IRA . Lettere dall'Ira
Qual è la tua strada amico?
In 9 Gennaio 2020 da Attilia Patri DPQual è la tua strada amico? Quella della responsabilità o quella del proiettile vagante a caso? Quella che conduce a una meta o quella del proiettile solitario dentro a un tamburo di pistola in attesa di circostanze? Quella pianificata o solo una roulette russa?
L’attualità di quest’ultima quindicina di giorni è fatta di lamiere, di cartocci metallici, di spezzoni di vita tranciata su asfalto umido di inverno. Storie di incidenti stradali con denominatore comune l’eccesso di alcool, storie in sequenza ravvicinata sul calendario, come se un destino comune le avesse avviluppate una dopo l’altra dentro alle proprie spire, storie di chi resta e di chi non ce la fa. Storie senza vincitori. Storie di assoluta amarezza.
Qual è la tua strada amico? Qual è il destino di chi ti incrocia per caso sulla propria via? Quale storia ne verrà fuori dopo il tuo incontro?
Chiamiamole pure storie di fatalità, caso, beffa di un appuntamento tra un minuto in più o in meno, di un paio di metri avanti o indietro. Chiamiamole come vogliamo. Le risultanze non cambiano e ciò che residua è fatto di lamiere, di cartocci metallici, di spezzoni di vita tranciata su asfalto umido di inverno mentre qualcuno prende misure, traccia segni di gesso sulla carreggiata, blocca il traffico, attiva ambulanze. Le risultanze sono undici vittime negli ultimi quindici giorni.
Qual è la tua strada amico? La strada dovrebbe essere quella indicata dal buon senso, dal navigatore implementato nella coscienza, quella della logica terra-terra: se bevo non guido. Peccato che la logica più banale venga spesso disattesa, sopraffatta da quel circuito emotivo del vuoi che capiti proprio a me o dalla sottovalutazione del proprio stato di vigilanza. Soffriamo, a volte, di sindrome degli invincibili. Spiace dirlo ma i supereroi sono pochi e la maggioranza vive nel mondo dei fumetti.
Nella realtà, l’indagine di Eurispes- Enpam sull’alcolismo in Italia nei suoi diversi aspetti, indica nella fascia dei giovani i dati più preoccupanti, sia per quanto riguarda la quantità di consumo che la scarsa consapevolezza dei rischi.
Giovani nei confronti dell’alcool fin troppo precoci se si pensa che uno su sette ha dichiarato di aver ingollato il primo bicchiere tra gli undici e i tredici anni e con una punta del 3,8% degli intervistati che ammette di aver assunto la prima dose di alcool prima dei dieci anni. Difficile immaginare il contesto di crescita di questi ragazzi e in quale deriva siano proiettati a meno di interventi efficaci.
Salendo con l’età, emerge che beve un terzo degli appartenenti alla fascia diciotto-ventiquattro anni; un quarto tra i giovani adulti compresi tra i venticinque e i trentaquattro anni.
L’indagine rivela anche come siano cambiate, in modo radicale, anche le modalità del bere stesso: si beve sempre più fuori dai pasti principali, in dosi massicce rispondendo alla tendenza del binge drinking (ovvero consumare cinque-sei drink in un colpo solo), in un arco temporale breve e nelle occasioni più disparate.
Obiettivo delle interviste era anche quello di capire quanto sia frequente la guida in stato di ebrezza e quanto i giovani conoscano le norme e i limiti di sicurezza. Più prudenti si sono rivelate le ragazze che, nel 72% dei casi, hanno ammesso di non aver mai guidato in stato di ebrezza, contro il 47,9% dei ragazzi mentre, indifferentemente, solo un terzo degli intervistati ha indicato correttamente il limite di 0,5 grammi di alcool per litro di sangue. I rimanenti o non conoscono la norma o sottostimano il valore reale tanto che, nel rapporto, si legge: “due terzi degli intervistati non sono in grado di stabilire la quantità di alcool che possono assumere senza compromettere la propria capacità di guida”.
L’indagine in realtà testimonia una volta di più la necessità di interventi sia sul piano della prevenzione che su quello dell’informazione che deve essere capillare, precoce, ed evidenziare tutte quelle alterazioni psicofisiche che, alla guida, innescano disattenzione, sonnolenza, alterazione dei riflessi con tutte le conseguenze pericolose per sé e per gli altri: un minuto in più o in meno, qualche metro avanti o indietro, un semaforo saltato, un incrocio non rispettato, una precedenza presa di diritto, una manovra azzardata, una velocità oltre il limite del controllo e la cronaca racconterà ancora storie. E non sono solo storie di ragazzi che nell’età vedono uno scudo di onnipotenza. A volte le storie raccontano anche di persone più mature, di persone appartenenti a categorie professionali per le quali il tasso alcolemico rilevato, quando alla guida, dovrebbe essere pari a zero: autisti di autobus, taxi, autocarri, mezzi pesanti. Così come pari a zero dovrebbe essere il tasso per i neopatentati (per i primi tre anni dal rilascio della patente) e per i minori di ventun anni.
Qualcuno auspica campagne di informazione indirizzate ai giovani di più forte impatto rispetto alle attuali, ed estese maggiormente nelle scuole e nei luoghi di divertimento piuttosto che sui canali di comunicazione ufficiali poco seguiti in questa fascia di età. Portavoce il presidente della Società Italiana di Psichiatria Enrico Zanalda che, in una intervista all’Ansa, ha suggerito l’utilizzo di immagini scioccanti di incidenti stradali sulle bottiglie e sulle lattine di vino, alcolici e birra, alla stregua della Campagna contro il Fumo del 2016 che vedeva l’obbligo di stampare sui pacchetti foto con gli esiti delle malattie riconducibili al tabagismo.
Secondo il dottor Zanalda affinché la comunicazione e l’informazione dirette ai ragazzi siano veramente efficaci occorre “puntare su ciò che utilizzano e consumano, e le lattine di birra o le bottiglie di vino sono sicuramente tra i loro beni di consumo. I messaggi soft non bastano più e sono necessari messaggi forti che veicolino l’unico messaggio: se bevo non guido. Se i giovani che hanno causato incidenti perché in stato di ebrezza, e che oggi pagano per questo, volessero diventare i testimonial di una campagna per dire ai loro coetanei cosa ha significato per loro questa esperienza, ciò potrebbe essere un forte deterrente per molti, così come utilizzare volti vicini ai ragazzi a partire dai rapper per far passare tali messaggi”.
Ben vengano le idee ma la domanda, comunque, resta: qual è la tua strada amico? Ha il sottofondo che scivola sul buonsenso o ha per sottofondo il rumore di un tamburo di rivoltella che gira con il destino compresso in quell’unico proiettile?
Se la nostra scelta di strada è una roulette russa affidata al caso, alla sottovalutazione, al fatidico “a me non capiterà” allora prendiamo in prestito la voce di Meryl Streep che, come Linda nel film “Il Cacciatore”, potrebbe porci una seconda domanda: “Avresti mai pensato che la vita sarebbe cambiata così tanto?”
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