DiarioXY . LUSSURIA
Un gran bell’uccello
In 26 Dicembre 2020 da Chiara MenardoL’uccellino nella gabbia, un maschio di corelia color limone fluorescente chiaro, con una cresta mohicana di piume rosa digradanti e due enormi zampe uncinate e squamose e occhi talmente neri da sembrare vuoti; uccellino chiamato Vlad l’Impalatore, che trascorreva la maggior parte del tempo della propria esistenza sibilando e rimirandosi nel piccolo specchio appeso alla volta della gabbia di ferro tramite catenella formata da graffette della Frequent & Vigorous e reso talmente sudicio e opaco dagli sputi di Vlad l’Impalatore stesso che Vlad l’Impalatore stesso non poteva rimirarvi altro che una vaga chiazza giallastra baluginante dietro una cortina di nebbia, specchio che ormai Lenore aveva definitivamente rinunciato a pulire, visto che comunque nel giro di mezz’ora era destinato a tornare come prima, cioè ricoperto di scaracchi disseccati; uccellino che molto di rado e in cambio di spropositate porzioni di semi si riusciva a far smettere di sibilare e piuttosto a emettere un suo caratteristico “che carino”
…
«Vieni di là, presto, devi sentire cosa dice Vlad l’Impalatore – disse Lenore afferrandola per una mano e trascinandola nell’altra stanza».
«Sai che stai proprio bene seminuda e con le scarpe? – disse Candy – come è andata a finire con l’emergenza misteriosa? Come stanno Lenore e Concardine?».
«Sei proprio un tesoro, ma questo è il tipo di discussione che non ci porterà da nessuna parte – disse Vlad l’Impalatore, scrutando stolidamente quello che avrebbe potuto essere il suo riflesso. – i miei sentimenti nei tuoi confronti sono profondi, non ho mai detto il contrario».
«Che diavolo gli è preso? – Lenore domandò a Candy. – ehi, ma sta dicendo esattamente quello che stavo dicendo io, – disse Candy, guardando Vlad l’Impalatore».David Foster Wallace, La scopa del sistema (The Broom of the System), 1987
«Cicciottina cucciolina, vieni qui. Sia lode al Signore, Amen! Alé».
Righe. Righe ovunque. Mangio semini, guarda te che bella la mia cresta. Guarda che bell’uccello che c’è qui. Tu riempi la ciotola, io biascico qualcosa, tu ti convinci che parli la tua lingua. Biascico e mangio, guarda che bell’uccello che c’è qui.
Tutto a righe, tutto tondo e io sto qui a guardarmi la cresta. Che è bellissima, non c’è che dire.
Mi hanno dato una cosa, qualcosa, mica lo so cosa sia stato, ma mi ha sciolto la lingua. Lo sai che la lingua di un pappagallo è appuntita come una graffetta? Appuntita come la punta di un coltellino. Ma chi la guarda la lingua di un pappagallo quando, qui, c’è un gran bell’uccello con una gran bella cresta? Rosa.
Sia Lode al Signore, aiutate il Padre Sykes ad avvicinarvi alla grazia di Dio! Amen, sorella, ho una gran voglia di fare la doccia insieme a te. Strofinami tutto!
Che carino!
Non ricordo che cosa è successo – sono un pappagallo, non un elefante, che ne so io? -. Ma stavo guardando la mia cresta – oh, una gran bella cresta, sulla testa di un gran bell’uccello, non vorrei dire -, entra quella che abita vicino a quella che mi dà da mangiare.
«Guarda di qui e guarda di là, che io ci tengo alla nostra storia e vorrei passare a un livello superiore perché non sono solo un corpo – da urlo», e si guarda allo specchio e si gira tutta impettita – oh, sembra me davanti allo specchio: guarda che bella cresta sulla testa di un gran bell’uccello, non vorrei dire -… ma non divaghiamo.
Alé, che quello che diceva lei mi usciva dal becco – ma che dico, usciva? Fluiva come l’acqua di un fiume (e che ne so, non ho mai visto un fiume, il mio mondo è di filo di ferro: righe oblunghe e, al di là, un muro, una finestra e la bionda che viene, mi dà i semi e se ne va), fluiva come quando non mi trattengo quello che ho mangiato scende da dietro la coda: ssssssssssssciiivola giù, dopo mi sento leggero.
Così. Uguale. Bella, questa cosa.
Adesso mi guardano tutti – e hanno ragione -, mi danno un sacco di semi e ho uno specchio pulito, più grande. Guarda che bella cresta in cima a un gran bell’uccello, non c’è che dire. Bello son proprio bello, lo dicono tutti quando mi puntano addosso le luci. Fa caldo, ma ho semi buonissimi e il mondo dietro le righe è cambiato di colpo. Credo di aver visto anche un fiume, ecco perché so cos’è. Oh, sono pur sempre un pappagallino. Bello, bellissimo, tutto da rimirare, un bell’uccello con una gran bella cresta, direi.
Non volo. Lo specchio nuovo – splut – mi dà noia agli occhi, luccica. Splut. Bello però, lo specchio nuovo. Senza graffette. Vlad fa la lap dance sulle graffette, ha detto Lenore. Vlad fa la lap dance sulle graffette, ho detto. Cicciottina, carina carina, sempre sia lodato l’Altissimo, alé.
Il tipo vestito di bianco solleva le ali – nemmeno lui vola, e non mangia semi. Però si guarda allo specchio continuamente, come me: forse siamo parenti – e grida Sia Lode al Signore! E allora io «Sia Lode al Signore», e giù semi. Non è bellissima la vita?
Diventerà il primo uccello conduttore di un programma sulla tv via cavo Soci del Signore, ha detto, e tutti a battere le ali. Parlavano di me? Sia Lode al Signore. Semi, per favore. E un po’ d’acqua pulita, che ho la gola piena di miglio: il gozzo mi sta male, non mi dona, rovina la linea armoniosa che c’è nello specchio: sono pur sempre un gran bel pezzo di uccello, ma con il gozzo. ACQUA!
E allora, ma allora, che ci sto a fare in un mondo a righe di filo di ferro? Quelli alzano le ali senza piume e le puntano dritte verso il cielo gracchiando e gridando ogni volta che intono «Sia lode al Signore, i vostri contributi saranno interamente deducibili dalle tasse». E loro: Amen, Fratello Uccello, Amen, Vlad, sei stato bravissimo. Becchime. E allora ripeto «I vostri contributi saranno deducibili dalle tasse, il Signore è il mio pastore, figli di puttana!», – che secondo me ci sta bene -, le ali scendono giù, sbuffano e guardano a terra, gli scendono le spalle, mi tolgono i semini.
Si decidano, semi per questo bel pezzo di uccello. Che carino, avvicinati ancora, vieni qui che ti stacco una zampa, ho la lingua che sembra la punta di un coltellino e tu vuoi affamare e poi tirare il collo a questo bell’uccello con un gran bel pezzo di cresta. La bionda in scarpe da ginnastica dice che la nonna dice che tutto va raccontato, tutto quello che esiste. Se non lo racconti, non c’è, non esiste, splut. Non c’è realtà senza la parola che la descrive, dice. Io dico, quindi sono. Tu mi racconti, quindi sono.
Racconta questo gran bell’uccello, racconta la cresta rosa sulla mia testa, che è l’unica cosa che valga la pena. In fondo, non è che ci sia molto altro da dire. A parte la cresta, lo specchio e «la nostra non è una storia come un’altra…», che nemmeno so che voglia dire. Sono un pappagallo giallo con la cresta rosa. Fighissimo, ma non cercate risposte da un uccello, che non ne ho. Figli di puttana.
Il libro…
Post Views: 54
Navigazione
- HOME
- AltreStorie di Neó
- IO E IL DOTTOR ZETA, LA RAGAZZA ICS ED IO
- SOSTIENI SEVENBLOG!
- NEWS
- LETTERATURA&SOCIAL
- CRONACHE DA SOTTILIA
- CATTIVICONSIGLI
- LE STORIE DI MICHELANGELO
- EMPATICAMENTE
- I Podcast
- AudioRacconti
- SPECIALE QUARANTENA
- SEVEN BLOG
- AREA MANOSCRITTI
- CHI SIAMO
- CONTATTI
- Privacy Policy
- SOSTIENI SEVENBLOG!
Consigli
Articoli recenti
- Neblina 1 Dicembre 2024
- I miei pensieri (su di te) 26 Novembre 2024
- Brassaï. L’occhio di Parigi 14 Novembre 2024
- Giancarlo: ballo con i canguri e sono felice 31 Ottobre 2024
- Le uova mimosa che fanno discutere 30 Ottobre 2024
Lascia un commento