Le storie superbe . SUPERBIA
Un ricordo al caffè
In 19 Dicembre 2022 da Redazione Seven BlogUn racconto che ha partecipato a SevenStories – Caffè ristretto
di Alice Piras
Quel giorno il mondo era a colori: blu scuro, come il cielo minaccioso, incombente sulla folla isterica; argenteo, come l’aria frizzante al sapore di ghiaccio. E rosso, come il cuore impazzito di Edith, quando sentì quella voce così familiare.
«Un caffè ristretto, per favore», diceva con superbia.
E mentre il caffè arrivava immediatamente, con la facilità con cui ottengono tutto gli arroganti, gli occhi azzurro scuro di Isabel, annebbiati dal vapore caldo della bevanda, incontrarono quelli di Edith.
Fu allora che la poggia cominciò a cadere, prima lentamente, poi sempre più forte e violenta, sino a diventare scrosciante.
La gente iniziò a intrufolarsi nei locali circostanti per scampare al maltempo.
Edith e Isabel fecero lo stesso, si pigiarono in un localino frequentato da artisti e si ritrovarono al bancone, vicine dopo tanto tempo.
Isabel aveva i lunghi capelli scuri bagnati. La pelle diafana la faceva sembrare un fantasma. Teneva sempre il caffè in mano, che stranamente profumava ancora.
Quell’odore forte, di sonno interrotto, riportò Edith indietro di tanti anni, a quando si conobbero.
Isabel beveva caffè ristretti come le persone normali bevono l’acqua: a tutte le ore.
Si ritrovarono in classe insieme alle scuole superiori, anche se Isabel veniva da un mondo dorato che lei poteva solo sognare. I suoi genitori l’avevano iscritta alla scuola pubblica perché volevano che imparasse l’umiltà, distante da lei come un’eco.
Isabel sembrava incuriosita da Edith: la attirava il suo modo di fare da pescivendola, l’accento marcato, lo sguardo cattivo; probabilmente se la era fatta amica perché vicino a lei sarebbe risaltata come una pietra preziosa vicino al nulla. Così avrebbe saziato la sua fame, ingorda di costante ammirazione.
Tutte le mattine, Isabel, con in mano il suo caffè, aspettava Edith fuori da scuola, con aria impaziente perché era sempre in ritardo.
«Io non ho un bagno in ogni camera come te!», si difendeva aspramente.
Infatti, Edith abitava in un monolocale insieme ai genitori e a suo fratello più grande, che non lavorava. La povertà traspariva da tutto il suo essere, aveva una specie di aura spenta intorno, che la pervadeva tutta.
Loro due, così diverse, si erano abbinate insieme; condividevano solitudini stellate, pozzi di disperazione, maree di tristezza.
«Sei come questo caffè», disse Isabel a Edith un giorno, indicando la tazza.
«In che senso?».
«Sei ristretta all’apparenza, a vederti nessuno ti darebbe un soldo. Ma assaggiandoti ci si dimentica del resto, hai un gusto che dà alla testa e crea dipendenza!».
L’aveva detto a lei, ma pensava a se stessa.
Poi arrivò il giorno in cui Isabel mise piede in casa sua. Lei era stata parecchie volte nella sua casa bohémien in pieno centro, con bei quadri alle pareti, il pavimento in parquet e le tende sfarzose.
«Da me non c’è nulla di bello da vedere!», la avvisò, fuori dalla porta.
Ma si sbagliava. Perché Isabel, con la gonna a pois svolazzante e le gambe sempre nude anche d’inverno, rimase incantata da Mario, il fratello ventenne di Edith.
Lui la abbagliò, con i suoi riccioli scuri, lo sguardo penetrante, il sorriso pieno dai denti bianchissimi. Lei, regina che tutto otteneva, lo conquistò all’istante, facendolo impazzire per il suo accento francese, frutto di anni di collegio.
Iniziarono a vedersi di nascosto. Isabel lo chiamava Marius, come il famoso de I Miserabili; “e io sono la tua Cosette”, gli sussurrava all’orecchio, mentre si attorcigliavano insieme tra le lenzuola rovinate.
Li scoprì così Edith. Si sentì tradita in un modo assurdo. Urlò talmente tanto che per giorni le bruciò la gola. La loro amicizia finì in quell’istante.
A distanza di anni, quel ricordo ancora le faceva male. Si era presa suo fratello alla pari di una ladra, l’aveva ingurgitato come uno dei suoi tanti caffè, per poi sputarlo una volta stufa.
La cercò con lo sguardo, ma con un brivido si accorse che non era lei.
Al suo fianco una ragazza sconosciuta, pallida e bagnata fradicia, beveva il caffè.
Isabel non era mai stata lì.
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