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Teresina e il virùs della Cina – parte seconda
In 26 Aprile 2020 da Caterina LevatoMai la primavera era arrivata così tersa e brillante come quell’anno, come se la natura volesse chiedere perdono per quello scherzo evolutivo che aveva costretto tutti a casa. Le giornate si facevano lunghe lunghe ed era giunto anche il momento di spostare le lancette dell’orologio.
La sera rinfrescava e Teresina, per togliersi di dosso un poco d’umidità, accendeva ancora un paio d’ore la stufa. Abitava a piano terra, una porta di legno marrone si affacciava sulla strada, sulle chianche lucide lucide che la vecchietta lavava con la candeggina tutte le mattine. Quante notizie sopra a quella porta: chi si sposava e chi si spartiva, chi nasceva e chi se ne andava per sempre.
Ma quella era la vita di prima, ora usciva come una ladra, un fruscio di scopa e poi dentro, che lei la polvere e le carte sopra alle chianche non le poteva proprio vedere. Solo nella stanza di dietro teneva aperto che il giardino era il suo e ci stava solo il gatto, che era fatto vecchio pure lui e non si allontanava mai.
Il televisore era sempre acceso, ma pareva come il ronzio di una mosca: morti in Lombardia e morti nel Veneto; e mo c’è il picco, mo il picco non c’è; i soldi bastano e i soldi sono pochi; le mascherine non ci stanno, arrivano milioni di mascherine…
La cosa importante Teresina l’aveva capita: state a casa e non uscite, non uscite e state a casa che ci sono troppi morti. Ma pure a volere uscire, dove doveva andare, che stava tutto chiuso?
Una cosa sola seguiva attenta attenta: il Papa, quello sì, e pure la messa e il rosario ascoltava, sempre alla televisione e così non faceva peccato.
Teresina, poi, s’era trovata un passatempo, aveva preso tutta la lana che teneva e sferruzzava quadrati, erano tutti diversi, ma poi li cuciva insieme e ci faceva una bella coperta colorata, calda calda per l’inverno, che prima o poi arriva anche quello. Si era convinta che, una volta finita la coperta, u virùs della Cina se ne sarebbe tornato a casa sua, dai cinesi. Lento lento, questo si era capito, ma prima o poi se ne doveva andare; tutte le cose finiscono e sarebbe finito pure lui.
Ogni due o tre giorni andava a fare la spesa e portava con sé il foglietto che la commara Lucietta le aveva mandato con il nipote.
Madonna che paura quando aveva bussato alla porta. E chi lo poteva conoscere con quella maschera e i guanti azzurri, pareva un ladro. Prima di aprire aveva chiesto: – Chi sei?
E quello poi si era spiegato:
- Sono Tommaso, il nipote piccolo di Lucietta.
A Tommaso la porta si poteva aprire che era un bravo giovane, non come il fratello… quello che stava a Milano.
Tommaso s’era fermato sull’uscio e le aveva allungato il foglietto:
- La nonna mi manda a dire che senza questo non puoi uscire, se no ti arrestano.
- Oh, Madonna Santa e ci so fatt? – gli aveva chiesto Teresina.
- Niente – le aveva risposto il giovane che, preciso com’era, le aveva spiegato tutto bene bene
e lei aveva capito. Ma non si era potuta trattenere dal dire:
- Però che esagerati! …e l’abbiano capito. Pure le mosche mo stanno lontane, che tengono paura du’ virùs, figurati i cristiani!
Tommaso, con la santa pazienza, le aveva raccontato che in paese c’erano stati dieci casi. Teresina si era stata zitta, ma nella testa sua gli era venuto il nervoso. Mo i cristiani si chiamano “i casi”. I nomi ci vogliono, che tu devi capire chi sta passando la disgrazia. Ma che ne poteva sapere un giovane di queste cose, anche lui, che pure era bravo, ne doveva mangiare ancora di pane tosto…
E metti il foglietto in tasca, e pensa a che ti manca: farina, pane e latte e tutto il resto, e poi il cappotto e i guanti blu, come a Tommaso, e alla fine pure la mascherina, che gliela aveva mandata la commara assieme al foglietto, anzi i foglietti che erano diventati assai e li portava tutti appresso, non si sa mai. Insomma si preparava come se doveva andare sulla Luna. Che se li ricordava gli americani sulla Luna, luglio 1969… era giovane allora…
E Teresina partiva con la busta grande, per la spesa grossa. Che pure questo era un guaio: dovevi tenere la memoria buona, che se ti dimenticavi restavi a bocca asciutta.
A qualsiasi ora stava la fila e la piazzetta su cui si affacciavano i negozi pareva quasi come alla festa della Madonna, anche se c’era la distanza. La fila era lunga lunga e le gambe si facevano pesanti, però Teresina sentiva i fatti e il tempo passava.
A fare la spesa davanti a lei stavano certi giovani che sapevano tante cose importanti: e parlavano di quello dell’Inghilterra che aveva detto che la gente si doveva ammalare e morire per fare l’immunità di gregge. Questo fatto delle pecore lo aveva sentito pure lei, ma che c’entravano le pecore cu’ virùs? Poi, sempre lui, quello dell’Inghilterra si era ammalato e avevano chiuso tutta l’isola. Lo capisco pure io che sono ignorante – pensava Teresina – ma le era rimasto un dubbio: e le pecore? Poi dicevano di quello con la barba, quello che non voleva i barconi e che non era mai contento, che prima non voleva a Draghi e ora voleva a Draghi… E l’Europa? E lasciamo perdere l’Europa… Manco quel bel giovane del presidente lasciavano in pace, che quello era bravo perché le cose le diceva calmo calmo e cosa dovevi fare lo capivi bene bene.
Stavano pure a dire che ora, alla Cina, si vedeva il cielo e l’acqua era pulita e pure i pesci respiravano. Insomma l’inquinamento non ci stava più, ma non ci stavano manco più i soldi, come a Milano. Teresina si era imparata le polveri sottili, e forse erano meglio quelle du’ virùs, che almeno stavano solo a Milano. Invece u virùs camminando camminando era arrivato qua, vicino alla porta sua, e quanto fastidio che dava. Poi Teresina aveva teso le orecchie bene bene, parlavano dei focolai, pure alla televisione dicevano: i focolai. Si fece coraggio e chiese:
- Scusa giovano’ mi fai un favore, che vuol dire i focolai?
- Eh, la nonna – rispose il più vicino – vuol dire che la malattia cresce come un fuoco nei posti dove stanno i casi assai.
- I casi? Cioè, i cristiani che pigliano la malattia sono assai?
- E sì, la nonna. Come nelle RSA.
- Figgh bell, e ci so’ le RSA?
- L’ospizio.
- Oh! Madonna bella.
E Teresina tornò a casa con la tristezza nel cuore; mangiò poco, si sedette all’ombra nel giardino, prese i ferri e con il gatto ai suoi piedi riprese a sferruzzare.
La prima parte del racconto la trovate qui
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