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Giovanni Segantini
In 3 Ottobre 2025 da Redazione Seven BlogDal 25 ottobre 2025 al 22 febbraio 2026 i Musei Civici di Bassano del Grappa presentano Giovanni Segantini, la mostra che celebra la vita e l’opera di uno dei massimi esponenti del Divisionismo italiano e tra i più sensibili osservatori del mondo naturale: Giovanni Segantini (1858-1899).

Giovanni Segantini, Ultimo autoritratto, 1898 c. © Comune di Milano, Castello Sforzesco, Gabinetto dei Disegni
L’esposizione ricostruirà la figura di Giovanni Segantini attraverso un’inedita rilettura della sua opera in confronto all’arte coeva, per raccontare una carriera che in soli vent’anni, dagli esordi “scapigliati” agli ultimi slanci simbolisti di catturare la Natura, ha saputo influenzare i maggiori movimenti artistici del suo tempo. Una mostra di alto profilo scientifico che, dopo oltre dieci anni dall’ultima grande esposizione italiana, seguirà in ordine cronologico le tappe fondamentali della parabola del pittore arcense attraverso eccezionali prestiti nazionali e internazionali provenienti da alcuni dei più importanti musei d’Europa.
La mostra si inserisce nel programma ufficiale dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026, un’iniziativa che accompagna i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali con un ricco calendario di eventi culturali diffusi sul territorio nazionale. In questo contesto, l’esposizione dedicata a Giovanni Segantini rappresenta un’occasione unica per valorizzare il patrimonio artistico italiano ed europeo, offrendo al pubblico internazionale un approfondimento sulla figura di un artista che ha saputo interpretare, con straordinaria sensibilità, il rapporto tra uomo e natura. La partecipazione all’Olimpiade Culturale sottolinea il ruolo centrale della cultura come ponte tra territori, generazioni e linguaggi, in linea con lo spirito dei Giochi.

Giovanni Segantini, Ave Maria a trasbordo, 1886-1888. © Segantini Museum St. Moritz – Deposito della Fondazione Otto Fischbacher Giovanni Segantini
Nato ad Arco, ma trasferitosi nel 1865 a Milano, Segantini trascorre nella capitale lombarda un’infanzia travagliata, costretto in un istituto correttivo dal quale tenterà più volte l’evasione. L’arte entrerà lentamente a far parte della sua vita, grazie all’esperienza da garzone presso la bottega del maestro Luigi Tettamanzi – fotografo e pittore di striscioni, insegne e stendardi -, ma soprattutto con la frequentazione dell’Accademia di Brera dal 1875, dove avrà modo di avviare la sua ricerca artistica.
È proprio dal suo esordio a Brera che prende avvio la mostra, con un percorso cronologico-geografico, diviso in quattro sezioni e altrettanti focus tematici, che seguirà gli snodi più importanti della sua vicenda biografica in relazione ai suoi spostamenti tra Milano, la Brianza e la Svizzera, ponendo in luce l’evoluzione della sua pittura.

Giovanni Segantini, Sole d’Autunno, 1887. © Comune di Arco, Galleria Civica G. Segantini
La fase milanese, oggetto della prima sezione, è segnata dall’incontro con Vittore Grubicy De Dragon – gallerista e sodale che influenzerà radicalmente l’evoluzione del suo percorso e della sua fortuna critica -, nonché dal diretto confronto con l’eredità della Scapigliatura e del naturalismo colorista, i cui esponenti venivano definiti da Segantini “il gruppo della rinascenza”. In questo vivace contesto si definisce la sua innata propensione allo studio delle potenzialità espressive di luce e colore, tramite una sorprendente varietà di soggetti: dai ritratti alle nature morte, dalle composizioni di genere alle vedute paesaggistiche e urbane, sino alle più sperimentali opere di matrice letteraria.
Sul finire del 1880 Segantini lascia Milano per trasferirsi in Brianza e abbracciare una vita di campagna dove definire la propria personalità artistica. Nel contesto di una rinnovata concezione dell’uso del colore e nei suoi valori emotivi e sentimentali, si cimenta con più varianti degli stessi soggetti, dedicandosi ad una pittura pastorale che rifiuta il tradizionale generismo italiano. In questa seconda sezione del percorso espositivo, dedicata alla fase brianzola, si concentrano infatti opere caratterizzate da un crescente interesse per la Natura, che è rappresentata nella comunione tra uomo, paesaggio e animali. All’analisi di questa fase, che rappresenta una delle novità più importanti della mostra, si riconduce anche il forte legame con l’artista francese Jean-François Millet, che apre a significativi confronti con la cultura artistica di fine Ottocento, segnata dall’ascendente millettiano, come accade con la produzione di Vincent Van Gogh e, in maniera più diretta, con le opere degli artisti della Scuola dell’Aja che saranno messi per la prima volta in relazione con la sua pittura.
Il percorso proseguirà con una terza sezione dedicata alla fase svizzera, che prende avvio nel 1886 con il trasferimento di Segantini nella piccola cittadina di Savognin. Durante questo soggiorno l’artista potrà dedicarsi alle sue grandi e celebri composizioni della vita montana, nelle quali si legge la sua personale interpretazione del rapporto panteistico tra Uomo e Natura. Una sperimentazione, quest’ultima, che lo porterà a spiccare tra i maggiori protagonisti del Divisionismo italiano, a partire dalla famosa Esposizione Triennale di Belle Arti di Milano del 1891.

Giovanni Segantini, Ritorno dal bosco, 1890. © Segantini Museum St. Moritz – Deposito della Fondazione Otto Fischbacher Giovanni Segantini
L’ultimo decennio della produzione segantiniana è infine oggetto della quarta e ultima sezione di mostra, quando, a partire dal 1894, Segantini si trasferisce a Maloja e la sua ricerca artistica converge nel tentativo di riscrivere gli spazi naturali in termini pittorici, resi da lui assoluti ed eterni. Un obiettivo che raggiungerà attraverso la peculiare formula del “simbolismo naturalistico”: una sperimentazione in chiave simbolista ancorata, cioè, alla forza evocativa delle scene di vita montana che lo circondano. Sarà proprio questa ricerca ossessiva a portare Segantini ad una morte prematura: con lo scopo di finire il dipinto centrale del suo grande trittico, Natura, il pittore arcense si recherà infatti sulle alte montagne vicino a Schafberg, dove il ritmo frenetico del lavoro, unito all’altitudine elevata, lo farà ammalare di peritonite, malattia che porrà fine alla sua vita a soli 41 anni.

Jean-François Millet, Pastorella con il suo gregge, 1863 c. Legato di Alfred Chauchard, 1910. © Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
Attraverso circa 100 opere tra dipinti, disegni, incisioni, ma anche fotografie e documenti archivistici, la grande esposizione dei Musei Civici di Bassano del Grappa, una delle più complete e ricche di novità degli ultimi anni, potrà contare su importantissimi prestiti nazionali e internazionali provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private italiane ed europee – dal Musée d’Orsay di Parigi al Rijksmuseum di Amsterdam, dalla Kunsthaus di Zurigo alla Galleria d’Arte Moderna di Milano – che permetteranno al pubblico di scoprire, con occhi del tutto nuovi, uno dei più straordinari artisti dell’Ottocento italiano ed europeo.
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