INVIDIA . Lector In Invidia
Non c’è più religione
In 14 Giugno 2018 da Attilia Patri DP“Cosa succede, cosa succede in città. C’è qualche cosa, qualcosa che non va. Guarda lì, guarda là che confusione… Non c’è più, non c’è più religione. Guarda lì, guarda là. Anche in televisione non c’è più religione”.
Un attimo! Abbasso la radio e il sottofondo di Vasco. La domanda però resta, sospesa nell’aria e ci guarda: cosa succede in città?
Quale città: la mia, la vostra? La città intesa come mondo? Il punto interrogativo perseguita. Succede e sono successe tante cose: il 44esimo vertice di un complicato G7 a Le Malbaie in Quèbec, le peripezie della Nave Aquarius, un fuori catalogo di crociere più prestigiose, la stretta di mano tra Trump e Kim a Singapore che si spera non sia solo a beneficio di raccolta di foto storiche.
Per tornare nel nostro piccolo succede che è giugno avanzato, che pensiamo a una vacanza già prenotata o ancora da prenotare in attesa di un’occasione last minute convincente e, se proprio non una vacanza al mare, di sicuro qualche puntata in piscina ci aspetta. Nel nostro piccolo c’è quel rimbombare di frase che rimbalza da ogni dove, riviste patinate, pubblicità, schermi vari: la prova costume.
Prova costume. Due parole che si intrufolano nel canale captante uditivo, un aguzzare la vista che ripristina tutte le diottrie più feroci, quelle che cercano e trovano anche il pelo nell’uovo, un corto circuito cerebrale con inondazione del sistema nervoso e una ola tra alti e bassi nello spazio temporale misurato in secondi tra un piuttosto vado in spiaggia col burka a un masssì – tre esse conciliante – tutto sommato… In mezzo almeno mille sfumature di però legando il pareo così, cosà, più su, più giù, dietro, davanti, di lato, a sette/ottavi, e, nel frattempo, il pareo è diventato liso. Oppure: però camminando di lato, all’indietro, con falcata sportiva Fiona May tipo, o più morbida, calcolando l’affondo e conseguente traballio da sabbia.
In questi giorni di sole che va e viene, per tutte le pigre nell’esercizio fisico, per le peccatrici di gola, per le belle addormentate nel metabolismo, per le meno fortunate con il Dna sordo alle richieste di omologazione a canoni estetici estremi, la prova costume diventa l’occasione per il risveglio dell’Albert Einstein Compromesso, ossia la promozione di tutte quelle tattiche capaci di sollevare quel po’ di autostima a livello pavimento dove giace il costume provato e bocciato. Vediamo il prossimo: ferretto nuovo, bretelline vergini di sale marino che sollevano il giusto, cuciture e drappeggi tattici che appiattiscono, valorizzano, evidenziano ma nascondono, sottolineano ma celano, sgambo ma non troppo che allunga, e tutto il resto della filosofia e geometria terzo livello applicabili. E avanti così…
Si fa per scherzare, eh!
Scherzare mica tanto! O, almeno, fino ad un certo punto, dal momento che la prova costume stimola idee sul piano creativo, lavoro, produzione, messa in vendita; genera economia nel settore “Moda Mare” donna, uomo, bambino, tra costumi, copricostumi, parei, maxi parei, micro parei, telo mare, borsa, ciabattine e fascia per capelli coordinati. Moda Mare, Pitti Mare e altre manifestazioni per i compratori del settore tra consumo interno ed esportazione. Muove il comparto della cosmetica: crema riducente, tonificante, levigante, esaltante; protezione sole in cento gradazioni di fattori, dopo sole formula crema, olio, latte, spray o da spalmare, formule pre e post abbronzanti, il tutto accompagnato da bagnoschiuma e dopo bagno favorenti e prolunganti per un’abbronzatura al top fino ad ottobre con la nebbia, insieme allo stick per labbra e l’immancabile protezione viso, a parte, da scegliere tra: per non avere rughe, hai già le rughe ma almeno non peggiori, sei incartapecorita ma qualcosa, in spiaggia, dovrai pur fare….
Non si perde l’occasione neanche l’industria farmaceutica per sfornare il “tutti magri e in fretta”: barrette sostitutive pasto completo, integratori variabili tra pancia piatta e senso sazietà, accompagnati da uno stile di vita sano. E già a “stile di vita sano” si perde la speranza in tutta quella serie di pseudo miracoli prêt-à-porter in cui voler credere ad ogni costo.
La prova costume muove tutta una serie di trasmissioni tv dispensatrici di consigli ultimo minuto con il bofonchiare di nutrizionisti e dietologi presi d’assalto per la soluzione lo so che è tardi ma… così come vengono prese d’assalto le palestre dove tapis roulant, cyclette, barre, presse, pesi, meditano uno sciopero a oltranza per l’eccessivo lavoro richiesto. Nel frattempo i centri estetici scaldano ettolitri di ceretta e strappano chilometri di strisce peli incorporati, si prodigano in massaggi rimodellanti mentre nell’aria aleggia il profumo di smalto fresco in tutte le varietà: tradizionale, semi permanente, permanente, ricostruzione unghie di tendenza, il tutto al suono dei motori delle lampade abbronzanti perché si sa che, l’abbronzatura, dà quel tono di salute sportiva anche se lo sport estremo praticato è lo slalom letto, poltrona, divano, sedia sotto al tavolo per i pasti principali e secondari. E poi in causa entrano anche i parrucchieri con il suggerimento taglio mare di facile gestione anche da sola, in quei giorni là, al mare, quando ti devi giostrare tra un bagno a salinità variabile, un aperitivo e una cena informale, dove informale l’avevi sentito solo tu e rischi di presentarti con la capigliatura tipo Medusa del Caravaggio con sprofondamento incorporato.
Insomma, Prova Costume, per quanto si voglia scherzare, costituisce un mondo. Un mondo a sé ma, non per questo, meno problematico di altri.
Per quanto possa sembrare banale, la prova costume ha segnato, e segna, la Storia con i suoi canoni di moralità mutevoli nel tempo, di bellezza, avanguardie, movimenti femministi, emancipazione dagli schemi; ha decretato l’imporsi di personaggi nel mondo dello spettacolo e fuori, ha creato kermesse che proseguono tuttora, per quanto possano sembrare obsolete. La prova costume anima, da sempre, il Concorso Miss Italia che, per quanto possa essere considerato un carrozzone mobile lungo tutto lo Stivale, crea movimento economico tra preselezioni, selezioni, serate finali, con le strutture ricettive, la ristorazione, i bar, gli sponsor, l’industria dell’immagine tra trucco e parrucco, la moda, la gioielleria, la stampa dedicata. Può non piacere, non interessare, ma è comunque un carrozzone che crea Pil in mezzo a frasi identificative di un certo tipo di spettacolo e diventate tormentoni stagionali: Per te Miss Italia finisce… Per te continua. Oppure: Miss Italia è la ragazza della porta accanto, per finire con il sempre verde: Vorrei la pace nel mondo.
Nato nel 1939 con la formula della gara per corrispondenza di fotografie, “5000 lire per un sorriso”, su idea di Dino Villani e Cesare Zavattini per sponsorizzare un dentifricio, il concorso cambia nome adottando l’attuale di Miss Italia in onore della Repubblica appena nata nel Dopoguerra. Quel Dopoguerra che ha voglia di dimenticare e ricominciare: cornice Stresa con gli alberghi rimasti indenni nonostante la guerra, introduzione della sfilata in passerella, costumi da bagno castigati, un parterre con giurati di tutto rispetto in cerca di volti nuovi per il cinema: Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni, Vittorio De Sica, tanto per citarne alcuni. Sono gli anni di Lucia Bosè, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Silvana Mangano. La quiete elegante di Stresa invasa da belle ragazze con le loro famiglie, da turisti, curiosi, giornalisti. Sono gli anni d’oro di un’epoca. Da lì, il carrozzone, non si è più fermato pur cambiando e adattandosi al ruotare del tempo e delle mode.
Così Miss Italia, e così tutti i concorsi di reginette di bellezza, nei secoli dei secoli, fino ad oggi. Tranne che in America.
A Miss America, da settembre, si cambia. Si cambia con un manifesto, con un tweet, con un hashtag e byebyebikini. Si cambia con l’immagine di un due pezzi che si polverizza. Stop. The end.
Il nuovo Concorso di Bellezza americano non giudicherà l’aspetto fisico delle ragazze esibito da un costume o da un abito da sera. Anzi, “rivestirà” le donne dopo il caso più generale Weinstein e lo scandalo più particolare che ha investito i precedenti vertici della manifestazione con la pubblicazione di email dal tono sessista. Si fanno rivestire dopo la rimozione dei vertici stessi e l’implementazione di una squadra tutta femminile alla giuda del concorso, dopo il Movimento MeToo che ha investito non solo Hollywood ma tutto il Nuovo Continente e, come un’onda, ha travolto anche le passerelle di Miss America. Si fanno rivestire e saranno solo “Miss parlanti” attraverso interviste e domande di attualità e votazioni in base alle risposte date: tutte pronte, quindi, non solo sul volere la pace nel mondo ma anche nel voler salvare il pianeta dal riscaldamento globale.
Si abbandonano le vecchie griglie rigide fatte di misure 90-60-90 e si dice basta a sguardi invasivi, alle esposizioni seminude, allo spettacolo nello spettacolo. Miss Bella Dentro, e addio ai tempi in cui anche l’occhio poteva volere la sua parte, il momento clou di ogni concorso da reginetta quando qualche centimetro di troppo, o troppo poco, poteva costare titolo, corona, fascia. Questa la “rivoluzione” dopo un secolo dalla sua ideazione: non giudicare la bellezza in un concorso di bellezza; la bellezza che rinnega se stessa, quasi fosse una vergogna, un mea culpa.
Si potrebbe definire una rivoluzione paradossale dal momento che, per liberare la donna, si ritorna ad un puritanesimo retrogrado e pericoloso sull’onda che, diversamente, sarebbe un “andarsela a cercare”; un affondamento delle battaglie ingaggiate sessant’anni fa per poter portare le gonne sopra al ginocchio, mostrare l’ombelico, fumare in pubblico, uscire da sole con le amiche e non dover per forza passare per poco di buono solo per il fatto di volersi sentire libere di esprimere il proprio corpo. Il concorso rivisitato diventa un controsenso ed è come se nel football americano, da domani, non ci si dovesse più far male o ad un concerto non si cantasse più.
La nuova ondata di moralità, il politically correct, non paga: sarebbe stato più onesto lasciare morire di morte naturale l’intera kermesse invece di voler tenere in piedi, a tutti i costi, un concorso con l’ipocrisia dei colpi di bikini proibiti cercando, però, di preservare lo show e gli interessi economici che lo circondano. Non paga perché la velleità di completa riforma morale si arena sul confine tracciato dai soldi. Non paga perché Miss America è un concorso di bellezza e ci si vuol dimenticare che c’è luogo e luogo: le ragazze che hanno voglia di mettersi in gioco sul piano estetico dovrebbero avere il diritto di farlo e mostrare orgogliose il proprio fisico mozzafiato; chi voglia indossare ballerine e uscire struccata non si iscriverà a Miss America ma troverà altri luoghi di espressione. Non paga che, a proporre il “cambiamento rivoluzionario”, sia, ex reginetta 1989 ed ora a capo dell’organizzazione che, senza nulla togliere alle altre sue qualità, con un bikini, con quella stessa passerella, con quei trentacinque punti bellezza, che da settembre non esisteranno più, ci ha un po’ costruito un’intera carriera.
Il vero cambiamento sarebbe il coraggio di un punto finale altrimenti è solo un rimescolare carte per un altro gioco. Un boomerang che torna indietro. Un’ipocrisia di intenti. Prova costume o no.
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