Le opinioni superbe . SUPERBIA
Lo specchio, perché…
In 31 Luglio 2022 da Redazione Seven BlogLo specchio porta con sé l’archetipo del doppio, il contrario e simmetrico, la vita sospesa, l’eterotopia. E ci conduce in una superficie fluida, immaginifica eppure così reale al tatto. Luglio è mese di Specchi: cosa vedete voi dall’altro lato? Per noi sono raccontini superbi…
da Fabio
Regole
Ascoltami e non distrarti: ripassiamo bene il da farsi.
Le promesse che stuzzichino la fantasia vanno bene ma quel tanto che basta per solleticare la speranza. Devi tessere un filo sospeso, che regala adrenalina nell’attraversarlo e ogni tanto farlo oscillare. Non esporti mai più del dovuto, attento, altrimenti poi te lo rinfacceranno oltre quanto faranno già. In quel caso abbozza, rimanda, sorridi e ammalia: la passerai liscia.
Gestisci bene la tua presenza: a volte ci sarai in ogni momento, in altre non si riuscirà a trovarti: nasconditi, allontanati, goditi altri momenti ma giustifica sempre solo su richiesta, dosando stupore e finta irritazione.
Quando sei alle strette ricorda un torto subito: sii dolce nel farlo, come se il tutto ti avesse segnato profondamente, anzi, la tua sofferenza è stata celata per non darne troppo peso. Se non hai subito un torto, inventalo, ripesca da qualche mancanza passata inosservata: più sarà dall’altra parte in buona fede e più funzionerà come ricatto morale per il colpevole disinteresse che sottilmente farai intuire.
Racconta il giusto, non per infierire ma per dare ogni tanto qualche piccola abrasione alla pelle: sono quelle sulle quali versare i granelli di sale, perché, se ci pensi, sono quelle che bruciano di più.
E se ti scoprono nega, nega sempre e se hanno le prove nega anche quelle facendole diventare un’incomprensibile ossessione e, perché no, una vendetta ingiusta nei tuoi confronti.
Adesso sei pronto per andare dalla prossima vittima.
da Manuela
Black mirror
non mi disturba il pensiero di rimanere nell’ombra. ma c’è una cosa che brucia e brucia. l’ossessione che lei possa brillare senza me! ho un piano. la possiedo, le succhio la ninfa vitale. le piacerà, lo so. le è sempre piaciuto scopare, e soprattutto scoparmi. poi la sventro, cazzo. basta che infilzo questo bel coltellino in pancia. certo, la devo cogliere di sorpresa, estrarre le interiora mentre ancora respira. penso che le apro anche la schiena, e arrivo fino al buco del culo, forse, se mi fa emozionare con i gemiti e fiotti di sangue. ah, eccola che arriva, devo nascondere l’arma, qui, infilata nell’elastico delle mutandine. Devo pure sorridere, ma guardala la santarellina, come mi chiama, e che voce da Biancaneve.
«Eva, dolce amica!».
da Claterina
Morphing
Mi sposto a destra, poi verso sinistra, un po’ più su, un po’ più giù. Gli occhi si fanno piccoli e sbilenchi, poi allungati, stretti… un po’ più indietro… diventano enormi; la bocca digrigna e si rilassa. La mia immagine si fa mostruosa.
Non sorrido, un tempo ridevo, ridevo forte, ora mi perdo in rivoli di ricordi. Mi tornano le voci, quelle che sentivo da bambino, sempre le stesse martellanti e ossessive. Mi sdoppio io dentro, tu fuori, frammenti di odio e di dolore restano imbrigliati tra me e te. Sì, lo so, non avrei dovuto, ma era troppo forte il richiamo di essere quello forte, quello nascosto nello specchio. Il debole bloccato in un’immagine deforme, il forte padrone dell’universo e della sua follia… e sì… se la potenza è follia e io sono un folle, un folle che ama la sua immagine distorta, specchio di un’anima irrequieta e mutabile.
da Chiara
La luce, la cornea, tutto quel blblabla
La luce penetra dalla cornea, colpisce la retina, diventa impulso elettrico che corre veloce verso il cervello, che la traduce in forme, colori, movimento, immagini.
La frangia arricciata e la coda, le rughe intorno agli occhi e il rossetto sul labbro superiore, la mano che regge lo stick del rossetto, le piccole macchie sul viso, il collo, gli orecchini, la scollatura, le spalle, la maglietta viola, le braccia, il seno, il mio mezzobusto: luce che raggiunge la superficie riflettente levigata che mi sta davanti, appesa al muro del bagno e da lì torna verso di me, penetrando la cornea e la retina e tutto quel bla bla bla.
Finisco di mettere il rossetto, cerco di non sbavare per non dovermi struccare e ricominciare tutto da capo. Mi fermo, la mano che regge lo stick ferma a mezz’aria. Inclinare la testa di pochi gradi soltanto, voltarsi lievemente di profilo, accennare un sorriso. Gli orecchini grandi come i lampadari di Versailles si agitano morbidi e fluidi, seguono il movimento suonando leggeri.
Le dita tra i capelli ogni tanto, mi raccomando.
Ho tutto il prontuario, un elenco puntato dei do e dei don’t dell’acchiappo. Davanti allo specchio, con il rossetto a metà, ripasso con attenzione le fasi che, secondo le ragazze, dovrebbero portarmi dalla zitellanza alla prima di mille e mille incantevoli storie di sesso.
La coda di cavallo è inequivocabile, le labbra rosso ciliegia matura, lo spalancarsi degli occhi a comando e i movimenti minimi della testa, del corpo, il protendersi e ritrarsi come le onde calme del mare sulla battigia.
“Consideralo uno dei tuoi esperimenti in laboratorio”, mi hanno detto la scorsa settimana. “Una capsula di Petri, in cui tu inserisci una dopo l’altra le azioni e osservi le reazioni”. “Incantevoli”: hanno proprio detto così. Hanno letto troppi romanzi, mi sa.
Do e don’t dell’acchiappo, sul serio, lo hanno chiamato così. Un file di Excel ordinato e pulito con tutto, ma davvero tutto quello che, secondo loro, mi serve per smettere una volta per tutte di passare le serate a leggere relazioni e articoli da sola, a casa, accarezzando il gatto.
La superficie levigata di uno specchio è così levigata che la luce rimbalza diritta all’indietro, secondo la legge di riflessione. L’immagine è nitida. L’immagine è al contrario. La luce penetra la cornea, colpisce la retina, viene convertita in impulso elettrico e blablabla.
La relazione mi aspetta sul tavolo. La relazione è come lo specchio, la luce e il suo blablabla: prevista e prevedibile, frutto di studi, ipotesi e tesi, di migliaia e migliaia di calcoli. L’acchiappo, no. L’acchiappo non funziona così, troppe variabili indipendenti tra loro, a partire dal secondo elemento dell’equazione: la sconosciuta che le ragazze hanno deciso di farmi incontrare, la prima di mille e mille incantevoli storie di sesso.
Il gatto si struscia sulle caviglie. Anche lui è prevedibile. Anche io lo sono. La sconosciuta è un mondo che potrebbe essere inospitale come un sasso lanciato nello spazio. La relazione mi chiama, suadente. Una sirena.
Faccio ancora in tempo a disdire: mi prenderanno per il culo per il resto della mia vita, si arrabbieranno, a pranzo domani non mi farò trovare. Se la superficie riflettente è ruvida, la luce parte in tutte le direzioni e non colpisce la cornea e la retina e blablabla.
Guardo lo stick del rossetto color ciliegia matura. Guardo la me truccata per tre quarti che si guarda allo specchio con un paio di orecchini improbabili. Vedo, attraverso il muro, lo studio ricoperto di libri, il pc aperto e la sua luce azzurrina, i fogli sparsi sulla scrivania, quella relazione noiosa e rassicurante. Come me.
Spalanco un po’ gli occhi, chino leggermente il capo, un mezzo sorriso, mi curvo in avanti e finisco di mettere il rossetto. Spero almeno che il sasso lanciato nello spazio di questa sera abbia due belle tette.
da Gianluca
Le amiche di Diana
Quando Diana restava in casa da sola non aveva paura.
Scendeva dalla sua culla da campeggio e apriva l’armadio della mamma.
Lì era nascosta la sua migliore amica Nancy.
L’altra amica, Maggie, era nascosta in bagno ma – per vederla – Diana aveva bisogno di una sedia.
Rose invece l’aspettava nell’ingresso, nascosta dietro i vestiti appesi sull’attaccapanni.
Quando la mamma la lasciava sola in casa, Diana parlava con le sue amiche e non aveva paura.
Nancy era quella che le somigliava di più: solare come può esserlo una bambina della loro età.
Maggie invece aveva un carattere più chiuso, più distaccato: le parlava dall’alto del suo nascondiglio senza farsi vedere.
Rose era la più fantasiosa di tutte, amava travestirsi e inventare sempre storie nuove.
Tutte e tre erano molto pigre e non si muovevano mai dai loro nascondigli.
Quando la mamma se ne andava, Diana prendeva il biberon con il latte e lo divideva con le sue amiche.
Alle sue amiche il latte piaceva molto.
Diana aveva imparato a riempire il biberon dalla bottiglia del latte che la mamma le lasciava in frigo.
Quella mattina però il frigo era vuoto.
Sua mamma era stata via più del previsto.
Diana andò da Nancy e si meravigliò di vederla diversa dal solito: era pallida e non aveva tanta voglia di parlare.
“Nancy sta male, forse è malata” disse Diana a Rose dopo averla raggiunta nell’ingresso.
Anche Rose non aveva un bell’aspetto: indossava un pigiama sporco e malandato che aveva visto tempi migliori.
Diana spinse una sedia dal salotto al bagno di casa.
Ci mise un po’ di tempo per far passare la sedia attraverso la porta del bagno ma alla fine ci riuscì.
Accese la luce, salì sulla sedia e, pur mettendosi sulle punte, non riusciva a vedere la sua amica Maggie.
Prese il cesto dei panni sporchi, lo svuotò e lo appoggiò sulla sedia.
Salì su quella torre traballante con il rischio di cadere e farsi davvero male.
Nello specchio appeso sul lavandino vide la faccia di Maggie: aveva le occhiaie e le labbra gonfie e screpolate.
da Giorgio
Cirano
Lo so che nessuno di voi mi crede, perché di me vedete la baldanza, e vi affascina l’eloquio che ostento sul palco e il farfallino che porto con noncuranza, l’arroganza con la quale parlo di quello che conosco e la sfacciataggine con la quale dico a ognuno quello che penso. Ma se sapeste quanto tutto questo mi costa. Perché, qualunque persona credete che io sia, in tutta verità è un personaggio, una maschera che indosso per poter uscire all’aperto, mostrarmi senza il timore d’essere scoperto per quello che realmente sono. Ecco, immaginate di avere in una mano una fotografia e nell’altra il negativo. E delle due immagini, solo la prima attira vostra attenzione. Ebbene, io sono l’altra. La baldanza? Una coperta da quattro soldi. L’eloquio? Il risultato di tanto leggere solitario. L’arroganza è vera, perché non mi preoccupo di piacere. E la sfacciataggine mi viene dalla convinzione che non piaccio. Se il mio naso ne abbia merito o colpa non saprei dire. Di certo, preferirei essere qualcun altro. Prendete Cristiano. Di tutto quello che ho, lui non ne ha un’oncia. Ma basta che si mostri, con quel naso piccolo e lo sguardo sfacciato, che io finisca nell’ombra. E Rossana, che pendeva dalle mie labbra, ecco che s’allontana e ricambia a lui il sorriso. È inutile sfidarlo, meglio fare al cattivo gioco buon viso. Che, come di lui, d’ogni altro penso che sia migliore di me. Ecco quanto credo di valere. Scusate questo sfogo, a volte le parole escono senza chiedere il permesso, soprattutto quando non sono io a pronunciarle, ma il mio profilo riflesso.
Stiamo progettando una rivista letteraria per aiutare le nuove voci a emergere. Abbiamo sempre la stessa vision: diffondere cultura e talento.
Sostieni il progetto e diventa un* Sevener!
Post Views: 91
Navigazione
- HOME
- AltreStorie di Neó
- IO E IL DOTTOR ZETA, LA RAGAZZA ICS ED IO
- SOSTIENI SEVENBLOG!
- NEWS
- LETTERATURA&SOCIAL
- CRONACHE DA SOTTILIA
- CATTIVICONSIGLI
- LE STORIE DI MICHELANGELO
- EMPATICAMENTE
- I Podcast
- AudioRacconti
- SPECIALE QUARANTENA
- SEVEN BLOG
- AREA MANOSCRITTI
- CHI SIAMO
- CONTATTI
- Privacy Policy
- SOSTIENI SEVENBLOG!
Consigli
Articoli recenti
- La caduta di un Impero e la caduta di un padre 13 Gennaio 2025
- La discutibile cena di Billy e Maya 8 Gennaio 2025
- Quello che provo nel vederti 7 Gennaio 2025
- Prima dell’alba 5 Gennaio 2025
- Oro 31 Dicembre 2024
Lascia un commento