e di adorarlo mentre gli altri assaggeranno te».
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