Le opinioni superbe . SUPERBIA
La menzogna, perché…
In 28 Febbraio 2022 da Redazione Seven BlogÈ stato un mese difficile per il mondo, febbraio 2022. E noi ci chiediamo cosa sia la menzogna, quali facce possa indossare, come scriverne racconti superbi…
da Fabio
Il piazzista
C’è una curiosa sensazione che provo in primavera se mi addentro nel mercato di piazza Petrarca, uno dei luoghi più importanti di Pavia.
Lì ci sono pettegolezzi e notizie più o meno veritiere, oltre, ovviamente, alle merci in vendita.
Dicevo della mia sensazione: il sole già caldo e il leggero venticello, sommato ai profumi, mi ricordano il luogo che amo di più dopo la mia Bassa: la Provenza.
Quando vado là trovo la mia piazza, quando sono qui ritrovo un pezzo di Provenza.
Un giorno, mentre attraversavo il mercato con mio nonno (al Pep) intento a fare spesa e buoni affari (così mi diceva lui), partì un nuovo racconto, quello del piazzista.
Nonno mi raccontò che, quando lui era molto più giovane, si fermava ad ascoltare “Gigion”, uno che era abilissimo a vendere: ricco e sempre sorridente. Anche se era oramai in età avanzata si dilettava a intrattenere quello che mio nonno definiva il “suo pubblico”.
La cosa divertente, così mi diceva al Pep, che vendeva materiale di pessima qualità in modo convincente: barzellette, risate elargite anche in modo sguaiato, battute anche un po’ pesanti, almeno lo erano ai suoi tempi. E non solo, aveva man forte da qualcuno che, al suo servizio, si fingeva cliente e sottolineava quanto fosse in gamba, unico e vendesse la miglior qualità.
Indicandomi la bancarella dove stazionava, nonno aggiunse che si era rovinato per colpa delle donne, tanto che la moglie lo aveva lasciato (all’epoca non legalmente, perché non c’era il divorzio).
La domanda ingenua che mi scaturì non tardò troppo: «Ma perché tutti gli davano retta se vendeva merce non di grande qualità e si comportava così nella vita?».
Nonno, mentre era intento a visionare le acciughe che già pregustava con olio, aglio e prezzemolo abbozzò un sorriso: «Fabio, ci sono cose nella vita che non riuscirai a spiegarti, ma che hanno una loro ragione. A molti piace sentir raccontare storielle, comprare merci di poco valore, ma va bene così. Poi, un giorno, quando si stancheranno, ne parleranno malissimo e ti verranno pure a dire che avevano capito tutto ed eri tu, invece, a sbagliare».
da Manuela
Il latte di Mady Yours
Mady Yours ficca le dita nella nuvola, che è ruvida come la spugna. Due polpastrelli e due unghie diventano viola. Mady Yours che ne strappa un pezzo. Il pezzo rimane freddo e chiuso nella mano, e Mady Yours lo spreme e ci ricava otto gocce di latte e ci si bagna le labbra. Mady Yours pensa a una grossa fragola surgelata e questo la fa stare bene. A volte pensa al latte che si trova dentro le buste della mozzarella e questo le fa venire conati. E allora Mady Yours vorrebbe scendere dalla nuvola, ma quando si affaccia, superando una sottile barriera di vento, vede piazze-miniatura abitate da folletti. E Mady Yours capisce che è meglio succhiare latte dalla nuvola. Mady Yours sta comoda sulla nuvola. Preferisce credere al latte piuttosto che ascoltare le menzogne dell’Elfo Blu.
L’Elfo Blu passa a trovarla ogni tanto, preferibilmente nei momenti di cielo piatto e le dice questo,
tipo che si trova nella stanza 666, che le iniettano tutti i giorni una certa sostanza per farla stare buona e ferma sul lettino.
Mady Yours prende una noce di freddo e la scaglia contro l’Elfo Blu, e quello scompare come l’oggi-diventato-domani. Mady Yours però non crede neanche alla Fata-Nutrice-Fucsia. Che le racconta la Barzelletta dell’Ultima Ora. Mady Yours deve tracannare mezzo secchio di latte per non riderle in faccia.
La Fata Nutrice Fucsia le dice questo,
ti portava il caffè a letto, e l’hai ripagato con il più dolce dei regali, un bello sparo fucsia che ha fatto schizzare il suo cervello.
Mady Yours vive su una nuvola, beve latte e freddo, e non sa a quale bugia credere.
da Chiara
Il diavolo e il buco della serratura
Il diavolo si accuccia dietro i buchi della serratura. È lì che ci sono le cose interessanti, dietro le porte chiuse, negli sguardi algidi e indifferenti. Il diavolo si nasconde nelle distanze, troppo lontane per essere vere, nelle parole che rotolano fredde di cifre e strategie. Il diavolo si nasconde, ma basta cercarlo: non aspetta altro che farsi trovare.
Un capo del tavolo e un altro, grafici e dita battute sulle tastiere dei personal, giacche e cravatte, gonne e tailleur.
Un gioco di ciglia che si sollevano appena, rimandi e mezzi sorrisi plastificati, come si fa tra professionisti. Convenientemente distanti nell’imbarazzo nascosto. Le fedi alle dita, due chiacchiere appena su bambini e auto nuove, voci che si schiariscono. Il diavolo si nasconde nel Lei cortese, Dottoressa, Avvocato, quando abbiamo valutato queste proiezioni – erano usciti tutti, uno scorrere di dita, uno sguardo più lungo, la scrivania, i fogli, la cravatta che vola e le scarpe sparse per la stanza, sospiri e gemiti – la situazione era ancora stabile, vero? – certo che era stabile, lui a casa con la moglie, lei casa con il compagno, fino a quella sera, l’ufficio in penombra e nessuno intorno.
Discutiamo di budget, lei cosa ne pensa, Ingegnere? – e i vestiti sparsi sul pavimento, i graffi e le grida soffocate in un morso.
In queste slide potete notare… – mentre passa a riprendere la borsa della palestra dimenticata in ufficio, le sagome nella penombra ed i gemiti, si ferma di colpo ed osserva nel buio, senza farsi vedere.
Avvocato, dottoressa. Giocano una partita a scacchi che è solo loro.
Le dita si muovono sulle tastiere dei pc e sugli schermi dei tablet. Avvocato, dottoressa, ignari. Sguardi stupiti si alzano e vanno da una parte all’altra del tavolo.
Il diavolo si nasconde dietro i buchi della serratura, nella fotocamera di un telefono e nelle mail di lavoro, durante una riunione.
da Gianluca
Lo scarabocchio
«Oggi facciamo un gioco nuovo», disse la maestra e prese quattro pennarelli dal cassetto della cattedra.
«Come si chiama?», chiese Anna, la bimba dai capelli color oro dal fondo dell’aula.
«Scarabocchia il grembiule», rispose prontamente la maestra e, dopo aver letto da un foglio appoggiato sulla cattedra, usò il pennarello rosso per scrivere qualcosa sul colletto del bimbo seduto al primo banco.
«Mia mamma non sarà contenta», esclamò Anna terrorizzata, vedendo che la maestra continuava imperterrita in quel gioco così stupido. L’anziana donna ripeteva sempre lo stesso rituale: leggeva qualcosa dal foglio che il bidello le aveva consegnato all’inizio della lezione e poi correva a scarabocchiare il colletto di un altro alunno.
Anna non credeva ai suoi occhi: la maestra stava violando una delle regole principali della scuola e i suoi compagni di classe non avevano nulla da obiettare.
«Mia madre mi metterà in punizione per un mese…», urlò la bambina, quando capì che sarebbe toccato a lei.
«E allora le spiegheremo che questo è un gioco nuovo».
«Usa almeno il pennarello rosso come hai fatto con Ivan, ti prego», la implorò Anna.
«Non posso, mi dispiace. Ogni colore ha un significato preciso. A te è toccato il verde».
«Il verde? Io odio il verde. Per nessuno altro hai usato quel colore. Perché proprio il verde?».
«Perché tu sei una bimba speciale, Anna», e la voce dell’insegnante fu coperta dal suono della campanella.
Anna infilò il cappotto, coprì con la sciarpa il colletto del grembiule e si unì al corteo di bambini che uscivano dalla classe.
«Non è colpa mia», disse alla mamma appena entrò in auto. «È un gioco nuovo, l’ha inventato la maestra Angela», aggiunse, mostrandole il colletto sotto la sciarpa. «Scarabocchia il grembiule», esclamò imitando la voce nasale dell’insegnante di matematica.
«Sì, lo so, siamo stati avvertiti», rispose la mamma e inforcò gli occhiali da sole che erano poggiati sul cruscotto. Quel gesto sembrò così goffo che Anna scoppiò a ridere.
«Mamma, ma che avete voi adulti? Da un paio di giorni siete tutti strani. È il 23 febbraio, c’è brutto tempo e tu metti gli occhiali da sole? Non siamo alle Maldive. Sembri più matta della maestra Angela. Lo sai che solo con me ha usato il verde. Il verde, hai capito?», proseguì Anna mentre cercava di vedere lo scarabocchio riflesso nello specchietto che c’era sotto il parasole della loro auto. «E poi, scusa, ma che razza di scarabocchio è un cerchio con una lineetta?».
«Zero negativo», disse la mamma, e non riuscì più a trattenere le lacrime.
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