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Sale
In 20 Luglio 2018 da Gianluca PapadiaUna delle tante citazioni che dobbiamo a Giovanni Verga, tratta da I Malavoglia, è: «Al giorno d’oggi per conoscere un uomo bisogna mangiare sette salme di sale». L’origine di quest’aforisma deriva da un antico proverbio camuni (un popolo che abitava la Val Canonica ai tempi dei romani): «Per conoscersi bene bisogna mangiare insieme un quintale di sale amaro».
Una salma corrisponde a circa trecento chili per cui sette salme equivarrebbero a due tonnellate, quindi la citazione del Verga è peggiorativa, ma il senso è lo stesso: per conoscere bene una persona ci devi mangiare insieme una quantità di sale talmente elevata che probabilmente non basterebbe una vita intera per completare l’opera.
Se il metro per valutare il grado di conoscenza tra due persone potrebbe essere il sale, bisognerebbe inventare un’App, da scaricare sullo smartphone, che tenga conto di tutte le cose che ho mangiato in compagnia dei miei amici. SaltApp – questo potrebbe essere il suo nome – dovrebbe rilevare quando due amici si trovano nello stesso posto e chiedere se i due stanno mangiando qualcosa insieme. SaltApp sarebbe in grado di rilevare se i due utenti sono all’interno di un locale dove si mangia ed essere collegata a un immenso database, dove sono memorizzate le percentuali di sale presenti in tutti i cibi del mondo. SaltApp potrebbe così facilmente indicarmi i profili dei miei amici con i quali ho mangiato più sale e quelli, invece, che non frequento da un po’. Una versione Med potrebbe addirittura servire a chi soffre d’ipertensione per tenere sotto controllo il consumo di sale.
Tornando alla versione base, SaltApp indicherebbe il grado di confidenza reale – espressa in grammi di sale – tra due persone con la possibilità di condividere i progressi del rapporto di amicizia su tutti gli atri social network.
«Hai visto? Claudia e Carlo hanno 725 grammi su SaltApp. La prossima volta che l’incontro mi porto una busta di patatine fritte da un chilo e gliela faccio mangiare tutta» sarebbe uno dei tanti commenti che questa nuova tendenza susciterebbe.
Si potrebbe creare una scala di valori che indica il rapporto di amicizia che c’è tra due persone:
- da 0 g a 1000 g di sale >>> non ti conosco;
- da 1000 g a 3000 g >>> ti saluto a stento;
- da 3000 g a 7000 g >>> ti do il mio numero;
- da 7000 g a 10000 g >>> mi confido con te;
- da 10 kg a 100 kg >>> amici;
- oltre i 100 kg >>> inseparabili.
Ovviamente dal calcolo sarebbero esclusi i parenti stretti che, di fatto, sono quelli con i quali – almeno in via teorica – dividiamo tutti i giorni la colazione, il pranzo e la cena.
Con SaltApp saprei sempre come approcciarmi a una persona, se con lei posso essere me stesso oppure mantenere le debite distanze. La cosa più importante, però, sarebbe quella di sapere se chi ho di fronte, può permettersi di dirmi «Ciao, Caro» quando mi vede e soprattutto «Ciao, Tesoro» alla fine del nostro incontro.
Tesoro a chi? Nemmeno mia moglie mi chiama così e tu, impiegata della mia banca che avrò visto al massimo dieci volte nella mia vita, ti permetti di finire il discorso con «Tesò, stai tranquillo, ti mando tutto via mail». Io non sono per niente tranquillo e ti sfascio la filiale come i Black Bloc al G8 se solo ti permetti di darmi ancora del Caro, del Bello e soprattutto del Tesoro.
Non ricordo da quando è iniziata questa moda, ma adesso sta veramente degenerando. C’è gente che in ascensore non ti saluta ma che poi incontri per strada e, solo perché sei in compagnia di qualcun altro, pronuncia l’odioso Ciao, Caro. «Caro un corno» gli vorrei rispondere, «Su SaltApp non siamo nemmeno amici e tu ti prendi tutta questa confidenza?».
In attesa che qualche genio inventi questa nuova App, oggi sono in banca a chiedere una proroga per il pagamento della rata del mutuo. Appena vedo la mia cordiale consulente, gioco d’anticipo.
«Carissima, come stai? » le dico salutandola affettuosamente con due baci rumorosi.
«Ciao, Caro» risponde lei leggermente sorpresa dal mio affetto e mi fa accomodare nel suo ufficio.
«Tesoro, posso offrirti un caffè?» le chiedo indicando il telefono.
«No grazie, amò, l’ho appena preso al bar».
«Senti, gioia mia, ti devo chiedere un favore».
«Dimmi tutto, tesò».
«Vita mia, questo mese purtroppo non sono riuscito a mettere da parte i soldi del mutuo» le dico e, per camuffare il mio imbarazzo, mi alzo e guardo fuori dalla finestra. «Sai, a luglio tutti i miei clienti sono un po’ restii a pagare: devono dare l’acconto per le vacanze; anticipare le ordinazioni perché i fornitori chiuderanno per le ferie. Succede così ogni anno ma poi a settembre tutto torna normale. Ecco, io avrei bisogno solo di un mese di tempo».
L’ufficio piomba in un silenzio surreale. Resto immobile davanti alla finestra a godermi il panorama. Le serve del tempo per assimilare la notizia. Mi sembra di sentire il suo cervello che elabora la strategia migliore. Serve proprio a questo una consulente: a trovare una soluzione ai tuoi problemi.
«Dottor Caso» mi dice l’impiegata rientrando nella stanza seguita da un uomo anziano spaventosamente alto. La sua voce mi fa sobbalzare dallo spavento. Era uscita dalla stanza e non me ne ero nemmeno accorto. «Per queste cose deve parlare con il direttore» aggiunge lei con un tono molto informale. Stringo la mano a quell’uomo privo di emozioni che mi ricorda il personaggio dell’indiano in Qualcuno volò sul nido del cuculo.
«La saluto, Dottor Caso» sono le ultime parole che pronuncia la mia consulente finanziaria prima di lasciarmi da solo con il suo superiore arrivato da Milano qualche mese fa.
Ripeto in mente la citazione del Verga: Al giorno d’oggi per conoscere un uomo bisogna mangiare sette salme di sale,ma forse la pronuncio ad alta voce perché il direttore mi guarda interdetto.
«Sale?» mi chiede, e senza attendere una risposta aggiunge: «Nel Medioevo il sale era usato al posto della moneta, oggi invece ci vogliono i danee» dice il milanese strofinando il pollice contro l’indice. «Caro mio, senza soldi non puoi avere una casa, non puoi avere una famiglia, e taac: non puoi avere amici. E poi il sale fa male», conclude il direttore indicandomi la pila di quotidiani sulla scrivania.
«Nuoce gravemente alla salute. L’ONU su richiesta dell’OMS vorrebbe aggiungere questa scritta sul Parmigiano Reggiano e sul Prosciutto di Parma» è la notizia che tutti i giornali hanno riportato in prima pagina. Prendo il primo giornale e leggo l’articolo con attenzione. «L’OMS vorrebbe mettere sullo stesso piano le sigarette e i prodotti che contengono il sale?» chiedo incredulo al direttore.
«Carissimo, questa è solo politica internazionale, pensiamo piuttosto al suo mutuo» risponde lui prontamente e il suo cinismo mi trasforma in una statua di sale come la moglie di Lot in fuga da Sodoma.
Gianluca Papadia è autore di molti racconti vincitori di premi letterari. Ha pubblicato il libro:
- La rabbia eaudita. 32 consigli per combattere l’ira – raccolta di racconti, Amazon, 2018
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