
GOLA . RicetteColte
Il manju di Toru Kido
In 16 Dicembre 2020 da Fabio MuzzioPerché la gola è anche prigionia dei ricordi
Torno a The Man in the High Castle – in italiano: L’uomo nell’alto castello, la serie Tv basata sul romanzo distopico La Svastica del sole scritto nel 1962 da Philip K. Dick. Vi ho già parlato del cocktail Sidecar, del cocktail Dirty Martini e dei Kaese Späetzle.
Il susseguirsi delle stagioni aggiungono evoluzioni alle vicende che iniziano nel 1962 e mostrano una situazione geopolitica frutto di un esito differente della Seconda Guerra Mondiale, che è stata vinta dal Terzo Reich e dall’Impero del Sol Levante, forze che si sono spartite il mondo. Gli Stati Uniti sono divisi tra la costa Est nazista, quella Ovest in mano ai giapponesi e una zona centrale cuscinetto neutrale. Gli imperi con il tempo se da una parte non rinunciano a espandersi, dall’altra vivono dalle lotte intestine per i ruoli di comando e di guida. Inoltre non mancano mai le mire espansionistiche: ma più è grande il territorio con più risulta difficile controllarlo, sia per la forza che può acquisire la resistenza (a propria volta divisa e conflittuale in più anime) sia l’esigenza di maggiore autonomia che può rivendicare un continente oltreoceano come possono essere i vecchi Stati Uniti.
In verità seppur non manchi la centralità data dai film rivelatori di un’altra realtà prodotti dall’uomo dell’alto castello, che mettono in seria discussione l’ordine costituito e l’animo di alcuni dei protagonisti, gli episodi perdono un po’ quella carica iniziale seppur tengano desta l’attenzione e il desiderio di sapere come andrà a finire. A essere particolarmente in crisi appare più l’Impero giapponese fortemente tentato dal ritiro o da una revisione dell’occupazione nella parte Ovest e questo comporta non solo maggiori tentazioni di invasione da parte dei nazisti ma anche un maggiore senso di ribellione che ha giù lasciata nel tempo morte e dolore. E può capitare che l’aguzzino, l’Ispettore Kido, colto e raffinato investigatore a capo della polizia politica, la Kempeitai di San Francisco, possa finire rinchiuso in cella arredata come una normale stanza, la stessa nella quale finivano i prigionieri scomodi ai quali veniva somministrata una dose letale di gas. E qui culmina il grande dolore già intravisto per il figlio Toru tra ricordi veri e immaginati di un’infanzia che doveva portare a una vita diversa e meno dolorosa per entrambi. Tra i ricordi dell’infanzia spunta un dolce, il manju, che Toru mangiava davanti alla TV sognando di diventare un campione di baseball e non un militare. Dall’episodio raccontato, il nono della quarta stagione e penultimo in assoluto, uscito in contemporanea in tutto il mondo con il titolo originale di For Want of a Nail e Per un soffio nella versione italiana, ecco la ricetta di un dolce tipico giapponese: il manju.
Ingredienti per 10 manju:
- Azuki 300g
- Zucchero 150g
- Bicarbonato 1 cucchiaio
- sale
Manju
- farina di riso 160g
- acqua 100cc
- zucchero 3 cucchiai
- kansui 1 1/2 cucchiaino
Procedimento:
I manju sarebbero arrivati in Giappone dalla Cina e ne esistono diverse varianti con ripieni differenti tra loro, che vanno dal piccante, con carne e pesce, al dolce. Mi sono attenuto a quanto consumano i due Kido e quindi una versione più dolce.
Partiamo dall’Anko: sciacqua gli azuki e falli bollire in acqua abbondante a fuoco medio inizialmente per una decina di minuticon un cucchiaio di bicarbonato. Colali e ripeti l’operazione facendoli cuocere per altri 40 minuti eliminando la schiuma che può formarsi in superficie. Gli azuki dovrebbe venire man mano a galla, segno che sono pronti (nel caso prova a verificare schiacciandone uno con le dita. Eliminate l’acqua in eccesso, quella che copriva abbondantemente i nostri azuki e versate lo zucchero facendo sempre cuocere a fuoco medio o basso fino a quando l’acqua si sarà completamente asciugata e avrai ottenuto una pasta molto morbida: aggiusta di sale, mescola e versa in una ciotola dove il tutto raffredderà pronto per creare il ripieno.
Passiamo alla pasta: in una ciotola fai sciogliere il Kansui* (in alternativa puoi utilizzare il bicarbonato) e lo zucchero. Versa poi la farina utilizzando un setaccio per eliminare possibili residui e mescola bene fino a ottenere un composto morbido che devi lavorare e non impastare appoggiandolo su un asse o un piano sul quale avrai versato un po’ di farina per rendere più semplice il tuo lavoro. Suddividi in dieci parti il tuo impasto creando dei cerchi che non saranno troppo grandi, quindi evita di avere una pasta troppo sottile: in genere la misura è sui 3/5 centimetri. Prendi una pallina di Anko che abbiamo visto come preparare e ponilo al centro del cerchio: con delicatezza fai in modo che il ripiena stia al centro e venga racchiuso dalla tua pasta. L’abilità consiste nell’ottenere una forma tonda modellandola delicatamente con le mani. La cottura deve avvenire a vapore quindi dovresti utilizzare quelle tipiche giapponesi magari appoggiando ogni Manju su un quadretto di carta da forno evitando così che si attacchi al fondo. La cottura è di circa dieci minuti e il modo per gustarli al meglio, magari con un tè verde o quello preferito, è quando saranno freddi.
*Il Kansui è una soluzione alcalina con una proporzione di 9:1 di carbonato di sodio rispetto al carbonato di potassio (fonte Wikipedia)
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