
DiarioXY . LUSSURIA Il libro…
Ali ibn-Ghazi (Fatima)
In 30 Dicembre 2017 da Chiara MenardoSe mi guardi così, arrossisco. Lo so che mi vuoi, non essere timido, posso regalarti il paradiso con queste labbra rosse come ciliegie mature: solo qualche scalino e una tenda, solo qualche quarto di dollaro e potrai gustare ogni mia dolcezza. Andiamo?
Stai tranquillo, ti prendo per mano. Lascia che sia io a guidarti a ogni passo, anche se so che non è la tua prima volta, ma ti piace così tanto far finta di aver finalmente rotto gli argini della pudicizia in bombetta e redingote e di essere approdato qui per caso, perso e inesperto, tra le mie braccia. Ti piace far finta di non averlo fatto mai, di non essere mai venuto in questa parte della città a osservare, leccare, toccare, a sbattere ragazzini come me su un pagliericcio pieno di pulci e di puzza. Ti piace far finta che sia stato io, ad averti corrotto.
Invece lo sappiamo entrambi che ti do corda per un quarto di dollaro a botta perché così ha deciso Madame.
A me cosa costa, dopotutto, tenerti bordone? A che servirebbe dirti la verità? Credo tu sappia che sei solo un porco bavoso pieno di quattrini, di spocchia e morale, sei solo uno dei tanti che si scagliano di giorno contro il vizio che invade questi tempi bui privi della grazia di Dio e di notte si aggirano, come faine intorno a un pollaio, dentro a locali dove il vostro Dio non è certo mai sceso a vedere come sta questa fetta del suo amato creato. Mi sa che il vostro Dio, qui, non metterebbe piede nemmeno per andare un attimo al cesso.
Ti piace quello che vedi, vero? Il petto piatto e i muscoli, le natiche sode sotto la sottoveste di garza, ti piacciono gli occhi bambini e i capelli morbidi, ti piace quel lievissimo accenno di barba che spunta dal trucco, i rossetti carichi di promesse e le voci stridule che scimmiottano toni di donna. Ti piace così tanto fingere in pubblico quando – riesco quasi a vederti – cammini orgoglioso lungo la Quinta e ti siedi da Delmonico’s a cena insieme a tua moglie, quella povera donna infelice ricoperta d’anelli e di pizzi che ha sposato un pervertito e gli ha dato pure dei figli. Ti piace così tanto salire sul palco e scagliarti contro il vizio che sta rosicchiando morso dopo morso la città, la nazione, questa bella società di valori sbandierati con orgoglio come lenzuola pulite stese ad asciugare nel vento.
Ti piace fingere di non essere mai stato qui. Non hai mai salito gli scalini sconnessi di questo bordello di ragazzini in gonnella truccati come puttane, senza speranze né sogni, non hai mai provato l’ebbrezza di tirare un ceffone e farci voltare di schiena, di strapparci questo cencio già rotto che ci hanno cucito addosso per nutrire la tua voglia di gioco nascosto e crudele. Oh, no, davvero, tu qui non sei mai venuto.
Lascia che ti prenda per mano, lascia che ti accompagni tra le lacrime nascoste dal bistro che mi copre le palpebre, lascia che ti guidi fino al mio angolo squallido di paradiso, tra ansiti e odori di sesso e di sangue. Fatti ingannare dall’illusione zoppa e bugiarda che questa roba in qualche modo assomigli all’amore, anche se sappiamo entrambi che l’amore qui dentro non entra, non c’entra, non c’è.
E se vuoi che ti umili, basta che tu me lo dica e io lo farò – questo sì – con piacere. Vuoi metterti a quattro zampe, nudo, davanti a me e farti sputare addosso prima di prendermi? Basta pagare e non sai con quanta passione prenderò il ramo di salice verde per abbatterlo sulla tua pelle sottile e bianchiccia come la pellicola molle che copre il latte troppo scaldato. Per qualche dollaro a Scotch Ann puoi fare di me quel che vuoi: con un sovrapprezzo puoi anche lasciarmi i segni, lo sai? Scoprilo da solo, però, io non te lo dico di certo.
Fa freddo stasera. Dopotutto è febbraio e la gonna di garza rosata non copre dall’aria piena di neve. Fa freddo stasera e sto qui a guardare la luna da un pezzo di finestra sporca e scheggiata. Il cielo è nero come i miei occhi, il vento è gelato come quello che ho dentro, come quel qualcosa che si è rotto così tanto tempo fa da non ricordarmi nemmeno com’era una volta, quando tutto era a posto e c’erano braccia che mi proteggevano e baci puliti, per me. Adesso sono un pupazzo meccanico, un pezzo di carne coperto di cipria e di vestiti rosa di seconda mano, sono un ragazzino del nulla che deve parlare dal naso per far finta di essere quel che non è.
Vuoi venire con me, signore in bombetta e redingote? Vuoi scendere a divertirti all’inferno sapendo che, almeno tu, quaggiù sei solo di passaggio?
Il libro…

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Titolo: L’alienista
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Autore: Caleb Carr
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Prima edizione: 1996
Post Views: 110
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