Le storie superbe . SUPERBIA
La tragica storia di BarbyeBlu
In 27 Dicembre 2015 da Sara MillaC’era una volta un poveraccio cui avevano sbagliato candeggio e che da allora aveva la barba blu. Non solo gli era rimasta quella fastidiosa, burina barba blu, ma tutte le ragazze del contado se lo contadointendevano… se lo contadocontendevano… insomma lo volevano impalmare.
Lui era timido, restio e solitario… ma niente… alla fine gli affibbiarono una di queste ragazzette sciapette e bianchicce con i capelli striati di verde che lo guardò in tralice con i suoi occhioni bistrati di nero a coste e gli intimò di sposarla.
Mestamente Barbablù convolò a nozze con la bistrata e la portò nel suo castello, che vedendolo unico padrone si era mantenuto nel più discreto decoro, ma con l’avvento della mogliettina divenne un vero bazar di Zanzibar.
Allora Barbablù cercò l’aiuto di uno psicanalista, che ascoltatolo gli consigliò di crearsi un suo spazio, un luogo solo suo, dove nessuno poteva entrare, e tagliare così la testa al toro (sic). Per cui il nostro, tornando a casa e trovandola nel solito incredibile disordine, ammonì la pavoncella striata: “Carina, in cima al castello c’è una stanzetta… non ci provare a entrare che ti taglio la testa… come al toro o giù di lì…”.
L’indisponente metallara, ciancicando vistosamente una gommazza rumoreggiando come un raptodattilo che sconocchia un dinosauro fresco di giornata, gli fa melliflua: “Okkei Barby, chi te la fruga la tua topaia”. Barbablù, altrimenti chiamato volgarmente dalla sua mezzoquarto Barby… puah… fa le scale a quattro a quattro e raggiunge lo studiolino in cima alla torre. Lo arreda con gusto triste kitsch, e ci si accomoda pure per la notte, che la vampiretta gli dà il brivido.
Ma un giorno è costretto a partire: deve raggiungere la Coop del paese vicino perché ha finito le robiolette di NonnoNonno. Inchiavarda la sua stanzina adorata, dove nessuna sa che dipinge, modella, gira video esaltanti che poi schiaffa su youtube con sua grande soddisfazione. L’istoriata prende in consegna le chiavi del castello, con le quali spera di farsi dei piercing favolosi, e soprattutto con la chiave più piccina, tanto per cominciare, da conficcarsi nel lobo smandrippato dell’orecchio sinistro: il più vicino al cuore. Barbuzzo mio caro, gli dice. Barbablù inorridisce e le ingiunge di non provarci proprio, che potrebbe ridurla in salamoia… Dopo questo scambio di affetto e passione, Barbablù parte.
La scavezzacollo a pois si lancia a spalancare tutte le stanze del castello, e a portarvi seco la solita buriana che la contraddistingue. Quando poi ha falcidiato ogni segno d’ordine all’intorno, resta con in mano la chiavicola dello studiolo di Barbablù. Si arrampica in cima al castello, riuscendo a spezzarsi l’unghia ricurva dell’alluce, e ad aprire la tosta porticina, lasciandoci su come segno indelebile la ricostruzione dell’unghia del dito medio. Borbottando tra sé e sé Wall dei Pink Trogloid, spalanca l’uscio e… AAAAAAHHHHHHHH! ORRORRRRRE! Tutto il pavimento è tirato a lucido, alle pareti terrificanti quadri d’autore, dall’impressionismo all’espressionismo e viceversa, con qualche atroce puntata di macchiaioli. non c’è all’intorno un solo granello di polvere, e ogni cosa è collocata nello spazio per denunciare ordine, praticità, estetica ed efficienza.
La giovine non regge a tutto questo e vomita.
In quel mentre si ode trottare la Bianchina di Barbablù di ritorno dalla Coop, col suo carico di immacolate robioline. MOGLIEEE!!!!! Patetico MERLUZZOOOO; dove sei????
Ella si trascina al suo cospetto. Il solo vederla colpisce al cuore il povero Barbablù, l’emozione di incontrarsi con quella selvatica creatura gli mette addosso il ghirigoro della fuga. Ella ha qualcosa di strano, di umano quasi. “Moooglie, non sarai per caso entrata nel mio studiolo, nevvero?” “Nooo, Barbyeblu, noooo…”, ma trema, e Barbablù, in preda a una cieca agitazione, si slancia per le scale, raggiunge la sua amata stanzetta e scivola sul vomitaticcio della consorte. Un velo rosso gli cala sulla fronte. “Orbene, vibrissa dei miei giorni peggiori, recita le tue preghiere, perché ora chiamo l’avvocato”. “Noooo, l’avvocato noooo, quello ci ha pure la cravatta e il fazzoletto che profuma di bucato. Mi fa schifo!”, urla la povera storcinatella ammantata di vesti impataccate secondo l’ultima moda Dolce o Salato basta che te lo butti addosso.
Barbablù cerca dunque di esorcizzarla rovesciando per la casa cassetti colmi di biancheria immacolata, profumata alla lavanda; ella annaspa, chiede pietà, invoca l’arrivo dei suoi fratelli. Fratelli? che Fratelli? non eri figlia unica?
Poropon poropon poropon… ecco i fratelli in sella a delle cavalline Honda bianche e frizzantine, tutte rubate… Entra con loro nella casa una folata di aria puzzolente: “Ne convengo – dice Barbablù – qualcosa mi fa intuire che non sei figlia unica”, e al contempo si tura il naso con uno spartano fazzoletto bianco di bucato sapone di Marsiglia.
L’afrore del sapone fa aggricciare gli strati di grasso e untume presenti sulla pelle degli energumeni.
“Stai a fa il pulitino, disarmatelo, sporcatelo, gettatelo nella fanga, ne avremo ragione”. Ecco, lo circondano.
Quando il sole volge a mezzogiorno e punta i suoi raggi sulla perfetta Bianchina di Barbablù, puro modernariato, e vieppiù sulle candide robioline, i fratelli arretrano, accecati da tanto nitore, e tanto per cambiare, vomitano.
Barbablù rincara la dose. Corre verso il suo stanzino e stacca dal muro una marina di Monet, si precipita verso il gruppo riverso, e appena uno di loro tira su la testa, lo annienta con la visione del perfetto dipinto. Poi di nuovo corre verso il suo stanzino e prende una preziosa sculturina giapponese, e con questa li minaccia. Troppo bella? direte voi… no, una ciofeca, ma pesante… Così, non trovando niente di brutto che possa rianimarli, i fratelli si accontentano di riprendersi la sorella, brutta al punto giusto, e di andarsene frettolosamente sulle Honda, poropon poropon poropon, ridotte ad un ammasso di catorci infangati.
Il nostro, finalmente libero, comincia a scartocciare le sue robioline, e mangia che ti rimangia, gli viene una bella idea: perché non sbarbarsi definitivamente?
Risella la sua Bianchina e corre al centro Estetico, dalla Moira. Si piazza sul lettino, e richiede con voce squillante: Ceretta, bella morona, e che non si parli mai più di Barbablù. E così visse pulito e contento.
(Fonte dell’immagine di copertina: http://nonciclopedia.wikia.com)
Sara Milla è educatrice, scrittrice e organizzatrice di eventi culturali e mostre d’arte a Roma, dove vive. Ha pubbicato due libri:
- Il rischio della formica – Epika edizioni
- Il rifugio – Ottolibri
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