
Le opinioni superbe . SUPERBIA
New York, perché…
In 30 Giugno 2022 da Redazione Seven BlogNew York City. America. Sogno, capriccio, potere, stelle e strisce, libertà. Un attimo: ne siamo così certi? O siamo proprio noi ad alimentarne il mito? Il tema di giugno 2022 è New York: noi ne scriviamo raccontini superbi…
da Debora
Central Park
Tu te la immagini la mia vita se non ci fosse mai questa atmosfera, questo vento che mi culla avanti e indietro, e mi fa posare di volta in volta sulle cose, sulle anime? È chiaro che in autunno, in questo campo magico e dorato, il mio incedere si faccia maestoso eppure mimetizzato, e le mie percezioni attentissime, scattanti. Una serie di memorie, e odori, e parole, e lingue e culture e desideri e paure si impossessa della mia fragile consistenza. E io divento strati e strati di emozioni e di vite.
Il pizzaiolo che sposta il baracchino negli angoli più affollati, lo vedi? Lo credono italiano, perché qui c’è una strana superficie nelle idee, che le copre di una sostanza melmosa simile a miele, e tu allora ti affidi incautamente a stereotipi da film. Sa che dovrà percorrere quaranta minuti di strada verso il Queens, girare la chiave nella serratura che gli sembrerà, come sempre, un pugnale conficcato lentamente nel petto, e accendere le luci gialle immerse nell’odore di aglio e chiuso e cose vecchie, e sentirsi solo davanti al televisore con una birra in mano e il culo sprofondato nel cuscino consunto del divano recuperato in discarica.
La ragazza col cappello Fisherman, e la coda di lunghi capelli castani mossi dal vento, eccola, seduta sulla panchina, là in fondo, la vuoi raggiungere? L’ho ascoltata, poco fa, parlava a se stessa. Sembra spensierata, nei suoi jeans skinny e nel top rosa che lascia scoperta la schiena e il volo di rondini che arrivano fin sopra il fianco. Ma ha una vita in grembo, e questa città non è più ospitale per lei, ragazza madre senza prospettive.
Lo scorgi l’uomo che gioca con il pastore tedesco? È un pubblicitario, beve whisky da stamattina, sta per perdere tutto. Lavoro, moglie, figli, loft, amante, carta di credito aziendale, scrivania in vetro. Reputazione. Sta pensando al suicidio, perché questo mondo ti strizza e tu devi essere e avere contemporaneamente, e non puoi perdere in questo Paese, devi vincere, vincere sempre, avere sempre la voglia di rialzarti, e vincere. E lui forse non l’ha più.
Donne, uomini, pezzi di società che corrono e credono di trovare. Io li osservo e non parlo. Ogni tanto guardo la Statua della Libertà e le chiedo perché questa città sia sempre così bella, sempre così innamorata, anche quando odia, anche quando ha fame.
da Gianluca
I fantasmi del futuro
Aveva viaggiato di notte, risalendo il grande fiume su una piccola imbarcazione.
All’alba, aveva nascosto la barca in un cantiere abbandonato nella periferia est della città.
Da quando si era diffusa la notizia che l’ex presidente aveva tentato un golpe, nel suo paese si respirava una brutta aria.
C’era troppa polizia in giro, così decise di raggiungere il centro della città, evitando i luoghi più affollati.
In città faceva molto caldo e la ragazza si fermò all’ombra per rifiatare un po’.
Il rumore del traffico che scorreva veloce le fece pensare al battito del cuore di quel bambino che portava in grembo e una lacrima bagnò il suo giovane viso.
Si asciugò il volto con il dorso della mano e quel gesto attenuò leggermente quel senso di colpa che le attanagliava il respiro.
Nel suo paese l’aborto era illegale, l’unica soluzione era affidarsi a una struttura clandestina.
Prima di riprendere il cammino, rilesse il bigliettino con l’indirizzo che aveva trovato su internet:
5 Elizabeth St, New York.
da Giorgio
New York
Due di notte. Lui entra nel mio letto. Io sono il suo vasetto di marmellata. Quando vuole, apre il coperchio. Che sia addormentata o sveglia è solo un dettaglio. E non conta se abbia voglia di dormire o parlare o semplicemente di una carezza. Io sono marmellata e lui è il cucchiaio.
Sette di mattina. Lui esce dalla mia stanza. Io sono un corpo abbandonato sotto la coperta. Non mi guarda, non mi saluta, non mi aspetta nemmeno per fare colazione. Se fa freddo non ravviva la stufa. Semplicemente se ne va. L’amore è solo una convenzione.
Il resto del giorno. Ufficio, caffè con le colleghe, pranzo con l’avanzo della cena, un romanzo a poche pagine dalla fine, una scena senza finale, la notifica di un messaggio, un desiderio represso, un maggio che non fiorisce da anni, per i danni di un padre che non sa che può far male.
La sera. Doccia, crema, smalto da ritoccare e una cartolina come salvaschermo. New York, di notte, con le luci dei grattacieli che sembrano stelle in gabbia. La rabbia per quel che vorrei ma non oso. Un piatto preparato di fretta, una fetta di sogno in replica alla televisione, una moneta nel barattolo del viaggio verso la città che non dorme mai. Il rimpianto per un no che non ho detto, per qualcuno che se n’è andato, per un viaggio in due che con questo rassicurante tetto ho barattato.
da Claudia
Un gran bel posto
Voglio portare la mano al cielo e toccarlo con la fiaccola della Statua della Libertà.
Lei è la libertà che illumina il mondo.
Oh, New York, New York, vorrei mettere le ali come Icaro, ma stavolta andando incontro alla Luna, così non farei sciogliere la cera. Tornerei indietro nel tempo e proteggere, sopra le mie ali, tutte le anime del World Trade Center. Lassù, a vedere le stelle ed esprimere anche solo uno dei desideri di ognuno.
Ma le ali non le posso avere, e nella grande mela i palazzi sono troppo alti, che a volte è proprio difficile vedere le stelle.
Oggi, tutto intorno al 9/11 Memorial, ci sono piccoli alberi giovani. Il monumento è composto da due blocchi di cemento dove sono incisi i nomi di tutti gli angeli caduti. Due blocchi di cemento dove di vita non ce n’è più.
Tocco le lettere con i polpastrelli, schivo i palazzi e guardo il cielo: ogni stella che vedrò correre via sarà per loro, lo prometto.
Sono nella città dei sogni che diventano realtà, e ora sono cresciuta e voglio diventare l’astro più fatiscente di Broadway.
Le luci mi danno energia, m’ispirano, cammino con scarpette nuove in un asfalto composto da arte, progresso e sogni già realizzati. Di altri.
I miei non saranno mai sogni stanchi, prometto anche questo.
Cavalcherò questa città prendendola per le corna, e la dominerò.
“New York, New York giungla di cemento dove i sogni diventano realtà”, canta Alycia Keys.
Nel Baccarat Hotel, nel Plaza, ai piani alti degli hotel di lusso, le escort esaudiscono desideri di piacere dei potenti, mentre negli angoli bui delle strade, le donne non smettono mai di fottere a basso prezzo.
La metro grida di dolore come le forchette nei piatti vuoti, i barboni non hanno nemmeno quelli. Loro si mangiano le mani, se le scaldano sotto i ponti e guardando in alto, maledicono i palazzi che li schiacciano, facendoli sentire ancor più insignificanti.
Apro le braccia e faccio un girotondo a Times Square, imbocco l’Harlem e salgo sul Ponte di Brooklyn. La corruzione che ho visto non mi ha ancora fatto smettere di sperare.
Mi perdo nell’odore di hamburger di McDonald’s della grande mela.
I ratti rosicchiano i carretti a Chinatown, la musica Jazz impazza nei quartieri che vogliono sfondare.
Entro nell’innovativo “Kinky’s Bar”, mi perdo nell’atmosfera pink delle sue pareti e assaporo i golosissimi dolci a forma di genitali maschili e femminili.
“Mi scusi, signorina, prendo una vagina nera, poi una gialla, poi una ariana”, come quella della puttana gustata nella 34esima strada.
Nessun miracolo ancora segnalato.
Voglio dare un bacio d’amore sotto la pioggia, accompagnata dalle note dello zio Frank, poi ballare “Chicago”, “Moulin Rouge”, inventare un Flash Mob, con in alto le insegne che impazzano di luci, proiettano la mia faccia e il nome da star.
Voglio indossare un abito su misura Versace per andare a vincere il mio primo Oscar. E se proprio arrivasse la mia ora, vorrei una morte alla Elvis: ancora giovane, famoso e per sempre immortale.
Stiamo progettando una rivista letteraria per aiutare le nuove voci a emergere. Abbiamo sempre la stessa vision: diffondere cultura e talento.
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