ACCIDIA . Monológos
Non accetto e non chiedo elemosina… mi chiamo Daniel Blake
In 28 Maggio 2018 da Fabio MuzzioIo, Daniel Blake del 2016 è il ventitreesmo film di Ken Loach, film con cui si è aggiudicato nel medesimo anno la Palma d’oro al Festival di Cannes. Difficile non spoilerare, per chi non lo avesse ancora visto, perché vi propongo il bellissimo e toccante monologo finale recitato da Katie (Hayley Squires) al funerale di Daniel (Dave Johns).
Il film offre uno spaccato sul disagio sociale dell’Inghilterra, tema caro al cineasta inglese. L’argomento trattato, il disagio economico dovuto alla perdita del lavoro per motivi di salute e alle difficoltà di trovarne uno, si inserisce anche nell’attuale dibattito politico italiano, del quale non mi voglio occupare preferendo una riflessione spesso mancante nella strumentalizzazione dei pro e dei contro.
Daniel e Kate si incontrano per caso in uno dei centri per l’impiego: lui ha un infarto invalidante, lei è ragazza madre con due figli da crescere e dirottata, per i troppi costi sociali, dalla costosa Londra alla più economica Newcastle. Due disagi, due età diverse, due grandi solitudini che fanno nascere un’amicizia fondamentale in momenti nei quali persino mangiare o avere il riscaldamento diventa un lusso. La narrazione di Loach ci conduce nell’ottusità burocratica dell’aiuto statale obbligatorio per legge, ma disincentivante e che si accompagna all’umiliazione di chi aspetta su una sedia il proprio turno. E il senso dell’umorismo del mite Daniel, che avrà solo un gesto di ribellione, è posto di fronte ai tanti no e ai suoi problemi con il digitale, lui che è uomo di matita e di attrezzi manuali con i quali realizza mobili e oggetti in legno meravigliosi. E poi ci sono i personaggi di contorno, che attraverso affari anche illegali sbarcano il lunario. Il film propone momenti toccanti: Kate alla banca del cibo o che si trova a rubare assorbenti e deodorante e finirà per prostituirsi; Daniel che viene invitato al pub da un amico e si trincera dietro la scusa del cuore malato, perché non si può permettere nemmeno la birra, oppure ancora quando afferma “Ma se perdi il rispetto per te stesso sei finito“.
Quando sembra che la situazione possa avere una svolta, vincere il ricorso per impossibilità al lavoro causa malattia, Daniel muore.
Toccherà a Kate prendere la parola nella cerimonia
Lo chiamano il funerale del povero, perché è l’orario meno caro, le nove del mattino…
e racconterà chi era quell’uomo…
… ci ha dato cose che il denaro non può comprare…
E legge la lettera che Daniel aveva preparato per la Commissione per il ricorso:
Non sono un cliente, né un consumatore, né un utente, non sono un lavativo, non sono un parassita….
Così spesso viene giudicato chi, per forza maggiore, si trova in una situazione di disagio senza uscita…
… non accetto e non chiedo elemosina… mi chiamo Daniel Blake, sono un uomo, non un cane…
La spirale nella quale si rischia di finire porta a giudizi affrettati e sommari e a una situazione nella quale prima delle vittime stesse sono gli altri a dimenticarsi che…
… sono un cittadino, niente di più e niente di meno.
I Daniel Blake : Sono Un Cittadino
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