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#Fertilityday – Campagna 2
In 2 Settembre 2016 da Debora Borgognoni
Nella (tragica) situazione in cui si trova la campagna #FertilityDay, voluta dalla Ministra Lorenzin (e voluta talmente tanto che, nonostante le accese polemiche, ha sostenuto che entro il 22 cambierà giusto 2 o 3 cartoline ma proseguirà nel meraviglioso intento di sensibilizzazione), abbiamo deciso di andare spediti. Non vogliamo infierire – siamo persone perbene! – ma non possiamo esentarci dal commentare la pessima creatività, cosa che risulta un ossimoro. Creatività che purtroppo è diventata lo specchio del Bel Paese, dell’italianità del vorrei-ma-non-posso, del mondo alla Groupon, del commerciale che appena lo incontri e vi bevete il caffè e gli chiedi: «Allora, come va?», lui ti risponde con una cifra a molti zeri (corrispondente al fatturato annuo, sì, perché i commerciali hanno in testa solo quella cifra, e da donna, insomma, a te ne basterebbe una molto inferiore ma usata bene…) ma ammette che la foto per il sito l’ha “scaricata da Internet”, fottendosene del copyright: l’importante è che sia gratis.
È questo il punto. La campagna #FertilityDay non è creativa. E non solo perché le foto fanno cagare, il copy è al limite dell’insulto e l’insieme è uno schiaffo per ogni agenzia di comunicazione che si rispetti. Non è creativa per un fatto che è passato in sordina, incredibilmente giustificato anche dai SMM o dagli addetti ai lavori: le immagini per le cartoline sono state acquistate a pochi centesimi su Fotolia.
Noi, che addetti ai lavori li siamo, abbiamo sentito e letto frasi come: «Cosa c’è di male? Il copy è molto peggio». Posto che il copy – quindi – era l’unica cosa che l’agenzia (sì, quella che ha vinto il bando con il Ministero della Salute, e noi facciamo fatica a vincere quello con il calzolaio qui sotto…) doveva realizzare in modo originale, ci troviamo di male che una campagna di sensibilizzazione è una cosa importante. E non parliamo del fatto che probabilmente sono stati spesi centinaia (o almeno decine) di migliaia di euro per tutto questo, con i soldi di noi tutti. Parliamo del fatto che una campagna di sensibilizzazione è una cosa che deve aiutare, che deve far passare messaggi autentici, deve far leggere alle persone – alla gente, usando un termine appropriatamente nazionalpopolare – un punto di vista nuovo, deve creare empatia, far riflettere. Ci riesci se quella campagna la studi nei minimi dettagli. Se la gente deve riflettere, tu che sei il creativo devi riflettere il triplo. Riflettere sui colori (ognuno ha un suo significato), sulle smorfiette della modella, sulle simbologie, le dietrologie che stanno dietro a ogni soggetto, sugli abiti, sul font, sulla focale, sulla saturazione dei colori, il fondale, il taglio, le luci e le ombre, i flash da usare, sotto o sovra-esposizione. E tutto questo solo dopo aver litigato per ore, giorni e forse settimane con l’account prima e con l’altro “pezzo” della coppia creativa. Perché una coppia creativa crea insieme. Un art director (o grafico o fotografo) crea con un copywriter e viceversa, e si scornano finché la campagna prende forma. E senso.
Immagine comprata su Fotolia (29.90 per 10 foto o abbonamento annuale, ergo qualche centesimo a foto) che rappresenta una goccia d’acqua che scende da una doccetta, e che simbolicamente non abbiamo dubbi ci rimandi a una goccia di sperma maschile su sfondo sfuocato dalle varianti blu? Bene, immagine ben realizzata a livello tecnico – nessuna sbavatura, il soggetto è totalmente a fuoco e lo sfondo non individuabile in modo da far risaltare il soggetto – anche se quella doccetta/rubinetto non è ben riconoscibile, e in Accademia la prima cosa che ho imparato è stata: «Se compare un oggetto, questo deve sempre essere riconoscibile, nessuno deve stare lì a rifletterci, deve essere inequivocabilmente quella cosa, anche se per renderlo tale ti tocca fotografarlo in maniera paradossalmente irrealistica».
E poi leggiamo. «La fertilità è un bene comune. #fertilityday». Quella goccia d’acqua/sperma diventa un bene comune, e siamo catapultati ai tempi del proletariato. E ci dispiace dirlo alla Lorenzin che l’acqua non è più così sicuro che sia un bene comune. E lo sperma non volete che lo diventi. Non ci dispiace dire invece che una parte di quello slogan è illeggibile perché bianco su bianco, e che quel nero di “fertilità” rapportato all’insieme ci fa venire in mente una campagna (alla INC COOL 8) degli Acquedotti Italia s.r.l..
Alla prossima con le altre – e ultime – due cartoline, gente!
#Fertilityday – Campagna 1 #Fertilityday – Campagna 3-4
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